Gli Stati Uniti indugiano sul problema israelo-palestinese
Analisi di Antonio Donno
Il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, a proposito della situazione in Medio Oriente, ha sollecitato “tutte le parti ad allentare la tensione” e ha messo in rilievo “l’importanza di lavorare per una soluzione a due Stati”. Ci risiamo. Parlare oggi di due Stati per due popoli significa restare ancorati a una soluzione che non ha più senso, se mai ne abbia avuto uno. È un refrain che dimostra come la diplomazia americana sia bloccata in una condizione di incapacità – o non volontà – di analizzare realisticamente i fatti odierni, che hanno la loro origine nella nascita dello Stato di Israele. Il terrorismo palestinese d’oggi rappresenta la continuazione, con altri metodi e soprattutto con altri alleati, della volontà del mondo arabo – fino ai preziosi Accordi di Abramo – che hanno radicalmente modificato il quadro mediorientale, di distruggere Israele. Oggi il terrorismo di Hamas a Gaza e della Jihad islamica, sostenuti dall’Iran, prospettano un quadro conflittuale nel quale è inutile, se non grottesco, parlare della necessità che tutte le parti allentino la tensione, come ha sostenuto Blinken. Può uno Stato di diritto come Israele addivenire ad un allentamento della tensione con gruppi terroristici votati alla lotta perpetua contro lo Stato ebraico? Assurdo. Irrilevante Abu Mazen sulla scena politica e militare, Israele può contare sulle sue forze per sconfiggere il terrorismo palestinese. Meglio così, piuttosto che mettere in piedi accordi con l’Autorità Palestinese, che è priva di qualsiasi intervento efficace sul piano militare.
Joe Biden
Benché Blinken, e Biden, abbiano espresso sostegno a Israele in questa difficile fase, la realtà è che gli Stati Uniti sono ancora lontani dal prendere posizione nello scenario mediorientale, dove l’Iran e i gruppi terroristici sostenuti economicamente e militarmente da Teheran costituiscono il fattore esclusivo della crisi israelo-palestinese. Falliti di fatto i negoziati di Vienna, per volontà dell’Iran, oggi alleato di Putin – al quale ha fornito droni per la sua battaglia contro l’Ucraina – il Paese sciita, per quanto percorso da una protesta popolare di grandi dimensioni, oggi vede nella Russia la possibilità di avere un sostegno politico nel suo programma di egemonizzare il Medio Oriente, mediante la distruzione di Israele. Tuttavia, occorre non tralasciare un dato di fatto: Russia e Iran vivono una profonda crisi economica, che rappresenta un ostacolo sia per Putin, sia per Khamenei nei loro progetti di conquista.
Se, dunque, il nemico mortale di Israele sono i gruppi terroristici finanziati da Teheran, continuare a sostenere la parola d’ordine “due popoli, due Stati” non ha alcun significato. I terroristi non puntano a costruire uno Stato palestinese accanto a quello di Israele, ma a distruggere Israele per dar vita a un unico Stato arabo-palestinese. Di conseguenza, sarebbe in grado Abu Mazen di rappresentare una valida controparte in un ipotetico negoziato con Israele, se i gruppi terroristici detengono, di fatto, il controllo politico e militare dei territori palestinesi? Ovviamente no, per la qual cosa, oggi, le due controparti sono uno Stato di diritto come Israele e i terroristi pagati da Teheran. Prospettiva assurda.
Ed è così assurda se si pensa alle ragioni per le quali l’esercito israeliano è intervenuto a Jenin il 26 gennaio scorso. Nell’intero 2023, sono stati uccisi 29 israeliani da parte di terroristi all’interno di Israele, terroristi che provenivano da Jenin. Jenin è il centro terroristico più importante, dal quale partono le azioni omicide nei confronti di cittadini israeliani. Una situazione insostenibile. Il recente intervento dell’esercito israeliano ha eliminato 9 terroristi, ma, al di là della cifra dei terroristi uccisi in questa circostanza, l’azione dell’esercito israeliano sta a dimostrare che Israele intende intervenire con la necessaria continuità nell’operazione anti-terroristica. Gli eventi successivi, con l’uccisione, per vendetta, da parte dei terroristi di alcuni civili israeliani, dimostra la necessità di interventi più incisivi nelle sedi dei terroristi palestinesi. “Allentare la tensione”, come afferma Blinken, è – lo ripeto – un’espressione irrealistica, ripetitiva, che dimostra, ancora una volta, che Washington è riluttante a prendere una posizione netta sul problema israelo-palestinese.