Abu Abbas ringrazia l'Italia:
La politica del
Testata:
Data: 19/04/2003
Pagina: 1
Autore: Valter Vecellio
Titolo: Quella prova di forza con gli Usa a Sigonella
Ancora informazioni su Abu Abbas e il dirottamento della nave Achille Lauro riportiamo un articolo di Valter Vecellio pubblicato sul Giornale di Sicilia il 19 aprile 2003.
La notizia che le forze americane in Irak hanno catturato vicino Baghdad, Abu Mohammad Abbas, capo del Fronte per la liberazione della Palestina (Flp), è di quelle che meritano un brindisi. Abu Abbas è uno dei capi del terrorismo internazionale, tra l'altro la "mente" del sequestro della "Achille Lauro", nell'ottobre 1985. Un sequestro culminato con l'uccisione di Léon Klinghoffer; tre volte colpevole, agli occhi del commando terrorista che si era impadronito della nave: era un cittadino americano, era di religione ebraica; era un handicappato inchiodato sulla sedia a rotelle. I terroristi, in quell'occasione, giunsero alla stupefacente e odiosa improntitudine di negare d'averlo ucciso, e ipotizzare che forse era semplicemente caduto in mare. Le figlie di Klinghoffer finalmente avranno, dopo averla invano invocata per anni, giustizia.

Già: perché il responsabile principale di quel delitto e del sequestro della nave, Abu Abbas appunto, per tutto questo tempo è rimasto impunito, a ridersela del dolore delle sue vittime; e protetto da quell'aguzzino sanguinario che era Saddam, chissà quante altre "imprese" ha ordito e organizzato.

E dire che Abbas poteva essere bloccato e neutralizzato già diciassette anni fa. Per questi diciassette anni di impunità deve certo ringraziare Saddam; ma anche l'Italia. Una pagina tutt'altro che gloriosa per l'allora presidente del Consiglio Bettino Craxi, dove non si è data prova di "indipendenza", come pure ancora si dice; piuttosto ci si è prodotti in quella pratica dei piedi in due staffe che ha caratterizzato lunghi periodi della nostra politica negli anni Sessanta e Settanta.

Dopo la resa dei quattro terroristi palestinesi autori del sequestro, l'OLP di Yasser Arafat inviò Abu Abbas a "trattare". L'11 ottobre del 1985, un aereo egiziano diretto in Tunisia con a bordo i quattro dirottatori e Abbas fu costretto da aerei americani ad atterrare nella base NATO di Sigonella, vicino Catania. Sono le 0,16 il generale Stiner e una cinquantina di "teste di cuoio" del Seals Team Six si avvicinano all'aereo dell'Egypt Air, e scoprono che è già circondato da militari italiani: venti carabinieri e trenta avieri della Vigilanza Aeronautica Militare. Stiner dispone i suoi uomini attorno al cerchio formato dagli italiani, dice al colonnello Annichiarico, comandante della base di Sigonella che deve prendere in consegna i terroristi, ha ricevuto ordini in tal senso dalla Casa Bianca. Annichiarico ha invece avuto l'ordine di difendere l'aereo; discussioni concitate che vanno avanti a lungo, entrambi i militari assicurano che intendono far rispettare l'ordine ricevuto; fino a quando, alle quattro del mattino da Washington arriva l'ordine per Stiner di ritirarsi. Il presidente egiziano Mubarak non nasconde la sua irritazione per il fatto che un aereo del suo paese in missione diplomatica sia stato dirottato. E' evidente che l'Egitto ha trattato con i terroristi, e ora teme ritorsioni da parte dell'estremismo arabo. Tra palazzo Chigi e Il Cairo si raggiunge infine un compromesso: i quattro terroristi che compongono il commando che ha sequestrato l'"Achille Lauro" vengono consegnati alla magistratura italiana; i due dirigenti dell'OLP che li accompagnano, tra cui Abu Abbas, sono sotto la protezione egiziana: vengono condotti a Roma. Gli americani fanno di tutto per cercare di bloccarli; palazzo Chigi fa di tutto per trovare una scappatoia che consenta di non consegnare i due né agli Stati Uniti, né, tantomeno, ai magistrati italiani. Alla fine Abu Abbas viene imbarcato su un aereo di linea jugoslavo diretto a Belgrado. Ad Abu Abbas viene così garantita l'impunità. Il 19 novembre, la procura di Genova emise un ordine di cattura contro Abbas, con l'accusa di essere il mandante dell'azione terroristica, ma ormai era troppo tardi. Il 23 maggio 1987, la condanna di Abbas all'ergastolo da parte della Corte d'Assise di Genova, confermata in Cassazione il 10 maggio 1988.

Una brutta pagina della nostra storia recente, gabellata come manifestazione di indipendenza e resistenza a quelli che vennero definiti "i cervelli sciocchi" che avevano spinto l'allora presidente Ronald Reagan a cavalcare l'onda instabile dell'emotività popolare.

Balle. La verità è che avevamo per le mani un pericoloso terrorista, responsabile del sequestro di una nostra nave e dell'uccisione, su quella nave, di un cittadino americano. Potevamo consegnarlo agli Stati Uniti perché questo pericoloso terrorista venisse processato; potevamo processarlo noi italiani. Si è preferito farlo fuggire. Come molti anni prima si facevano fuggire i killer che il colonnello libico Gheddafi sguinzagliava a Roma e Milano perché uccidessero i dissidenti. Quando questi assassini venivano presi dalla polizia, li si scarcerava subito e li si rispediva a Tripoli.

La politica del piede su due staffe: lotta al terrorismo internazionale di facciata, compromessi con i terroristi nella sostanza perché "operassero" altrove. Abbiamo risparmiato al nostro paese qualche attentato, che invece è stato commesso in altre città europee. Ma non c'è nulla di cui essere orgogliosi per questo "manovrare", e non è così che si dimostra indipendenza e autonomia.

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