Israele nel Sahel 04/08/2023
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno
Israele nel Sahel
Analisi di Antonio Donno

La geopolitica dell'instabilità nel Sahel | Rivista Africa

La storia delle relazioni di Israele con i paesi africani ha avuto varie fasi, a seconda del peso che i fattori ideologici hanno avuto, nel corso del tempo, sulle decisioni dei leader africani. La condanna di Israele dopo la guerra del 1967 ha coinvolto buona parte degli Stati africani che, nel loro processo di decolonizzazione, hanno accusato Israele di operare una sorta di neocolonialismo  (il “colonialismo sionista”) nei confronti dei territori palestinesi o presunti tali. Ciò ha comportato il sostegno politico e ideologico di quei paesi verso gli Stati arabi che erano impegnati in guerre di distruzione dello Stato ebraico. La sconfitta bruciante subita dagli arabi nel 1967 non ha fatto altro che alterare i rapporti di buona parte degli Stati africani con Israele, che negli anni precedenti aveva sviluppato una politica di relazioni economiche e tecnologiche con i paesi dell’area del Sahel (Mauritania, Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria, Chad, Sudan). Il crollo di quei rapporti ha finito per riportare quei territori nella precedenza arretratezza, che negli anni più recenti ha favorito il radicamento di formazioni terroristiche jihadiste. La guerra del 1973, infine, ha determinato la rottura delle relazioni diplomatiche della maggior parte degli Stati africani con Israele.

     Solo nel 2017 Benjamin Netanyahu ha iniziato una positiva politica di riavvicinamento sul piano della sicurezza con alcuni paesi africani (Ciad, Sudan, Uganda), che è sfociata con l’ingresso di Marocco e Sudan negli Accordi di Abramo, anche se l’attuale guerra civile in quest’ultimo paese mette a rischio l’adesione agli accordi. A ciò si deve aggiungere la progressiva penetrazione dell’Iran negli Stati africani che s’affacciano sul Mar Rosso, fattore che tende ad accentuare il contrasto tra Gerusalemme e Teheran. I recenti incontri diplomatici tra Arabia Saudita e Iran, che domina quasi interamente la sponda orientale del Golfo Persico, produce un aggravamento del conflitto politico tra Israele e Iran e rende quasi impossibile l’ingresso di Riad negli Accordi di Abramo, che Israele ha sperato potesse verificarsi per dare un decisivo contributo alla costruzione di un blocco di Stati arabi in seno agli accordi. Di più: ben 44 paesi dell’Unione Africana ormai riconoscono Israele, sviluppando con Gerusalemme proficui rapporti su vari aspetti politico-economici.

     Tuttavia, ciò che sta avvenendo negli Stati del Sahel mette in pericolo la presenza di Israele in quella regione e, in particolare, nel Ciad, in Tanzania, nel Ghana e nel Senegal, paesi ai quali fornisce le proprie informazioni in tema di sicurezza e di intelligence. Inoltre, sempre in questi paesi il Mashav (acronimo ebraico di Agency for International Development Cooperation, in seno al Ministero degli Esteri di Israele) è impegnato in un programma di formazione del personale africano nel settore agricolo e delle infrastrutture.

      La Russia di Putin, con i suoi scherani della Wagner, si è infiltrata in vari settori fondamentali delle economie dei paesi del Sahel, fornendo loro armi e cereali in cambio della collocazione di imprese minerarie e metallurgiche russe. Non è escluso che l’evoluzione di tale programma comporti una atteggiamento di Mosca teso a frenare l’attività dei gruppi terroristici jihadisti attraverso sostanziali esborsi economici. Questo è nell’interesse dei paesi aderenti al Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), anche se gli interessi esclusivi di Mosca sembrano prevalere su quelli degli altri partecipanti ai programmi Brics.

     In questo contesto sempre più ingarbugliato, in cui le tendenze ai colpi di stato sembrano moltiplicarsi, Israele è in una posizione difficile. Tutti gli sforzi compiuti negli anni precedenti sembrano sfumare di fronte a una situazione dove forze esterne al continente (Russia, Cina, Iran) tendono a acquisire posizioni di potere economico-politico progressivamente più marcate. Inoltre, l’Unione Africana sta valutando la presenza di Israele nel suo seno. Così, se da una parte gli Accordi di Abramo hanno creato un blocco di paesi mediorientali, tra cui Israele, in funzione anti-iraniana, dall’altra l’Unione Africana prende le distanze da Gerusalemme e nel febbraio del 2022 ha sospeso lo Stato ebraico dal ruolo di membro osservatore.

     Dunque, la posizione di Israele nel continente africano non è stabile come negli anni passati: questo soprattutto a causa, come si è detto, della penetrazione di Russia, Cina e Iran in gangli economici vitali del Sahel e dei colpi di stato che si stanno succedendo nella regione. La destabilizzazione di quei paesi non risponde agli interessi delle potenze presenti nell’area; nel caso di Israele, i colpi di stato e la potente avanzata di Russia, Cina e Iran nella regione si coniugano nel rendere sempre più difficile la sua permanenza nella regione del Sahel.

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