Il mito demografico in Terra d’Israele – parte 1 30/05/2023
Analisi di David Elber
Autore: David Elber
Il mito demografico in Terra d’Israele – parte 1
Analisi di David Elber

Uno dei miti più radicati che si sono creati relativamente al ritorno del popolo ebraico in terra di Israele, è che esso sia avvenuto a danno della “locale popolazione araba insediata in quella terra da tempo immemore”.
La breve analisi che segue vuol fornire al lettore gli elementi per comprendere che la realtà dei fatti è l’esatto opposto rispetto a quanto la propaganda ha cercato di fare credere.

Per prima cosa è necessario definire il territorio in questione. Impresa che appare più semplice oggi perché si fa riferimento a cartine che rappresentano Israele (anche se con confini talvolta controversi) o cartine che rappresentano il Mandato per la Palestina, che l’ha preceduto e che ne ha sancito i confini legali per il diritto internazionale. Ma questi confini, oggi noti, sono una creazione moderna (consolidatosi in modo quasi definitivo tra il 1920 e il 1927). Infatti, nei quattro secoli precedenti – quelli del dominio ottomano – come si può ben vedere comparando le cartine 1 e 2 relative al Mandato di Palestina e alla suddivisione amministrativa ottomana dell’area fino al 1917, l’area interessata alla nostra ricerca, era suddivisa amministrativamente in maniera del tutto diversa e con criteri e logiche assai differenti. Il termine stesso di Palestina, nei 4 secoli di dominio ottomano, non era in uso essendo un termine europeo e cristiano in modo particolare.


Al fine di procedere all’analisi dei dati demografici interessanti per la nostra ricerca, si utilizzeranno i parametri geografici e amministrativi forniti dai dati di censo ottomani e britannici del periodo mandatario, report consolari europei (redatte nel corso del 1800 quindi in periodo ottomano) e dispacci britannici e relazioni dibattute dalla Commissione Permanente dei Mandati.
L’area geografica presa in esame è quella della cartina 1 relativamente ai distretti amministrativi dei sangiaccati di Acri, Nablus e quello autonomo di Gerusalemme. Mentre per il periodo mandatario (cartina 2), si farà riferimento alla porzione occidentale del Mandato per la Palestina, quella che si colloca tra il Mediterraneo e il fiume Giordano, cioè quella istituita per creare lo Stato ebraico, tralasciando l’area del Mandato di Palestina ad est del fiume e denominata Transgiordania, lasciata dall’amministrazione britannica ad esclusiva pertinenza araba.
Definiti i parametri della ricerca, iniziamo ad analizzare le fonti e i dati demografici più salienti.

Le prime statistiche affidabili relative al territorio in questione sono quelle pubblicate in Inghilterra nel 1858 da Sir John Murray nelle sue famose guide. Dati ripresi dall’Enciclopedia Britannica nel 1860. A questi dati si aggiungono dati coevi redatti da missionari in loco e dai consoli (russo, francese e inglese) presenti a Gerusalemme. I dati ufficiali ottomani sono molto scarsi a causa, principalmente, della guerra combattuta tra l’Impero ottomano e l’Egitto di Muhmad Alì Pashà tra il 1830 e il 1840 che devastò completamente il territorio esaminato. Una nota interessante che si può fare su Muhmad Alì Pashà – futuro capostipite della famiglia reale che regnò in Egitto fino al 1952 (fino al colpo di Stato di Nasser che detronizzò re Faruk) – è il fatto che fosse albanese. Ma come si vedrà in seguito questa mobilità all’interno dell’Impero ottomano era tutt’altro che rara.
Tutte le statistiche dell’epoca sono concordi nell’indicare il numero di abitanti complessivi (tra tutti i gruppi etnici, linguistici e religiosi) presente sul territorio, attorno alle 250.000 e le 300.000 persone (cifra che si era mantenuta stabile per circa due secoli). Se raffrontiamo questo dato con il dato sulla popolazione oggi presente in Israele e i territori amministrati dall’Autorità Palestinese (stessa superficie complessiva), che è di circa 13.000.000 persone, si capisce fin da subito che l’intera area – ad esclusione di pochi centri urbani – era pressoché disabitata fino almeno al 1850.

IN PICTURES: Jerusalem in the 19th century
Gerusalemme agli albori del Novecento

Per quanto concerne la composizione della popolazione, i criteri più utilizzati per descrivere i singoli gruppi erano basati sulla fede religiosa o la lingua parlata. Per questo motivo non era semplice valutare la consistenza dei gruppi etnici presenti. Comunque una prima analisi dei dati emersi dall’incrocio delle varie fonti ci fornisce i seguenti dati sulla popolazione presente:
141.000 (musulmani stanziali di varie etnie: arabi, turchi, circassi, curdi e altri)
35.000/65.000 (beduini arabi nomadi)
35.000/55.000 (cristiani di lingua araba ma non arabi etnicamente)
34.000 (ebrei)
5.000 (drusi)
Le cifre sono state arrotondate dalle fonti per difetto alle mille unità.
E’ molto utile comparare queste cifre con quelle del censimento ottomano del 1893 e riprese in modo più analitico dal geografo francese Vital Cuinet nel 1895, il quale compie il primo studio strutturato sulla composizione della popolazione. Dalle sue ricerche si evince che la popolazione al 1893 era cresciuta già a 457.592 unità, quindi di oltre il 50% in 35 anni, cioè una crescita demografica che non ha uguali nelle aree limitrofe che, anzi, vedono una stasi demografica generalizzata o una crescita limitata.

La cosa che colpisce di più in questo aumento della popolazione è rappresentato dalla massiccia crescita di due “gruppi” in particolare: gli ebrei, che passano da 34.000 a 59.431 unità e i “musulmani stanziali” che passano da 141.000 a ben 252.000 unità. La cosa di estremo interesse, in questa impetuosa crescita di questi due “gruppi” è che il ricercatore francese la imputa all’immigrazione. Infatti, i luoghi d’origine per gli ebrei, il ricercatore, li identifica nell’Europa dell’Est e nello Yemen. Mentre per i “musulmani stanziali” fa riferimento a diverse aree dell’Impero ottomano. Così, questo gruppo viene suddiviso, dal ricercatore francese, in turchi, curdi, circassi, bosniaci, albanesi, turcomanni e arabi. Questi ultimi sono suddivisi in base alle aree di provenienza, che corrispondono agli odierni: Egitto, Libano, Arabia Saudita, Siria, Algeria, Iraq e Sudan.
I beduini (arabi nomadi) e drusi hanno una modestissima crescita rispetto alla generazione precedente. I cristiani hanno un importante aumento ma soprattutto per merito di immigrati religiosi: greci, armeni, russi e occidentali di varie confessioni.
Le cause che hanno portato a questo considerevole aumento della popolazione vanno ricercate in vari fattori: l’apertura di nuove scuole prevalentemente religiose (cristiane ed ebraiche), l’apertura di ospedali, prime e importanti bonifiche (fatte dai pionieri ebrei), la costruzione di una sempre più moderna infrastruttura viaria. Rete viaria, indispensabile, alle nuove e vivaci attività economiche che si sono sviluppate, principalmente, con la presenza di immigrati ebrei europei. Da cosa si deduce questo dato? Dal fatto che in coincidenza all’ampliamento o alla costruzione di nuovi insediamenti ebraici sparsi per il territorio, si è verificata una, e di poco successiva, crescita degli insediamenti di “musulmani stanziali” nelle zone adiacenti a quelli ebraici. In parole povere gli insediamenti ebraici attiravano nuova manodopera che non era soddisfatta con la sola immigrazione ebraica, la quale era di fatto molto limitata dai turchi. La stessa cosa si verificherà, ma con numeri ben maggiori, nel periodo mandatario.

I dati sulla popolazione totale alla vigilia della Prima guerra mondiale, parlano di una popolazione complessiva di circa 650.000 abitanti di cui 95.000 ebrei. Anche in questi anni di inizio secolo il grosso aumento della popolazione è rappresentato da ebrei e arabi immigrati. Modesti sono, invece, gli incrementi tra cristiani, beduini e drusi.
Nella seconda parte dell’articolo affronteremo la questione demografica nel periodo mandatario.

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