Perché di razza ebraica
Il 1938 e l’Università italiana
A cura di Tommaso Dell’Era e David Meghnagi
Volume 1
Il Mulino euro 45
Nell’ambito della collana del Centro interuniversitario per la storia delle università italiane diretta da Gian Paolo Brizzi e Marco Cavina è appena stata pubblicata dalla casa editrice Il Mulino un’opera pregevole in due volumi “Perché di razza ebraica. Il 1938 e l’Università italiana” per la curatela di Tommaso Dell’Era, ricercatore di Filosofia politica presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche della Comunicazione e del Turismo dell’Università degli Studi della Tuscia e di David Meghnagi, ideatore e direttore del Master internazionale di II livello in Didattica della Shoah dell’Università degli Studi di Roma Tre e autore, fra gli altri, di testi sui processi di trasmissione della memoria della Shoah.
Questa pubblicazione che trae la sua origine in una ricerca scientifica pluriennale e ha visto come tappa fondamentale lo svolgimento nel dicembre 2018 del convegno internazionale “Le leggi razziali del 1938 e l’università italiana”, affronta con rigore storico il tema delle conseguenze delle leggi razziali promulgate dal governo fascista di Mussolini con decreto regio del 5 settembre 1938 nelle università italiane.
Come ricordano i curatori nell’introduzione “L’applicazione della legislazione razzista e antisemita del 1938 nelle università italiane è un tema di ricerca affrontato in Italia con molto ritardo rispetto allo studio sul razzismo e l’antisemitismo di Stato e sulla persecuzione degli ebrei da parte del regime fascista: il primo contributo specifico sull’argomento risale solo al 1987. …Mancava tuttavia sino a oggi una ricerca complessiva in grado di fornire un quadro nazionale il più completo e dettagliato possibile, garantendo la possibilità di operare un bilancio generale, fondato su solide basi scientifiche, che coprisse le sedi meno o per nulla studiate e consolidasse gli studi già effettuati sulle altre sedi con nuove ricerche più approfondite”.
A questo compito prezioso sono dedicati i due volumi di quest’opera.
Sarebbe interessante procedere a una disamina approfondita dei contributi proposti nel primo volume, ma per ragioni di spazio non è possibile darne ampia contezza senza rischiare di omettere elementi essenziali. Pertanto, ci limitiamo ad alcune riflessioni richiamando i punti salienti per consentire anche al lettore privo di formazione accademica di orientarsi nell’analisi degli argomenti trattati.
E’ dalla fine degli anni Trenta, nel più ampio contesto del processo di fascistizzazione dell’università italiana già in atto, che si compie la svolta degli atenei verso l’arianizzazione sviluppandosi negli anni successivi del regime e della Seconda Guerra mondiale con conseguenze anche a lungo termine sull’intera istituzione.
Gli studiosi che con i loro lavori hanno contribuito al volume indagano tutti gli aspetti e le fasi della trasformazione delle università italiane in istituzioni razziste e antisemite. Con particolare riferimento al personale docente e assistente, a quello amministrativo e di altri ruoli legati all’università si analizza dapprima il censimento realizzato sulla base delle disposizioni di legge, delle circolari e dei provvedimenti per coloro identificati come appartenenti alla razza ebraica. Seguono le espulsioni, gli allontanamenti, la cessazione del rapporto di lavoro con le università nel remissivo silenzio e disinteresse dei colleghi e di conseguenza la sostituzione delle persone allontanate. Si indaga anche la sorte, dopo il 1938, e in particolare nel periodo 1943-1945, delle persone espulse dagli atenei: qualcuno ha preferito emigrare, altri sono rimasti in Italia sottoposti alle persecuzioni nel periodo dell’occupazione tedesca e della Repubblica sociale italiana.
Molti studenti hanno trovato sbarrata la strada per essere ammessi agli studi universitari o a proseguirli dopo la laurea, oltre al divieto di concorrere per borse di studio e premi mentre l’istituzione universitaria “arianizzata” dopo il 1938 vede l’introduzione delle materie e di contenuti razzisti nei corsi di studio e la trasformazione in senso razzista e antisemita di materie già esistenti. Senza contare la censura di libri di testo, opere e altri strumenti didattici pubblicati da persone considerate di “razza ebraica”.
L’opera analizza inoltre quanto accade nell’università dopo la liberazione dall’occupante tedesco, la caduta del fascismo e nei primi anni della Repubblica italiana, ripercorrendo sia il difficile e in molti casi mancato processo di reintegro e riammissione delle persone allontanate dagli atenei o colpite in vario modo dai provvedimenti razzisti, sia il processo di epurazione, dopo il fascismo, di coloro che durante il regime sono protagonisti dell’applicazione in ambito universitario della legislazione razzista e antisemita del 1938.
Ciascuno dei due volumi raccoglie i contributi su atenei ubicati nell’Italia settentrionale, centrale e meridionale fino a coprire tutte le realtà universitarie all’epoca esistenti e gli elementi che abbiamo citato sopra sono stati indagati per ciascuna sede sulla base delle fonti disponibili e accessibili. In particolare, il primo volume contiene gli studi sulle realtà universitarie di alcune fra le più importanti città italiane come Trieste, Padova, Venezia, Torino, Genova, Firenze, Pisa, Siena, Perugia, Cagliari, Palermo, Messina, Catania ecc.
In questo laboratorio capace di stimolare riflessioni inedite sul futuro della Memoria stessa, ho trovato di grande interesse fra gli altri – per motivi di studio e di conoscenza storica – il lavoro di Anna Maria Vinci su “Trieste: una università al confine orientale. Immagini di vitalità e storie di profonde fratture” e quello di Valeria Graffone che indaga la persecuzione antisemita all’Università di Torino e le leggi razziali al Politecnico. Francesca Cavarocchi si sofferma sull’applicazione e le conseguenze della legislazione antisemita nell’Ateneo di Firenze, mentre Michele Pajero affronta “L’impatto della campagna antisemita del 1938 nell’università italiana: il caso di Pisa”.
I contributi di Simone Duranti, Gabriele Rigano, Mariangela Rapetti, Giovanna D’Amico ci portano a conoscere la realtà delle università di Siena, Perugia, Cagliari e Sassari, Messina e con Ernesto De Cristofaro entriamo nell’università di Catania “in marcia verso la purezza razziale”.
“Perché di razza ebraica” è un titolo molto appropriato per quest’opera in quanto rappresenta la formula burocratica utilizzata nel 1938 dai rettori italiani per allontanare coloro che erano considerati ebrei secondo quella nefasta legislazione. “Nella sua immediatezza e concisione, questa formula esprime la netta cesura rappresentata dal razzismo e dall’antisemitismo dello Stato italiano e della sua università”.
I curatori, i docenti e gli studiosi che hanno partecipato a questo progetto ci consegnano una ricerca di notevole rilievo storico e valore civile, senza dubbio la più completa disponibile in Italia che ha, fra i tanti, il pregio di ricostruire un quadro completo e scientificamente valido delle terribili conseguenze generate dalle leggi razziali nel 1938, da consegnare alle generazioni future perché si possa creare una memoria condivisa.
Giorgia Greco