I Netanyahu Joshua Cohen
Traduzione di Claudia Durastanti
Codice euro 20“Il mio nome è Ruben Blum e sono uno storico. Anche se credo che presto sarò storico e basta. Con questo voglio dire che quando morirò diventerò storia io stesso, in un raro tipo di trasformazione che di solito capita solo agli accademici puri”.
Con questo avvio folgorante Joshua Cohen, una delle voci più interessanti e complesse della letteratura americana contemporanea, accoglie il lettore fra le pagine del suo ultimo romanzo “I Netanyahu” edito da Codice nella brillante versione di Claudia Durastanti che ha già tradotto i precedenti romanzi dello scrittore.
Vincitore del Premio Pulitzer 2022 come miglior opera di narrativa, il nuovo libro dello scrittore statunitense nasce dagli incontri di Cohen con Harold Bloom famoso critico letterario e professore a Yale, scomparso nel 2019, durante uno dei quali Bloom racconta al giovane romanziere di quando “gli venne chiesto di coordinare la visita al campus di un illustre sconosciuto, uno storico israeliano di nome Ben-Zion Netanyahu, che si presentò per un colloquio di lavoro e una lezione con la moglie e i tre figli al seguito e finì per fare un casino”.
Dopo la morte del critico, Cohen ha iniziato a scrivere il romanzo “ritrovandosi a inventare un certo numero di dettagli che lui aveva tralasciato e a romanzarne qualche altro”. Ruben Blum, il protagonista di questa commedia dissacrante, professore di storia economica americana, non vuole essere un ritratto di Harold Bloom – scrive l’autore nelle ultime pagine – ma è sicuramente ispirato alla sua figura.
Siamo nell’inverno del 1959, Ruben Blum, ebreo nato nel Bronx nel 1922 e figlio di immigrati ucraini, è docente in un college dello Stato di New York, la Corbin University, e gli viene richiesto dal rettore, forse con un pizzico di razzismo, di fare da guida a Ben-Zion Netanyahu, genitore dell’attuale primo ministro d’Israele, uno studioso di storia ebraica medievale che sta arrivando alla ricerca di un impiego nell’ateneo. Blum è l’unico ebreo del corpo docente e la scelta delle autorità universitarie non può che ricadere su di lui benchè la sua preparazione (si occupa di storia economica) non sia propriamente affine a quella dell’illustre ospite.
L’autore riesce a costruire in modo geniale l’incontro fra un ebreo americano assimilato la cui ebraicità – come quella della moglie Edith e della figlia Judy - non è troppo salda e uno storico israeliano formatosi nel mito del sionismo revisionista di Jabotinsky, mettendo in luce i rapporti fra Israele e l’ebraismo americano, riflettendo con ragionamenti arguti sulla filosofia che ha portato alla nascita di un moderno stato ebraico, oltre che sull’impatto del sionismo come movimento di rinascita nazionale.
Disorientato dai pareri discordanti che riceve sullo studioso israeliano sia da parte del rabbino Chaim Edelman che ne elogia la statura intellettuale e politica, sia da parte del professore Peretz Levavi docente alla Hebrew University di Gerusalemme che, per contro, esprime un deciso ostracismo nei confronti di Netanyahu sotto forma di una dotta lezione di storia, Blum si prepara all’incontro immergendosi nell’opera dello studioso israeliano senza però condividerla nei suoi aspetti più storiografici.
Alla fine Netanyahu arriva nella sonnolenta cittadina americana con la moglie e i tre figli, Yonathan, Benyamin e Iddo, al volante di una Ford semi distrutta, in una rigida giornata di neve che mette a dura prova l’esito dell’incontro fra la famiglia israeliana e quella americana, prima nella dimora dei Blum poi nel college per il colloquio con le autorità universitarie e la lezione tenuta dallo stesso Netanyahu. Sono pagine esilaranti che si leggono con vero piacere a conferma dell’indiscutibile vena comica e ironica che pervade la narrativa di Joshua Cohen.
L’incontro con Netanyhau è l’occasione per Blum per interrogarsi sulla propria identità ebraica, sul significato di essere ebreo nell’ America del XX secolo e su come districarsi nel confronto-scontro fra fede e laicità: temi da sempre al centro della narrativa dello scrittore statunitense che ritroviamo anche in autori come Safran Foer o Nathan Englander.
Apprezzato dalla critica internazionale per i suoi saggi pubblicati su riviste e quotidiani di alto profilo come “The New York Times”, “Haper’s Magazine”, The Jewish Daily Forward”, Cohen ha esordito nel mercato editoriale italiano grazie alla casa editrice Codice che ha pubblicato nel 2018 “Un’altra occupazione” e successivamente “Il libro dei numeri” (2019) e una raccolta di racconti “Quattro nuovi messaggi” (2021).
“I Netanyahu”, il cui sotto titolo recita “Dove si narra un episodio minore e in fin dei conti trascurabile della storia di una famiglia illustre”, è un’opera originale, difficile da catalogare perché racchiude i tratti della commedia irriverente, della lezione di storia, della conferenza accademica ma è anche una accesa polemica sul sionismo e una riflessione sui conflitti culturali e religiosi degli ebrei americani.
Un romanzo, per alcuni riuscito per altri addirittura geniale, che pretende però dal lettore attenzione e tempo oltre che curiosità, perché nei capitoli in cui la fiction si trasforma in saggio accademico con passaggi ricchi di riferimenti storici e citazioni in yiddish, alcuni risvolti della narrazione possono essere poco accessibili se non si possiede una buona preparazione nei temi trattati.
In ogni caso “I Netanyahu” è un romanzo da leggere, erudito e umanista, che lascia una traccia, insinua dubbi e spinge il lettore a interrogarsi sui limiti della discussione critica, della logica e della satira.
Con questo libro, dedicato al grande critico letterario Harold Bloom, Joshua Cohen ha voluto “recuperare un tipo di letteratura che appartiene a una o due generazioni fa e rendere omaggio alla letteratura stessa, come si usava fare una volta soprattutto in ambiente accademico e di critica letteraria”.
Giorgia Greco