Diario israeliano
Timori in Israele per il dopo Saddam
Testata: La Stampa
Data: 09/04/2003
Pagina: 4
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: Il fardello della pace sta per piombare sulle spalle di Israele
Riportiamo un articolo di Fiamma Nirenstein pubblicato su La Stampa mercoledì 9 aprile 2003


MENTRE le truppe della coalizione occupano Baghdad, in queste ore Joschka Fischer visita Israele con un sorriso anche troppo simpatico, e sembra fischiettare una canzone su due note: Road map, Quartetto. Ovvero: ragazzi, ci siamo, la guerra è finita, gli americani sono poco più in là, noi europei siamo qua, e ora si parla di voi. E’ l’unica cosa su cui, oggi come oggi, il Quartetto è d’accordo: prendere per le spalle israeliani e i palestinesi e spingerli al tavolo di pace. Gli israliani si sentono come un ragazzo a cui si dice «è per il tuo bene»: temono che per dimostrare agli arabi che l’Occidente non ce l’ha con loro, si sponsorizzi un accordo disastroso, foriero di terrore. I palestinesi sono preoccupati: temono che gli Usa e i vecchi amici europei e russi vogliano un pegno di democrazia da parata e impossibili garanzie anti Hamas. Come al solito, gli interessi del mondo su questa zona sono messianici: Tony Blair con empito quasi sentimentale, ha detto che la soluzione del problema israelo palestinese non è meno importante della guerra in Iraq. La sua proposizione non è peregrina: la guerra in Iraq, suggerisce una verticale rottura fra due civiltà anche a chi proprio non vuole sentirne parlare, indica nel terrorismo come un problema centrale, una specie di seconda guerra mondiale, sceglie la strada della forza per risolverlo. Ed ecco che resta ancora una chance per dimostrare che il rapporto col mondo arabo è praticabile, che la pace è possibile proprio dove le ferite sono profonde. Bush e Blair non perdono occasione per ripeterlo, e solo su questo hanno una claque universale, quando l’unanimità sembrava dimenticata per sempre. Israele, anche quella più favorevole a grandi rinunce, ammicca timidamente, sembra sgomenta di fronte alla prospettiva di reggere questa responsabilità: sente che se il test della guerra era Saddam, e che adesso quello della pace consensuale con un intero universo è lui stesso. I palestinesi sono incaricati di dimostrare prima ancora dell’Iraq che il mondo arabo può diventare democratico e battere il terrore. Chi mai vorrebbe trovarsi sulle spalle simili responsabilità, mentre il mondo è percorso da scoppi, boati, e da un fiume di sangue?
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