Sempre in bilico le relazioni tra Stati Uniti e Israele 06/09/2023
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno
Sempre in bilico le relazioni tra Stati Uniti e Israele
Analisi di Antonio Donno

A destra: Joe Biden con Benjamin Netanyahu

Le relazioni tra Stati Uniti e Israele continuano a mantenersi in una fase di stallo. Diverse sono le ragioni di questa situazione. In primo luogo, l’avvicinarsi della data delle prossime elezioni presidenziali spinge Biden a non distaccarsi politicamente da quella parte del Partito Democratico che critica da tempo il ritorno di Netanyahu al potere e che sostiene l’opposizione sociale e politica che condanna la legge di riforma giudiziaria voluta dalla nuova maggioranza alla Knesset. Questa critica rappresenta la base del distacco attuale tra i due Paesi, ma vi sono ragioni che hanno anticipato questa situazione.

     Il governo Biden è tuttora impegnato, anche se in modo silenzioso, in trattative con l’Iran sul problema del nucleare. Il fallimento dei negoziati di Vienna, voluto progressivamente da Teheran, non ha scoraggiato Washington dal tentativo di rimettere in piedi una nuova fase di trattative con il regime iraniano. Per ottenere questo scopo, il governo Biden sa che occorre mantenere un certo distacco dall’attuale politica di Netanyahu; infatti, la recrudescenza del terrorismo palestinese, alimentata dall’Iran in vari punti cruciali dei confini israeliani, solo raramente viene condannata da Washington. In linea generale, al contrario, il governo americano tace di fronte all’accelerazione del fenomeno terroristico, spesso condannando soltanto la giusta risposta da parte di Israele.

Strengthening U.S.-Israel Relationship: 4 Ideas for the Biden  Administration and Israeli Government | U.S. Chamber of Commerce

     Washington si trattiene dal mettere sotto accusa il regime di Teheran per il massiccio sostegno politico e militare che assicura ai gruppi terroristici palestinesi capacità militari sempre più offensive. La mancanza di una chiara critica americana nei confronti della presenza iraniana in gangli vitali ai confini di Israele è legata alla prospettiva di Washington di non alterare i rapporti con Teheran allo scopo di rimettere in piedi la possibilità di ripresa di contatti tra le due parti sul tema del nucleare iraniano. Nello stesso tempo, però, ogni pretesto è buono da parte americana per mantenere freddi i rapporti con Gerusalemme. Tale freddezza ha preceduto la critica americana al disegno di legge di Netanyahu sulla questione della riforma giudiziaria. Se si compie un passo indietro, l’indebolimento dei rapporti israelo-americani deve essere riferito già al governo di coalizione Lapid-Bennett, che accelerò la risposta militare nei confronti del terrorismo palestinese sostenuto dall’Iran. Già in quella circostanza, il governo di Biden, sollecitato dalla parte del Partito Democratico anti-israeliana, criticò aspramente la risposta militare del governo Lapid-Bennett; con ogni evidenza, il progetto democratico di riaprire il dialogo con Teheran induceva Washington a forzare la mano nei confronti di Gerusalemme, condannando la risposta militare israeliana che produceva vittime civili tra i palestinesi, ma soprattutto il rifiuto di Gerusalemme di accettare la formula “due popoli, due Stati”.

     Dunque, l’aspra critica che gli Stati Uniti, e altri Paesi, hanno rivolto al disegno di legge di Netanyahu rappresenta un motivo di accentuazione di posizioni di presa di distanza da parte americana dalla politica di Gerusalemme, tendente a ribadire il rifiuto della formula “due popoli, due Stati”. Il paradosso della situazione attuale, in conclusione, è che Washington continua a coltivare un progetto negoziale con l’Iran sul nucleare, ma per ottenere questo scopo critica le posizioni israeliane radicate nel rifiuto del progetto “due popoli, due Stati”, fortemente voluto da Washington. La recente visita del Presidente israeliano Isaac Herzog a Washington sembra non abbia creato esiti positivi nei rapporti tra i due Paesi. Da sottolineare, comunque, che il governo Netanyahu ha inviato al Re del Marocco una lettera in cui riconosce la sovranità di Rabat sul territorio del Sahara Occidentale, nel quale comanda il Fronte Polisario, che nel 1976 ha dichiarato l’indipendenza della regione, senza alcun riconoscimento internazionale.

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