Avvenire - Messaggero = K.O.
Due articoli a confronto
Testata:
Data: 26/06/2003
Pagina: 13
Autore: Graziano Motta - Eric Salerno
Titolo: Israele colpisce, giallo sulla tregua di Hamas - Accordo tra le fazioni palestinesi, è tregua
Per meglio comprendere il concetto di informazione corretta, riportiamo all'attenzione dei nostri lettori i due articoli sullo stesso argomento pubblicati su due testate diverse. Ecco come Avvenire informa e come il Messaggero disinforma.

Chiediamo ai lettori lo sforza di leggerli entrambi, anche se raccontano le stesse cose. Leggendoli uno dopo l'altro si vede come Salerno la mette a favore di una parte mentre Motta si dimostra, come sempre, equilibrato.

Da Avvenire, di Graziano Motta:
"Israele colpisce, giallo sulla tregua di Hamas"

È continuata l'altalena delle conferme e smentite all'accordo raggiunto tra le più importanti organizzazioni palestinesi della rivolta per una tregua provvisoria nella guerriglia contro Israele. Ma stavolta è venuto pure fuori uno spaccato di contrasti interpalestinesi e il tentativo di delegittimare il primo ministro palestinese Abu Mazen.
I contrasti sono venuti alla gran luce nel pomeriggio, con le notizie diffuse a Ramallah da fonti palestinesi vicine ad Arafat secondo cui a Damasco il capo dell'ufficio politico di Hamas Kaled Meshal, il capo della Jihad islamica Ramadan Abdallah Shallah e due deputati di al-Fatah (partito di Arafat) a nome di Marwan Barghouti, capo delle brigate dei martiri al-Aqsa in carcere in Israele, avevano definito un accordo in tre punti. I particolari sarebbero stati diffusi al Cairo sabato prossimo, durante la riunione dei capi di tutte le organizzazioni dell'Intifada. Non a caso sabato arriva nella regione Condoleeza Rice, la consigliera del presidente Bush per la sicurezza.
Le notizie sono state smentite con una tempestività eccezionale dai massimi esponenti di Hamas a Gaza, prima da Mahmud al Zahar quindi da Abdel Aziz Rantisi e infine da un portavoce della Jihad. «Una bugia, punto e basta», ha detto al Zahar ricordando come la sua e altre organizzazioni sono da tempo in trattative con Mazen per un accordo di tregua che dischiuda l'attuazione della Road Map, il piano di pace. Ed è allora parso chiaro che, divulgando i tre punti dell'accordo di Damasco, si è voluto condizionare quello tuttora in corso a Gaza. Se infatti il primo punto stabilisce che la hudna, la tregua, durerà tre mesi e interesserà sia il territorio dello stato ebraico che quello palestinese occupato, il secondo proclama l'opposizione alla Road Map (accettata invece da Mazen) e precisa che «non sarà ostacolato il processo politico senza tuttavia accettarlo». Alla luce di queste enunciazioni si comprende l'informazione diffusa dalla emittente radiofonica israeliana secondo cui l'accordo di Damasco è stato raggiunto all'insaputa di Abbas. Il terzo punto infine esplicita la richiesta di liberazione dei prigionieri palestinesi ma un'altra condizione per la tregua è «l'impegno israeliano a interrompere gli attacchi e gli assassini».
Uomini di Barghuti, legati ad Arafat, hanno trattato con esponenti di Hamas e della Jihad senza mandato del premier Abu Mazen. E si comprende pure perché il primo ministro israeliano Sharon ha ribadito ancora una volta che la tregua non lo soddisfa per nulla, ed esige lo sradicamente dei quadri e delle infrastrutture di Hamas, Jihad e altri gruppi «terroristici». A tal proposito il presidente Bush ha chiesto all'Ue un congelamento dei beni di Hamas, da essa non ancora inserita nella «lista nera» dei movimenti terroristici.
Giornata caldissima nella Striscia di Gaza dove elicotteri israeliani hanno compiuto una operazione mirata contro un esponente di Hamas, Mohamed Seyam, che a bordo di un'auto si spostava per Khan Yunis. Lui è rimasto gravemente ferito alla gamba dall'esplosione che ha ucciso il suo autista e una passante. Altri 15 civili sono rimasti feriti. A Kfar Kassem, la polizia ha arrestato due palestinesi delle brigate al-Aqsa che stavano per compiere un attentato nella vicina città di Petah Tiqva (area di tel Aviv). Presso Beit Hanun, uccisi due palestinesi che avevano deposto una carica esplosiva nella barriera di separazione con Israele, un soldato è stato ferito nel conflitto a fuoco.
Ecco come racconta i fatti Il Messaggero, "Accordo tra le fazioni palestinesi, è tregua" di Eric Salerno
Dopo mille giorni di intifada, duemila e passa palestinesi e ottocento israeliani morti, le economie palestinese e israeliana ridotte a pezzi, forse una boccata di ossigeno e una nuova speranza. Nonostante la smentita di qualche dirigente dei fondamentalisti, forse dovute a lotte intestine, Hamas, Jihad islamica e l'ala militante di Fatah, avrebbero deciso di deporre le armi. Non più attacchi contro i coloni o i soldati nei territori occupati, non più azioni terroristiche all'interno di Israele. Una tregua provvisoria, appena tre mesi e, ovviamente, condizionata dal comportamento di Israele che proprio ieri, pochi minuti prima dell'annuncio ufficioso del cessate il fuoco, ha sferrato l'ennesimo tentativo di "assassinio mirato" con tre missili sparati da un elicottero contro una vettura nel centro della striscia di Gaza. Il bersaglio designato, un militante di Hamas, è stato gravemente ferito mentre due passanti innocenti sono morti e altri sedici sono finiti in ospedale. «Ogni volta che ci avviciniamo alla tregua, Israele uccide altri nostri civili», si è lamentato il portavoce di Hamas, Rantissi.
La definizione di questo accordo tra i gruppi armati palestinesi è frutto della mediazione egiziana e delle pressioni americane e europee e sembra sottolineare un cambiamento radicale di strategia da parte di tutti i movimenti palestinesi, compresi quelli più radicali. Il documento - approvato secondo gli alti dirigenti vicini ad Arafat, ancora da approvare secondo alcuni esponenti di Hamas a Gaza - costituisce un accordo interno palestinese ma se Sharon rispetterà i suoi impegni dovrebbe portare al ritiro delle truppe dalla striscia di Gaza e da Betlemme come primo passo nella direzione del ridispiegamento delle truppe israeliane sulle posizioni che occupavano prima dell'Intifada nel 2000. Le condizioni della tregua sono state concordate e firmate a Damasco dal leader di Hamas Khaled Mashal e dal capo della Jihad islamica Ramadan Shalah in seguito a contatti che questi due hanno avuto con Marwan Barghouti, il leader dei Tanzim e delle Brigate martiri di Al-Aqsa, che si trova in un carcere israeliano. Barghouti venne rapito dagli israeliani e portato in Israele dove è sotto processo. Considerato prima dell'Intifada un moderato favorevole alla pace con Israele, ha avuto un ruolo importante nel raggiungimento della tregua e, secondo fonti palestinesi, il documento sarebbe stato sottoscritto in carcere dallo stesso Barghouti. Ieri sera mancava ancora una firma, quella di Yasser Arafat. Il presidente palestinese, ancora isolato nel suo quartiere generale di Ramallah, sta cercando di riconquistare un ruolo effettivo e, soprattutto, pubblico e l'annuncio ufficiale della tregua dovrebbe avvenire al Cairo oggi o domani.
I gruppi militanti avrebbero accettato, per tre mesi, la fine di ogni forma di lotta armata. In cambio, chiedono a Israele di porre fine agli assassinii mirati e alle incursioni nei territori palestinesi e di rilasciare i prigionieri, oltre diecimila ormai, nelle carceri e nei campi di detenzione anche non se viene fissata una data per la loro liberazione. La prima reazione della Casa bianca è stata di cauta soddisfazione. Bush, però, ha insistito sul totale disarmo delle milizie e dei terroristi. Simile, ma ancora più scettica, la posizione di un portavoce di Sharon. «Se non ci saranno attacchi contro di noi - ha detto - non ci sarà motivo per intervenire contro i palestinesi». Parole che non convincono i palestinesi per i quali le azioni militari ordinate da Sharon farebbero parte di un disegno preciso, ossia portare al fallimento della road map e dell'iniziativa del presidente Bush. Il portavoce di Arafat ha insistito su garanzie internazionali che Israele metterà fine alla politica degli "assassinii mirati" ed è possibile che l'annuncio della tregua dovrà attendere sabato quando arriverà nella regione Condoleezza Rice, consigliere per la sicurezza nazionale del presidente americano.
E dopo gli eventuali tre mesi di tregua? Tutto da vedere. L'altra sera un esponente di spicco di Hamas a Gaza ha parlato con i giornalisti. «Basta con la retorica. Non possiamo distruggere Israele. La soluzione pratica per noi è di avere uno Stato accanto a Israele». Un nuovo corso? O tattiche nuove?
Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione di Avvenire e del Messaggero. Cliccando sui link sottostanti si apriranno delle e-mail già pronte per essere compilate e spedite.

lettere@avvenire.it; prioritaria@ilmessaggero.it