'Il testimone della sposa', di Savyon Liebrecht 10/08/2023
Recensione di Giorgia Greco
Autore: Giorgia Greco
Il testimone della sposa        Savyon Liebrecht
Traduzione dall’ebraico di Alessandra Shomroni
E/O                        euro 17


Il testimone della sposa - Savyon Liebrecht

“Il testimone della sposa”, l’ultimo libro di Savyon Liebrecht, definito dal quotidiano Haaretz “una novella piena di rivelazioni e sconvolgimenti” è la conferma del talento narrativo della scrittrice israeliana nata a Monaco in Germania nel 1948 e trasferitasi pochi anni dopo in Israele dove ha studiato filosofia e letteratura all’Università di Tel Aviv.

Vincitrice di premi prestigiosi (premio Alterman in Israele nel 1987 e premio Amelia Rosselli a Roma nel 2002), Liebrecht è una delle voci più rappresentative del panorama letterario d’Israele e la sua produzione racchiude raccolte di racconti, romanzi, testi per il teatro e la televisione. In Italia è apprezzata per il romanzo “Prove d’amore”, le raccolte di racconti “Mele dal deserto”, “Un buon posto per la notte”, “Le donne di mio padre”, “Perle alla luce del giorno” e la pièce teatrale “La banalità dell’amore” che affrontano, attraverso le vicende dei protagonisti, i temi profondi della sua scrittura: la Shoah, la Memoria come rielaborazione del passato e dell’oblio, con uno sguardo attento alla complessa realtà politica israeliana.
Interprete impareggiabile dei segreti dell’animo umano e in particolare dell’universo femminile, Savyon Liebrecht ci regala una nuova storia che si muove fra passato e presente raccontando, a distanza di oltre vent’anni, le vicende che hanno coinvolto il piccolo Micha e la giovane Adela.

Adela e Adel, le due parti di cui si compone il romanzo, raccontano in modo magistrale l’evoluzione di una giovane che dalla condizione di orfana, soggetta alle angherie della famiglia del marito si trasforma, grazie a una forte determinazione e alla volontà di riscatto, in una donna di successo.
Micha, voce narrante, è un ghost writer cresciuto in Israele che vive ormai da decenni a Los Angeles ma era un bambino quando incontra per la prima volta Adela durante una riunione per lo shabbat con zii, cugini, fratelli appartenenti a una tradizionale famiglia di ebrei persiani. “Era seduta nella poltrona di velluto verde dell’ampio soggiorno di mio nonno, schiacciata contro lo schienale, come se volesse nascondersi agli sguardi indiscreti di uomini e donne (i miei zii e le mie zie) che le si avvicinavano per scrutarla in faccia, esaminarle il corpo”.

In una serata piovosa Adela di origini persiane è stata invitata perché la famiglia cerca una sposa per lo zio Moshe, un uomo avanti negli anni, disabile, e la giovane donna orfana, zoppa che indossa occhiali spessi potrebbe essere la moglie ideale. Tuttavia, al suo arrivo, fradicia e intirizzita dal freddo, viene abbandonata in una poltrona sotto lo sguardo sprezzante degli zii di Micha che non la ritengono degna di entrare nella loro famiglia. Solo Micha di nove anni le si avvicina offrendole con un sorriso delle mandorle caramellate. Inizia così un rapporto di amicizia e affetto che però si scontra con l’ostracismo della famiglia: la cattiveria della zia Vicka, la diffidenza della zia Lilly, l’indifferenza di Esther per non parlare dell’atteggiamento ostile dello zio Yossef, titolare di un negozio di abbigliamento, dello zio Menashe, proprietario di una panetteria e dello zio Mordechai che vive a Gerusalemme.
Solo zio Moshe, succube dei fratelli, esprime timidamente la sua gioia quando Adela viene cercata nuovamente dalla famiglia che nei mesi seguenti non è riuscita a trovare una pretendente per il fratello disabile.
Ora Adela detta le sue condizioni e fra queste che Micha sia il testimone di nozze della sposa. Già nel corso della cerimonia Adela subisce l’ennesima cattiveria dalla cognata Vicka, la sorella maggiore di Moshe, che le strappa con un gesto di rabbia gli occhiali rendendola quasi cieca. Negli anni successivi Adela subirà ogni genere di sopruso da parte dei cognati, dall’imposizione di lavorare nei negozi di famiglia per un misero salario alla cura dello suocero anziano e del marito disabile, dall’impossibilità di disporre di denaro proprio alla negazione di ogni libertà.
Adela però non si dà per vinta e con determinazione, costanza e forza di persuasione nei confronti del marito, incapace di difenderla dalle ripetute angherie dei fratelli, impone gradualmente le sue condizioni decisa a ottenere un riscatto e una giusta rivincita.

Micha, nel frattempo, a cui è stato sempre impedito di incontrare la giovane zia emigra in America con la famiglia dopo aver soggiornato per alcuni giorni in casa di Adela e Moshe dove l’insegnante di fisica lo aveva accompagnato, bruciante di febbre, al termine di una verifica. Di quei giorni trascorsi a combattere con la malattia e intontito per la maggior parte del tempo, Micha ha ricordi offuscati: “…tra quelle immagini aleggiava il viso di Adela, sfocato, sorridente e malinconico, sorpreso e offeso. Si allontanava e si rimpiccioliva fino a diventare un puntino e poi, di colpo, si ingrandiva riavvicinandosi al mio, e le sue labbra mi toccavano provocandomi una scossa elettrica”.

Molti anni dopo Micha, ormai ghost writer affermato negli Stati Uniti, sposato e padre di due gemelle, riceve un invito a tornare a Tel Aviv proprio da Adela che gli ha prenotato il volo e un hotel di lusso. Arrivato nel suo paese d’origine è disorientato, si sente sradicato (“I passanti parlano in un ebraico infiorettato di termini che non ho mai sentito e io mi sento pervaso da una strana sensazione di appartenenza e di estraneità”) e quei ricordi che aveva nascosto nella mente rivivono nel presente a distanza di vent’anni. “Sono stato sradicato troppo presto da Israele e catapultato troppo tardi a Los Angeles per sentirmi a casa nel mondo”.
Perché Adela ha invitato il nipote dopo tanti anni? Vuole raccontargli la storia della sua vita? Per Micha, arrivato nel prestigioso Hotel Dan, le sorprese non sono finite: Adela da giovane ragazza insicura si è trasformata in Adel, una cinquantenne di successo, equilibrata, sicura di sé che gestisce un lussuoso negozio di abbigliamento con abiti realizzati da lei stessa.

Nella seconda parte del libro Adel racconta le tappe della sua rivincita, i momenti di sconforto ma anche la volontà di riscatto e i risultati ottenuti con la sua tenacia e determinazione nel voler raggiungere gli obiettivi che si era prefissata. Mentre Adel ripercorre la sua vita, Micha cerca di far riaffiorare nella memoria gli odori dell’infanzia: il profumo delle zie, l’aroma caldo e zuccherino dei dolci, il sentore di polvere in casa del nonno e inevitabilmente avverte il peso degli anni.
Eppure nel racconto della zia aleggia un mistero che lievita pagina dopo pagina predisponendo il lettore a un colpo di scena finale dai risvolti sorprendenti, anche se qualche indizio si può cogliere qua e là fra le righe.

Con questo libro che è stato adattato per il teatro e a breve sarà portato in scena dal prestigioso Beit Lessin Theatre di Tel Aviv, l’autrice costruisce una storia emozionante che ha al centro una famiglia di rigida osservanza religiosa dalle dinamiche complesse e mette in scena due figure indimenticabili che si interrogano sui rapporti frantumati, sugli errori commessi e sul desiderio di trovare la strada per un futuro migliore.

“Il testimone della sposa” è un piccolo gioiello letterario che del racconto ha l’immediatezza e la freschezza dello stile e del romanzo la tensione narrativa di tempi allungati, l’accuratezza nelle descrizioni di luoghi e situazioni, oltre che l’approfondimento della psicologia dei personaggi.


Giorgia Greco