Il mito demografico in Terra d’Israele – parte 2
Analisi di David Elber
La Palestina mandataria
In questa seconda parte del lavoro sulla demografia, ci concentreremo solamente sulla parte di mandato compreso tra il fiume Giordano e il Mediterraneo e non sulla sua parte ad est, di fatto sganciata dagli inglesi nel 1922 dal mandato, e amministrata in modo separato come territorio di Transgiordania.
Il primo censimento operato dall’amministrazione civile britannica, nel 1921, mostrò un drastico calo della popolazione complessiva. Ciò fu dovuto agli eventi bellici: tra il 1917 e il 1918, il territorio si trovò in prima linea negli scontri tra inglesi e turchi. Questi duri combattimenti causarono la morte di moltissime persone sia a causa degli scontri armati, sia come conseguenza delle razzie turche. A questo si aggiunse la momentanea emigrazione di parte della popolazione sia tra gli arabi (che avevano case e famiglie in altri parti dell’Impero), che tra gli ebrei e i cristiani (non tutti ancora cittadini ottomani).
Il più indicativo censimento britannico, quello del 1931, riporta una popolazione totale del mandato di 969.268 abitanti. Quindi con un incremento demografico di oltre il 50% rispetto al 1914. Di questa popolazione complessiva il 14% (circa 135.000 persone) è definita “di recente immigrazione”, la cui cospicua maggioranza è descritta come ebraica, mentre quella musulmana e cristiana è percentualmente molto ridotta.
Gli inglesi utilizzavano alternativamente il termine “musulmano” o “arabo” senza fare altre distinzioni etniche. Ma sono diverse le cose che colpiscono dei dati forniti dagli inglesi. Da un lato si rileva l’accento posto sull’incremento della popolazione ebraica come frutto dell’immigrazione – è bene ricordare che era lo scopo primario dell’istituzione del Mandato per la Palestina – dall’altro si mette in rilievo come la popolazione “musulmana nativa” sia cresciuta in modo “incredibile”. In altri passi ufficiali si legge di “tassi di crescita demografica senza precedenti”. In altri ancora di “prodigio demografico”. Però, una più attenta lettura degli stessi report ufficiali fa emergere che “i musulmani presenti sul territorio” parlano ben “23 lingue diverse”. In altri per la prima volta si parla della popolazione “araba cristiana che parla 21 lingue diverse”. In altri documenti si parla di ben 51 diverse lingue parlate dalla “locale popolazione araba”. Pare evidente la contraddizione dei dati forniti dalle autorità britanniche: come si può pensare ad una “crescita senza precedenti della locale popolazione araba” e attestare che questa popolazione “indigena dalla presenza millenaria nello stesso luogo” parli ben 51 lingue diverse? Pare molto più probabile che sia, invece, il frutto di una massiccia e recente immigrazione.
Infatti, molti rapporti ufficiosi (e corrispondenze private) di funzionari inglesi parlano apertamente di un costante e massiccio afflusso di “immigrati illegali arabi” che attraversano le “porose” frontiere del Mandato. Soprattutto quelle con la Transgiordania e la Siria. Del caso siriano è utile riportare un esempio discusso durante la 27sima sessione del giugno 1935, da parte della Commissione permanente dei mandati a Ginevra, nella quale si parla del rapporto ufficiale del Governatore della regione di Hauran in Siria del 12 agosto 1934. In questo rapporto si stigmatizza, con allarmismo, l’emigrazione, in pochi mesi, di circa 35.000 persone verso la Palestina. E’ opportuno ricordare che nello stesso anno (1934) gli immigrati ebrei in Palestina furono 45.267 (la cifra più alta in un singolo anno assieme al 1935). Nonostante questi dati le autorità britanniche hanno sempre definito “insignificante” l’immigrazione araba contrariamente a quella ebraica – numericamente simile – ma definita dalle stesse autorità come “allarmante”.
Quindi, anche le cifre del primo censimento britannico (1931) che attestano una presenza “araba” o musulmana” di oltre 700.000 persone rispetto alle 550.000 ante Prima guerra mondiale, smentiscono il mito che l’immigrazione ebraica abbia causato l’allontanamento della popolazione araba dal territorio. Anzi, anche negli anni ’20 e ’30 è vero il contrario: l’immigrazione ebraica è stata un catalizzatore per la contestuale immigrazione araba. Anche in questi anni, infatti, gli insediamenti arabi crescono numerosi vicino a quelli ebraici e nelle grandi città come Gerusalemme, Haifa, Tel Aviv-Giaffa a popolazione mista.
Nel 1947, quando gli inglesi, decisero di rinunciare al mandato, la popolazione complessiva veniva indicata attorno a 1.940.000 abitanti, dei quali 1.310.000 arabi e 630.000 ebrei. Anche in questo caso con una crescita demografica che ha portato a raddoppiare la popolazione rispetto al 1931. E’ da notare come, ormai, da diversi anni si parlava esclusivamente di popolazione ebraica e araba senza nessuna distinzione delle sue diverse componenti (beduini, drusi, cristiani e arabi di nuova immigrazione). Infatti anche la commissione Angolo-Americana, del 1946, in un suo rapporto ufficiale dichiarò “che la crescita naturale della comunità araba nel Mandato per la Palestina è stata la cosa più incredibile nella storia sociale del Mandato”.
La dimostrazione che questi report siano privi di fondamento è dimostrato dal fatto che il tasso di natalità attribuito alla “locale popolazione araba” in quel determinato periodo storico, non ha uguali né in tutto il Medio Oriente né in Europa ma solo negli USA che era un paese a forte immigrazione.
In conclusione, si ribadisce che l’evidenza dei dati, dimostra in modo inequivocabile che nelle aree di forte presenza degli insediamenti ebraici (fascia costiera, valle di Esdraelon, Galilea, Gerusalemme) la popolazione araba (ad esclusone di beduini nomadi e cristiani) è cresciuta da 92.300 abitanti del 1893 a circa 463.000 del 1947 (la popolazione è quintuplicata). Mentre nelle aree (Giudea, Samaria e Gaza) con modesta presenza ebraica la popolazione araba è cresciuta da 233.500 abitanti del 1893 a 517.000 del 1947 (la popolazione è poco più che raddoppiata). Quindi non vi sono dubbi che la presenza ebraica abbia favorito l’immigrazione araba e non la sua emigrazione come si vuol far credere.
Un ultimo dato è importante fornirlo: nel 1947 nel territorio compreso tra il fiume Giordano e il mar Mediterranea, la popolazione complessiva (arabi + ebrei) ammontava a circa 1.600.000, oggi nella stessa area vivono circa 13.000.000 di persone (circa 7.000.000 sono gli ebrei e circa 6.000.000 gli arabi). Appare quindi evidente che in nessun momento storico la presenza ebraica ha penalizzato la popolazione araba, anzi l’ha costantemente favorita.