L’iniziativa di Biden per l’Asia Centrale è tardiva 03/03/2023
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno
L’iniziativa di Biden per l’Asia Centrale è tardiva
Analisi di Antonio Donno

Biden:
Joe Biden

La visita di Antony Blinken, Segretario di Stato americano, nei cinque Stati islamici dell’Asia Centrale, una volta parte integrante dell’Unione Sovietica, è un tentativo di riavvicinare quelle realtà alla politica americana o, forse è meglio dire, di riportare in qualche modo gli Stati Uniti a svolgere un ruolo attivo in un’area cruciale del sistema politico internazionale. Si tratta di un’operazione diplomatica di difficile esito, da quando gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Afghanistan in modo repentino, lasciando quel Paese in uno stato caotico e in mano ai talebani. Ciò ha indotto gli altri Stati centro-asiatici (Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan) a diffidare della politica americana verso quella immensa regione, strategicamente fondamentale per gli equilibri internazionali. I regimi di quei Paesi oggi vivono sotto la tutela di Russia e Cina e non osano modificare in alcun modo il loro atteggiamento verso i loro protettori.

     Diversa sarebbe stata la situazione nel Centro Asia se gli Stati Uniti avessero continuato a far sviluppare l’Afghanistan secondo gli standard di una democrazia e avessero, di conseguenza, sostenuto la popolazione a far proprie quelle libertà che hanno illuso per qualche tempo gli afghani, soprattutto le donne, che una nuova vita stava prendendo forma nella loro società. Ma il fallimento di Joe Biden, artefice dell’infelice ritirata – che non aveva nulla di strategico – è figlio della politica internazionale di Barak Obama, il presidente americano che per due decenni ha smontato i fondamenti delle relazioni internazionali degli Stati Uniti, che erano state la base del prestigio americano nel mondo. Le conseguenze si sono  riverberate sull’assetto politico complessivo della Asia Centrale. Cina e Russia controllano quell’immensa regione, con grande preoccupazione dell’India, nemica storica della Cina, che teme che l’espansione continentale di Pechino possa aggravare le difficili relazioni tra i due Paesi.

     Il viaggio di Blinken nell’Asia Centrale è tardivo, ma, come si è detto, questa situazione è il lascito della politica di Obama e di Trump. A sua volta, Biden ha completato la ritirata messa in atto dai suoi due predecessori. Per quale motivo i cinque Paesi dell’Asia Centrale dovrebbero rinunciare alla protezione di Russia e Cina? Che cosa offrono gli Stati Uniti? Il piano denominato Economic Resilience Initiative in Central Asia, dotato dell’assai modesta cifra di 25 milioni di dollari, potrà indurre quei Paesi a sganciarsi dall’ipoteca russo-cinese? E, se anche, per pura ipotesi, lo volessero, Cina e Russia lo impedirebbero in ogni modo. Lo scacchiere centro-asiatica è ormai fuori dalla portata americana.

     Il controllo dell’Asia centrale da parte della coalizione russo-cinese favorisce la politica dell’Iran. Teheran sa bene che i suoi progetti mediorientali possono avere una base più solida avendo alle spalle l’immensa regione centro-asiatica controllata da Russia e Cina. L’aiuto militare che oggi l’Iran fornisce alla Russia nella sua guerra d’invasione dell’Ucraina consolida un’alleanza che permette a Teheran di guardare positivamente al confronto decisivo con Israele, se si considera che, sulla base di informazioni provenienti da fonti indipendenti, l’Iran sta per raggiungere il completamento del suo programma nucleare di arricchimento dell’uranio. Il Medio Oriente, così come è stato parzialmente ridefinito dal punto di vista politico-strategico-economico dagli “Accordi di Abramo”, è sovrastato da un immenso blocco territoriale sotto il controllo di Mosca e Pechino. E l’assenza di Washington in questo ulteriore scacchiere complica gravemente le tardive iniziative di Biden.

     Per tutti questi motivi, l’assicurazione di Blinken che gli Stati Uniti sono pronti a difendere “la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale” dei Paesi dell’Asia Centrale, che si sono resi indipendenti dall’Unione Sovietica nel 1991, è un’affermazione di principio che ha scarse radici nella realtà di una regione che è sotto il solido controllo russo-cinese. È difficile pensare che gli Stati Uniti siano in grado di intervenire se la situazione dei Paesi dell’Asia Centrale dovesse aggravarsi per qualsiasi ragione. Troppo tardi.

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