Doppio Biden?
Analisi di Antonio Donno
Bernie Sanders, il leader dell’ala sinistra del Partito Democratico, composta dai cosiddetti liberal (un termine usato falsamente, se si tiene conto delle vere origini del termine liberalism nella storia americana), si è lamentato del voto contrario che gli Stati Uniti hanno espresso contro la “pausa umanitaria” messa ai voti nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Per la verità, se tale pausa fosse stata approvata, le conseguenze sarebbero state negative per i piani di Israele a Gaza. In primo luogo, non si può sapere quale sarebbe stata la durata della “pausa”; e comunque, tale interruzione avrebbe consentito ad Hamas di riposizionarsi all’interno di Gaza per fare fronte all’avanzata dell’esercito israeliano. In secondo luogo, l’accettazione della “pausa” da parte americana avrebbe messo in discussione l’intera politica che Washington sta elaborando per il Medio Oriente. Insomma, un voto favorevole degli Stati Uniti avrebbe tradito Israele, ma soprattutto avrebbe collocato Washington nello schieramento delle nazioni che hanno condannato la giusta reazione di Israele e fornito ai terroristi di Hamas un vantaggio politico, che l’Iran avrebbe senz’altro gradito. L’attribuzione di un ruolo molto importante a John Kirby – Coordinator for Strategic Communications at the National Security Council in the White House – ha un significato molto preciso: gli Stati Uniti di Biden intendono varare una politica di robusto impegno nel Medio Oriente e la guerra di Gaza rappresenta un passo iniziale di fondamentale importanza. Le ultime posizioni di Biden sui problemi dell’area mediorientale complessivamente intesa potrebbe rappresentare una svolta cruciale rispetto alla resa degli Stati Uniti di Obama a livello internazionale. Né Trump ne modificò sostanzialmente i presupposti. Oggi, però, la questione di Gaza non è un episodio circoscritto nel contesto del Medio Oriente, come molti pensano, perché alle spalle di Hamas v’è l’Iran. Perché l’Iran non ha dato il via libera ai terroristi di Hezbollah, attestati al confine del Libano con Israele, e a Fatah nella West Bank? Il sostegno americano alla reazione decisa di Israele ha creato problemi a Teheran. Per evitare che gli iraniani coinvolgessero le altre formazioni terroristiche in un attacco a Israele, gli Stati Uniti hanno schierato portaerei nel Mediterraneo Orientale e nel Golfo Persico, in quest’ultimo caso a poche miglia dai confini marittimi dell’Iran. Questa iniziativa è la chiara conseguenza di una nuova posizione politica che Washington ha assunto nei confronti di Teheran e che discende dalla cessazione di qualsiasi tentativo di negoziato da parte americana nei confronti degli ayatollah iraniani. Tuttavia, è recente una presa di posizione più rigida di Biden nei confronti di Israele. Ha affermato che Netanyahu dovrebbe essere chiaro nel decidere come e quando terminare l’offensiva dell’esercito israeliano a Gaza, perché a livello internazionale Israele è in una situazione difficile. Quest’ultima affermazione di Biden è alquanto strana, perché fin dall’inizio dell’invasione israeliana di Gaza l’opinione pubblica internazionale e il mondo politico generale hanno dimostrato un atteggiamento molto critico verso l’iniziativa militare di Gerusalemme; in sostanza, nulla di nuovo rispetto a qualche settimana fa, quando Washington giustificò e sostenne il diritto alla difesa di Israele. Il passo indietro di Biden, allora, si può comprendere soltanto in vista delle prossime elezioni presidenziali, perché è necessario ristabilire la compattezza del Partito Democratico. Le critiche che i cosiddetti liberals (o progressisti, come anche si autodefiniscono) rivolgono a Biden per il suo sostegno a Netanyahu possono rappresentare una difficoltà sul cammino di Biden verso una nuova presidenza degli Stati Uniti. Inoltre, l’invito di Biden a Netanyahu di dimostrare maggiore apertura nei confronti dell’ANP di Abu Mazen è un rischio che il premier israeliano non vuol correre. Biden sa bene che Abu Mazen e la sua ANP contano ormai poco o nulla e che i palestinesi della West Bank sono sostenuti politicamente e anche militarmente da Teheran. Tra l’altro, pensare di affidare ad Abu Mazen la gestione di Gaza, una volta eliminata Hamas, è una follia, perché Fatah è ormai nelle mani dell’Iran. Biden sa bene tutto questo e perciò l’invito rivolto a Netanyahu si rivela legato soprattutto all’esito delle prossime elezioni presidenziali e alla leadership coesa del Partito Democratico.