Complimenti Guido Olimpio
Un'ottima analisi del terrorismo palestinese.
Testata:
Data: 01/05/2003
Pagina: 11
Autore: Guido Olimpio
Titolo: Gli irriducibili dell'intifada
Ancora un ottimo articolo di informazione di quell'autentico specialista del terrorismo che è Guido Olimpio, che quando vuole ci sa anche fare.

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME - I guerriglieri dell’intifada lo conoscono come il colonnello. Alì Reza Temiz, un ufficiale dei Guardiani della rivoluzione iraniana in Libano. E’ l’uomo che invia ordini e denaro ai gruppi estremisti palestinesi. C’è la sua regia dietro molti attentati. Potrebbe essere sua l’idea di usare degli arabi con passaporto europeo per compiere gli attacchi. Mercoledì notte, sul lungomare di Tel Aviv il kamikaze e il complice avevano in tasca un documento britannico. Una tecnica usata dagli Hezbollah. Nuova anche la miscela esplosiva, forse indizio dell’intervento di artificieri sconosciuti.
Inquieti per la politica moderata del premier palestinese Abu Mazen, gli oltranzisti cercano altre sponde. I militanti di fazioni concorrenti si mescolano, si aiutano, condividono i pochi mezzi a disposizione. Le cinture esplosive passano da una cellula all’altra, gli attacchi vengono rivendicati in comune. Quello dell’altra notte porta la firma delle Brigate Al Aqsa e dei fondamentalisti di Hamas. Li unisce la volontà di non ammainare la bandiera dell’intifada, il desiderio di opporsi a una svolta, il patto d’azione con regimi che hanno paura di un accordo. Elementi delle Brigate Al Aqsa incontrati qualche settimana fa non hanno nascosto i rapporti. «Siamo in contatto con i nostri uomini in Libano. Ci passano istruzioni e riescono anche a farci arrivare del denaro», ci ha raccontato un giovane. Non è una spacconata. La storia è confermata da fonti della sicurezza palestinese. Le ripetute incursioni israeliane e la progressiva decapitazione delle formazioni armate hanno favorito la contaminazione esterna. Gli iraniani si servono dei loro rappresentati, gli Hezbollah libanesi e i fedayn palestinesi che vivono da anni nei campi profughi nel Sud del Libano. Il colonnello Reza gestisce una rete di rapporti che ha come punto di riferimento Munir Makdah, ex membro del Fatah diventato capo di una milizia a Ein El Helweh, vicino a Sidone. Un personaggio che a metà degli anni ’80 visitava spesso l’Italia e che si è convertito, in cambio di finanziamenti, al khomeinismo. Sempre Makdah è stato coinvolto nell’invio di volontari in Iraq attraverso la Siria. Una conferma del suo approccio internazionalista. Più riservato l’altro pilastro, Imad Mugnyeh, responsabile dell’apparato clandestino del «partito di Dio». Gli americani seguono con attenzione le acrobazie eversive di Teheran. Infatti l’Iran figura di nuovo nel rapporto sul terrorismo mondiale diffuso ieri a Washington.
La rete di sostegno ai falchi dell’intifada funziona alla perfezione. I Guardiani della rivoluzione hanno referenti a Gaza, Hebron e Nablus. Guai però a considerare gli estremisti come dei semplici burattini degli ayatollah. Per Teheran sono uno strumento e il fine è quello tradizionale: bloccare sul nascere qualsiasi speranza di dialogo, sabotare la mediazione americana. Lo sceicco Hussein Fadlallah, guida carismatica dell’Hezbollah, lo ha dichiarato apertamente: «L’operazione suicida di Tel Aviv è l’inizio di una risposta e un contromessaggio per dire che il popolo palestinese si ribella» alle imposizioni statunitensi. L’interesse dell’Iran - e degli Hezbollah - combacia in questa fase con quello dei militanti. Hamas, Jihad e Al Aqsa hanno in realtà la loro agenda interna. Che un domani potrebbe spingerli su posizioni diverse. Il Fatah e gli attivisti Tanzim - va ricordato - hanno permesso l’applicazione delle prime intese di pace, schierandosi contro i religiosi. Oggi le circostanze li hanno spinti sulla stessa riva. Gli estremisti sono pronti a fermarsi - magari per una tregua - solo in cambio di una contropartita politica. Chiedono di poter contare nella futura Autorità palestinese, vogliono che Israele metta fine all’occupazione, inseguono sogni che l’intifada ha solo ampliato o reso più lontani. La designazione di Abu Mazen è stata interpretata come una manovra sulle loro teste. E per questo si ribellano con atti terroristici seguiti da rappresaglie israeliane che rendono impossibile la vita nelle cittadine palestinesi. Ma è quello che desiderano. La sofferenza si traduce in odio e l’odio arma i kamikaze.

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