Russia, Ucraina e la memoria della Shoah 01/10/2023
Analisi di Ben Cohen
Autore: Ben Cohen
Russia, Ucraina e la memoria della Shoah
Analisi di Ben Cohen 

(traduzione di Yehudit Weisz)

https://www.jns.org/russia-ukraine-and-holocaust-memory/

Il Papa, oggi la guerra in Ucraina e ieri la Shoah:

“Quando oh, si comincia tutti a discutere sulla storia degli ebrei, non hai più niente da perdere 
e questo mi riempie di angoscia” , cantano gli LCD Soundsystem in “Call the Police”, il loro disco di successo del 2017. Il testo si riferisce all'idea che l'ossessione per gli ebrei - cosa hanno fatto, cosa fanno e cosa sono apparentemente capaci di fare - è l'ultimo rifugio intellettuale del mascalzone. Quando la canzone fu pubblicata, il riferimento immediato per quella frase fu la crescente e amara polarizzazione in America, ma a mio avviso, è un'osservazione valida anche in altri contesti. Come il modo in cui la Shoah è stata vergognosamente manipolata e distorta nel contesto della brutale invasione dell’Ucraina da parte della Russia, ora al culmine del suo secondo anno.  È opportuna una breve panoramica degli eventi dell’ultima settimana, ampiamente riportati. Venerdì scorso, il Presidente ebreo dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, si è rivolto al parlamento canadese a Ottawa.  Tra il pubblico c’era il 98enne Yaroslav Hunka, che secondo quanto riferito, aveva combattuto per l'indipendenza dell'Ucraina durante la Seconda Guerra Mondiale: lui ha ricevuto  una calorosa standing ovation dopo essere stato presentato come “un eroe ucraino, un eroe canadese” dal Presidente della Camera dei Comuni Anthony Rota. Solo che poi si scoprì che Hunka non era affatto un eroe ma assai probabilmente un criminale di guerra, che aveva prestato servizio nella Prima Divisione Ucraina, altrimenti nota come 14a Divisione Granatieri Waffen delle SS naziste. Una volta rivelata la vera identità di Hunka, le ripercussioni furono immediate. Dopo aver inizialmente resistito alle richieste di dimissioni, Rota alla fine ha ceduto e lasciato il suo incarico, mentre il Primo Ministro canadese Justin Trudeau e il Ministro degli Esteri Mélanie Joly , imbarazzati, hanno porto le loro scuse. “È stata un’orrenda violazione della memoria di milioni di persone che morirono nella Shoah”, ha detto Trudeau, mentre Joly ha definito lo spettacolo “una vergogna per i canadesi”.

Tuttavia, come hanno sottolineato sia l’opposizione sia i gruppi di Ebrei Canadesi, il rimorso, per quanto genuino, non spiega come sia stata presa e attuata una decisione così orribile. Alla luce di ciò, l'affermazione di Trudeau secondo cui la colpa era essenzialmente di Rota (perché è stato l'ex Presidente a estendere l'invito a Hunka) sembra quasi codarda. Dopotutto, il Primo Ministro canadese dovrebbe essere consapevole che tra oltre 1 milione di persone di origine ucraina nel suo Paese, c'è un numero significativo di sostenitori dei crimini commessi durante la guerra dagli ucraini  contro ebrei, polacchi e combattenti della resistenza antinazista. Trudeau dovrebbe anche considerare che, poiché il Canada ha fornito rifugio a molti di questi criminali dopo la guerra, la comparsa di un nonagenario ucraino su una lista di ospiti VIP avrebbe dovuto avviare qualche adeguata verifica da parte del suo ufficio. Lo scandalo solleva anche domande più profonde su come la storia degli ebrei in quella parte del mondo, e in particolare la Shoah che si è abbattuta su di loro, dovrebbe essere presentata nel contesto degli attuali disordini della regione. L’Ucraina è uno degli esempi più cupi del massacro nazista degli ebrei, con quasi 1 milione di persone giustiziate da plotoni di esecuzione mobili –  alcuni lo chiamano l’“Olocausto dei proiettili” – e fino a 1,6 milioni sterminati complessivamente, spesso con l’assistenza attiva e la partecipazione di collaboratori ukraini.

Lo Yad Vashem, il Memoriale nazionale israeliano della Shoah, lo riassume così: “L'omicidio degli ebrei ucraini è stato per lo più compiuto dagli Einsatzgruppen (le unità mobili speciali che sparavano agli ebrei) e dall'SD (il servizio di intelligence nazista). Furono aiutati dagli ausiliari ucraini che radunarono gli ebrei, li custodirono e, in molti casi, parteciparono alla loro uccisione. Coloro che davano rifugio agli ebrei correvano un pericolo mortale a causa dei tedeschi e di alcuni dei loro vicini. Nonostante il pericolo, ci furono individui e talvolta interi villaggi che offrivano rifugio agli ebrei”.

Non ci sono scuse per minimizzare o ignorare questa storia, anche se è in nome di una causa apparentemente nobile, come sostenere l’attuale resistenza dell’Ucraina ai tentativi di Mosca di cancellarla dalla mappa geografica. Di fatto, ciò indebolisce la tesi di aiutare la resistenza, perché suggerisce che gli ucraini e i loro sostenitori vogliano nascondere gli aspetti meno gradevoli del passato del loro Paese, ed è quindi un regalo per la propaganda russa. 

Lo scandalo Hunka è stato, in questo senso, un vero regalo per i russi nel loro tentativo di persuadere un mondo scettico che l’Ucraina è governata da neonazisti. E senza dare tregua al regime di Vladimir Putin, è importante però comprendere la storia bellica dell’Ucraina in tutta la sua complessità e senza insabbiamenti. Sì, alcuni sosterranno che 80 anni dopo, il record di collaborazione con i nazisti rende l’Ucraina indegna di sostegno – logicamente e moralmente è un argomento pieno di buchi – ma sbianchettare quella storia difficilmente è la risposta da dare loro.

Ciò oscura ulteriormente il fatto che il regime russo strumentalizza e sfrutta costantemente l'Olocausto e lo fa fin dagli ultimi anni della dittatura di Stalin. Gli storici addomesticati del Partito Comunista hanno calpestato qualsiasi resoconto della Shoah che lo spiegasse per quello che era – una guerra di sterminio di massa contro gli ebrei – in favore di un resoconto rivisto che sostituisse la parola critica “ebrei” con “cittadini sovietici”. L’unica volta in cui furono pronti a riconoscere il carattere ebraico della Shoah fu quando lo usarono come bastone per colpire lo Stato di Israele, con la propaganda ufficiale sovietica che dipingeva i leader israeliani come nazisti che avevano imparato il mestiere dai loro stessi assassini. E lo stanno ancora facendo. La settimana scorsa, Maria Zakharova – portavoce del Ministero degli Esteri russo che una volta sosteneva che se si vuole capire come Donald Trump ha vinto le elezioni americane del 2016, “bisogna parlare con gli ebrei” – ha detto che avrebbe desiderato che “gli antenati dell’attuale élite israeliana sapessero che i loro discendenti diretti sponsorizzavano un regime che glorifica i loro assassini e l’ideologia della Shoah”.  E qual è stato il fattore scatenante di questa ira? Una batteria di missili antiaerei israeliani fornita alle forze ucraine? Una consegna di carri armati? No. Zakharova si è arrabbiata per il discorso che il Direttore Generale per l’energia atomica israeliana, Moshe Edri, aveva fatto all’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), in cui lui confermava che Israele aveva fornito all’Ucraina dispositivi per proteggere il suo impianto nucleare a Zaporizhia, scena di un pesante combattimento, da una potenziale catastrofe che si sarebbe potuta ripercuotersi ben oltre i confini dell’Ucraina. La lezione qui è chiara: come ebrei, dobbiamo contrastare apertamente e con fiducia il revisionismo ucraino senza dare aiuto agli attuali nemici russi di un’Ucraina indipendente e democratica. Sembra facile, ma non lo è. Troppi Paesi si sono mostrati disposti ad abbellire i loro precedenti dell’epoca della Shoah per portare avanti le loro agende oggi, spesso esprimendo il loro revisionismo in un linguaggio in sintonia con la sofferenza ebraica. Siamo stati avvisati.

Ben Cohen Writer - JNS.org
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate