Vogliamo parlare del sesso degli angeli? Ma sì!
D'Alema nostalgico di Arafat
Testata:
Data: 05/05/2003
Pagina: 1
Autore: Barbara Mella
Titolo: Vogliamo parlare del sesso degli angeli? Ma sì!
Un signore di modesto peso politico ha incontrato qualche altro due di picche, ed è convinto di aver influito sui destini del mondo: così vanno a volte le cose, e non è il caso di stupirsene. Ciò che stupisce è invece il fatto che questo personaggio si metta poi a discettarere sul sesso degli angeli e sia convinto di parlare di politica internazionale. Vediamolo dunque all'opera: "«Tra israeliani e palestinesi esiste una reale occasione di pace che la comunità internazionale non deve lasciarsi sfuggire». Il presidente dei Ds Massimo D’Alema è appena tornato da un viaggio in Israele e nei Territori". Ecco la prima frattura tra il mondo reale e quello degli angeli: qualcuno ha detto che devono fare la pace, e questo per lui è già «una reale occasione di pace». E che cosa fa per farla diventare ancora più reale? Va ad incontrare Arafat: l'uomo che da oltre quarant'anni esercita e sostiene il terrorismo; l'uomo il cui unico scopo è la distruzione di Israele - scopo al quale ha ripetutamente sacrificato anche la nascita di uno stato di Palestina; l'uomo che sta lottando con tutte le sue forze per impedire ad Abu Mazen di attuare le riforme - ammesso che quest'ultimo abbia realmente l'intenzione di attuarle - che potrebbero portare alla pace; l'uomo che ha derubato il suo popolo di miliardi di dollari. Lo incontra perché "isolare e umiliare Arafat è un errore": l'unico modo per favorire la pace, evidentemente, è quello di onorare e riverire i terroristi! Spiega infatti: «La mia impressione è che Arafat sosterrà gli sforzi del nuovo governo palestinese, anche se rimane scettico sugli esiti finali perché pensa che gli israeliani ricerchino la soluzione militare»: ecco, la Weltanschauung del signor D'Alema comincia a delinearsi, dividendo con un taglio netto i buoni dai cattivi, coloro che sono disposti al negoziato da coloro che capiscono solo la logica delle armi. Ed ecco un altro brillante esempio della sua conoscenza dei fatti: «La nomina di Abu Mazen è il frutto della pressione internazionale ma è anche il risultato di una discussione interna tra i palestinesi»: in realtà Abu Mazen è stato nominato dal signore e padrone della Palestina e non dai palestinesi, ma questo non è poi così importante. E ancora: «Credo che dall’altra parte, dalla parte israeliana, ci sia stata una piena corresponsabilità, ma il punto vero oggi è che nella dirigenza palestinese si è deciso di cambiare». Ecco qual è il punto vero, in questa appassionante disputa sul sesso degli angeli: Arafat è buono e ha deciso di cambiare, mentre gli israeliani sono cattivi e non cambieranno mai! E va da sé che le colpe israeliane sono esattamente pari a quelle palestinesi, che tutto ciò che è accaduto da due anni e mezzo a questa parte, anzi, da un secolo a questa parte, è colpa in pari misura di entrambe le parti. E infatti: «una Europa unita potrebbe incoraggiare ulteriormente l’America a muoversi con determinazione, perché è chiaro che senza un’azione statunitense presso Israele nulla è possibile», e poiché il nostro è un saggio, «ho detto ai miei interlocutori palestinesi: voi dovete cominciare a muovervi contro i terroristi indipendentemente da quello che fanno gli israeliani. Ma è evidente che si deve puntare a giungere più lontano, e a far sì che anche Israele svolga la sua parte», ossia, chiaramente, impedire a Israele di continuare a boicottare la pace tanto tenacemente perseguita dai palestinesi, come ha sempre fatto da oltre mezzo secolo a questa parte. Perché «Il terrorismo palestinese ha fatto scendere una cortina di silenzio su quel che hanno fatto gli israeliani: cose che fanno impressione e che ora debbono essere corrette, altrimenti la pace non ci sarà. Mi riferisco per esempio alla strategia degli insediamenti, al muro in costruzione che rende crudelmente difficile la vita di molti palestinesi e alle rappresaglie che hanno prodotto tante vittime civili. E’ chiaro che se i palestinesi avranno l’impressione che il loro non sarà uno Stato ma piuttosto una riserva indiana, ogni incentivo al negoziato e alla rinuncia al terrorismo verrà meno»: non c'è che dire: il signor D'Alema ha capito tutto! Sì, è vero, quando quest'ultima ondata di terrore è esplosa, due anni e mezzo fa, nessuno pensava a costruire un muro, degli insediamenti era previsto lo smantellamento, non c'erano quelle operazioni di difesa che egli preferisce chiamare "rappresaglie", forse per farle sembrare più simili alle operazioni naziste, ed era in corso un negoziato che avrebbe portato alla nascita dello stato di Palestina; ed è anche curioso il fatto che la rinuncia al terrorismo, per lui, sembra essere non la condizione imprescindibile per intraprendere un negoziato, ma una specie di premio che forse ci verrà concesso se faremo i bravi; ma perché mai dovremmo perderci in queste quisquilie terrene, noi che ci occupiamo di temi tanto più elevati? E adesso, infatti, ci viene svelato anche il segreto per far funzionare tutto: «Abu Mazen mi ha detto di avere maggiori probabilità di successo a Gaza e minori nella West Bank anche perché lì gli israeliani hanno distrutto tutto, i comandi di polizia, le caserme, le carceri. Occorre ricostruire queste e altre infrastrutture, altrimenti reclamare a gran voce l’arresto dei terroristi diventa una barzelletta». Ecco: chiedere l'arresto dei terroristi dopo che gli israeliani hanno già fatto tre quarti del lavoro distruggendo una buona parte delle loro strutture, è una barzelletta. Abu Mazen lo dice e il buon D'Alema lo ripete, come un diligente pappagallino. E così l'illuminato illumina anche noi. Chissà, forse un giorno ci dirà anche di che sesso sono gli angeli.