Perchè Elie Wiesel crede in Colin Powell
Elie Wiesel, premio Nobel per la pace, spiega le ragioni che lo portano ad appoggiare le decisioni di Bush
Testata: Corriere della Sera
Data: 15/03/2003
Pagina: 3
Autore: ELIE WIESEL
Titolo: Perché io credo al soldato Colin Powell
Riportiamo un articolo di Elie Wiesel pubblicato sul Corriere della Sera sabato 15 marzo 2003.


In circostanze normali, avrei potuto unirmi a quei marciatori per la pace che, qui e all' estero, hanno inscenato manifestazioni pubbliche contro un attacco all' Iraq. Dopo tutto, della brutalità, della bruttura della guerra ho visto abbastanza da respingerla con tutta l' anima. Non è forse la guerra infinitamente crudele, la forma estrema della violenza? Genera inevitabilmente non soltanto la perdita dell' innocenza ma dolore e lutto senza fine. Come si può non respingerla? E tuttavia, stavolta sostengo la politica d' intervento del presidente Bush per estirpare il terrorismo internazionale che, secondo la maggior parte delle nazioni civilizzate, è la minaccia più grande che oggi dobbiamo affrontare. Bush ha situato la guerra irachena in tale contesto; Saddam Hussein è il leader spietato di uno Stato canaglia da disarmare con ogni mezzo necessario, se non ottempera pienamente con le ingiunzioni di disarmo delle Nazioni Unite. Se non lo facessimo, ci esporremmo a conseguenze terrificanti. In altre parole: benché io sia contrario alla guerra, sono a favore dell' intervento quando, come in questo caso per via delle ambiguità e dei rinvii di Saddam, non resta altra scelta. Il passato recente mostra che solo con l' intervento militare è stato fermato lo spargimento di sangue nei Balcani e distrutto il regime dei talebani in Afghanistan. Inoltre, se la comunità internazionale fosse intervenuta in Ruanda, più di 800 mila tra uomini, donne e bambini non sarebbero morti. Se le grandi potenze europee fossero intervenute contro le ambizioni aggressive di Adolf Hitler nel 1938, invece di pacificarlo a Monaco, all' umanità sarebbero stati risparmiati gli orrori inauditi della Seconda Guerra mondiale. Tutto questo si applica alla situazione attuale in Iraq? Sì. Saddam dev' essere fermato e disarmato. Anche i nostri alleati europei che adesso ci fanno opposizione in linea di principio concordano, sebbene insistano per aspettare. Ma il tempo gioca sempre a favore del dittatore. Avendo nascosto le sue armi biologiche, l' obiettivo di Saddam è quello di essere in grado di scegliere il momento e il luogo adatti per farne uso. Di sicuro è per questo che quattro anni fa cacciò gli ispettori dell' Onu. Se adesso sembra offrire sporadiche concessioni minori, è altrettanto certo che avvenga perché i soldati americani si stanno ammassando alle sue frontiere. In certi circoli politici, c' è chi chiede prove che Saddam sia ancora in possesso di armi proibite. Alcuni governi europei non credono all' affermazione del segretario di Stato, Colin Powell, che il raìs abbia tali armi, ma io sì, ed ecco perché. Powell è un grande soldato e uno a cui non piace la guerra. E' stato lui a imporsi al presidente Bush senior perché nel ' 91 non si entrasse a Bagdad. E' stato lui a consigliare al presidente attuale di non scavalcare il sistema dell' Onu. Se dice di avere le prove dell' inadempienza criminale di Saddam rispetto alle risoluzioni dell' Onu, gli credo. Sono convinto che un uomo della sua levatura non metterebbe in gioco il proprio nome, la carriera, il prestigio, il passato e la reputazione. Abbiamo saputo per molto tempo che il presidente iracheno è un assassino di massa. Alla fine degli Anni ' 80 ordinò che decine di migliaia di suoi connazionali fossero gasati a morte. Nel 1990, invase il Kuwait. Dopo la sconfitta, fece incendiare i pozzi petroliferi, provocando così il peggiore disastro ecologico della storia. Lanciò anche missili Scud contro Israele, che non stava prendendo parte a quella guerra. Avrebbe dovuto essere imputato allora per crimini contro l' umanità. Il serbo Slobodan Milosevic è stato arrestato e portato in giudizio per meno. Alle prove contro Saddam si aggiunge la sua intervista con il conduttore della Cbs Dan Rather. Ascoltandolo mentre dichiara che l' Iraq nel 1991 non è stato sconfitto, viene da farsi domande sul suo equilibrio mentale; sembra vivere in un mondo di fantasia e allucinazioni. L' angosciosa questione di cosa potrebbe fare un uomo del genere con il suo arsenale d' armamenti non convenzionali è il motivo per cui, più che mai, alcuni di noi sono convinti dell' intervento. Dobbiamo affrontare presto piuttosto che tardi questo folle il cui possesso di armi per la distruzione di massa minaccia di provocare una conflagrazione sempre più vasta. Ciò che ne consegue è questo: abbiamo un obbligo morale di intervenire là dove il male detiene il controllo. Oggi, quel luogo è l' Iraq.
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