Malafede americana e fanatismo arabo 01/08/2023
Analisi di Michelle Mazel
Autore: Zvi Mazel/Michelle Mazel
Malafede americana e fanatismo arabo
Analisi di Michelle Mazel 

(traduzione di Yehudit Weisz)

https://israelmagazine.co.il/mauvaise-foi-americaine-et-fanatisme-arabe-michele-mazel/

Remarks by Ambassador Robert Wood, Alternate U.S. Representative for  Special Political Affairs, at a UN Security Council Briefing on Central  Africa
Robert Wood


Attraverso uno dei suoi portavoce, il Dipartimento di Stato americano ancora una volta ha condannato Israele. I fatti sono questi. Inconfutabili. Giovedì mattina, 27 luglio, nono giorno del mese di Av secondo il calendario ebraico, il molto controverso Ministro della Pubblica Sicurezza Itamar Ben Gvir si è recato sul Monte del Tempio e si è raccolto sulla spianata del Tempio. Certo, non è arrivato a pregare in pubblico, ma non si può escludere la possibilità di una preghiera interiore. Conoscendo il personaggio, è anche probabile. Circostanza aggravante, era accompagnato da un rabbino. Per gli americani, questo è semplicemente inaccettabile.  L’ambasciatore americano Robert Wood si è fatto eco del malcontento del suo Paese in un discorso che ha pronunciato davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dichiarando in particolare “Questo luogo santo non deve essere utilizzato per fini politici.” E non dite loro che quella era una data solenne, non solo per gli israeliani, ma anche per tutti gli ebrei. È stato infatti in questo luogo e su questa spianata che duemila anni fa, le armate di Tito che avevano appena preso Gerusalemme, diedero fuoco al tempio costruito da Erode sul sito del Tempio di Salomone. La distruzione di questo tempio e poi della città, fu il preludio al lungo esilio del popolo ebraico, che non smise mai di sognare un ritorno che sembrava impossibile. Tuttavia, il miracolo è avvenuto. Solo che oggi il mondo musulmano sembra colpito dall'amnesia. Il Tempio non sarebbe mai esistito e non ci sarebbe alcun legame tra l'ebraismo, gli ebrei e quella che oggi viene chiamata la spianata delle moschee o la spianata di Al Aksa. È vero che i sostenitori dell'Islam, padroni dei luoghi per quasi quattordici secoli, ne avevano vietato l'accesso agli ebrei senza che il mondo si offendesse troppo. Oggi si allude a un curioso “status quo”, qualificato dal Dipartimento di Stato con un po’ di leggerezza “storico”, per continuare a negare agli ebrei l'accesso al più sacro dei loro luoghi santi. Anche l'Egitto e la Giordania, due Paesi che hanno firmato un trattato di pace con Israele, hanno condannato con forza la “provocazione” israeliana. Per la Giordania è una “violazione della sacralità del luogo”; per il portavoce dell'Autorità palestinese si tratta di un “attacco provocatorio ai sentimenti dei musulmani di tutto il mondo.” L'Arabia Saudita va anche oltre e manifesta la vera ragione della sua indignazione: secondo il Ministero degli Esteri saudita, la decisione del Ministro della Sicurezza nazionale è stata considerata come “offensiva per i sentimenti musulmani in tutto il mondo.” Abbiamo capito. Per il mondo musulmano non si tratta di difendere lo status quo. Il problema è un altro. Vedere un ebreo calpestare il suolo sacro di una spianata su cui solo i musulmani avrebbero dei diritti è uno spettacolo insopportabile per loro. Come ha detto così elegantemente Abu Mazen, come osano gli ebrei “contaminare con i loro piedi lerci” la Sacra Spianata?

Immagine correlata
Michelle Mazel