Vittime arabe e silenzio mediatico 24/05/2023
Analisi di Michelle Mazel
Autore: Zvi Mazel/Michelle Mazel
Vittime arabe e silenzio mediatico
Analisi di Michelle Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)

https://israelmagazine.co.il/victimes-arabes-et-silence-mediatique-michele-mazel/

INTRODUCTION TO THE STUDY OF MEDIA AND COMMUNICATION | Adamas University

È un convoglio molto modesto quello che ieri mattina ha lasciato la Galilea per prendere la strada verso Gerusalemme. Poche macchine che si muovono lentamente, ma troppo poche per intralciare veramente il traffico. Del resto, gli autisti israeliani hanno imparato ad avere molta pazienza per il moltiplicarsi delle manifestazioni da quando neanche cinque mesi fa, si è insediato il nuovo governo. Ma questa volta si tratta di qualcosa di totalmente diverso. La delegazione della comunità araba diretta verso la capitale non viene a protestare contro l'azione della coalizione, ma piuttosto contro la sua inazione. Una mancanza di azione che essa ritiene responsabile del numero preoccupante di cittadini arabi assassinati dall'inizio dell'anno: già più di 80! Uomini, donne, adolescenti e persino bambini piccoli. Quattro volte di più del numero di ebrei uccisi nello stesso periodo, pur essendo gli arabi solo il 20% della popolazione. E…. no, non c’entra l'esercito israeliano, e nemmeno la polizia. I mezzi utilizzati per le uccisioni sono stati i più svariati: autobombe, ordigni esplosivi, spari di armi automatiche, colpi di pistola a bruciapelo, arma bianca, persino le mani nude, ma tutte le vittime hanno trovato la morte per mano di altri cittadini arabi come loro.  E questo per motivi altrettanto diversi. Regolamento di conti tra bande rivali, eliminazione di concorrenti, nuovo episodio di vendetta la cui origine si perde nella notte dei tempi, rivalsa di un corteggiatore respinto, di un marito che la moglie vuole abbandonare, insomma i cosiddetti delitti d'onore: uno o più parenti si uniscono per eliminare colei, perché si tratta sempre di una donna, moglie, figlia o sorella,  la cui condotta, secondo loro, intacca la reputazione della famiglia. Ma allora, direte voi, perché venire dalla Galilea a manifestare davanti al parlamento israeliano? La risposta è semplice: per la comunità araba il governo israeliano, se non colpevole, è quantomeno complice. Un ragionamento difficile da seguire nonostante i discorsi infuocati dei leader arabi. Il fatto è, dicono, che questi abominevoli delitti il ​​più delle volte rimangono impuniti, non essendo la polizia in grado di trovare gli autori, mentre, quando si tratta di vittime ebree, la stessa polizia riesce a rintracciare la pista e ad arrestare gli assassini.         

Questi leader “dimenticano” che, lungi dal collaborare con la polizia, come nel caso delle vittime ebree, i vicini e i parenti degli sfortunati arabi uccisi affermano di non aver visto nulla, di non aver sentito nulla e soprattutto di non aver alcuna idea del movente per l'omicidio. Sanno che parlare significherebbe firmare la propria condanna a morte. Regna l’omertà. La polizia non è la benvenuta nei loro quartieri. Potrebbe essa fare di più? Non è impossibile. Ma per questo avrebbe bisogno del sostegno dei capi dei clan, dei funzionari eletti, dei leader della comunità. Loro lo sanno. Sanno che spetta a loro agire, educare, combattere contro queste usanze letali che sono le faide e i delitti d'onore. Ma preferiscono la via d'uscita facile: cercare di convincere gli altri ad assumersi una responsabilità che invece è la loro. Quanto ai media stranieri, si interessano alle vittime arabe solo quando provengono da “dei territori occupati” e quando la responsabilità può essere imputata “alle forze di occupazione.”

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