Isaiah Berlin
Impressioni personali
«Si può guardare la vita da molte finestre, e nessuna è necessariamente limpida o opaca, più o meno deformante rispetto a una qualunque delle altre», scrive in queste pagine Isaiah Berlin. Quasi tutti, comunque, tendono a rimanere attaccati alla loro finestra. Berlin invece ha una suprema agilità e disponibilità nel passare dall’una all’altra, sempre con il gesto rispettoso – e intimamente interrogativo – dell’ospite di passaggio. La sua vita è uno fra i migliori esempi che possiamo ricordare di una vita plurale, capace di attraversare esperienze e mondi opposti e incompatibili rendendo giustizia a ciascuno, pronta ogni volta ad apprezzarne la peculiarità irriducibile.
Nelle sue pagine, personaggi oscurati dalla loro fama come Churchill e Roosevelt, o grandi studiosi ipocondriaci e incompresi come Lewis Namier o scrittori amati e poi obliati come Aldous Huxley appaiono con la naturalezza, la precisione nel dettaglio, il tono giusto che conosciamo dai ritratti dei grandi classici. E mondi così lontani come la Oxford degli Anni Trenta, con le sue dispute roventi, e anche comiche, fra i nuovi filosofi del linguaggio, e la Russia terribile degli anni 1945-1956, dove resistevano solitarie figure come Anna Achmatova o Boris Pasternak, ci si rivelano con stupenda vivezza. A volte si direbbe che qualcuno apra la porta di casa dinanzi a noi («Anna Andreevna Achmatova aveva un aspetto imponente, gesti pacati, una nobile testa, tratti bellissimi, un po’ severi, e un’espressione di infinita tristezza»). Berlin sa capire le persone che incontra senza mai ridurle a una sua preesistente misura. Non si mette mai in primo piano, lascia che queste «impressioni personali» ci vengano incontro con il fraseggio di quelle conversazioni deliziose che talvolta risuonano in sogno, finché non vi affiora «qualcosa che non era stato detto altrove», includendo in ciò l’involontario autoritratto di una mente duttile e sapiente come pochissime altre del nostro tempo.