Peacelink, sito pacifista?
osservazioni in riferimento al documento intitolato "due pesi due misure", firmato da Paolo Bernard, giornalista di Report Rai3
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Data: 17/03/2003
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Autore: Federico Steinhaus
Titolo: OSSERVAZIONI IN RIFERIMENTO AL DOCUMENTO INTITOLATO "DUE PESI E DUE MISURE"
Peacelink.it è un sito che si autodefinisce "telematica per la pace", e si propone come collegamento fra le associazioni che di pace vogliono occuparsi. Un sito "di servizio", che in quanto tale appare come una iniziativa lodevole.
Ma, come purtroppo la cronaca quotidiana continua a ricordarci, esiste un automatismo mentale per il quale in questi ambienti il concetto di pace si collega a due soli temi specifici, Iraq e Palestina, nell' ambito dei quali esistono solo due "cattivi", Stati Uniti ed Israele, e dunque, sempre a causa di questo automatismo, la parola pace assume il significato di avversione nei confronti degli Stati Uniti e di Israele.
Di nessun' altra guerra, di nessun altro "cattivo", di nessuna esigenza di pace in altre situazioni e regioni del mondo si parla, se non per dire frettolosamente e quasi con fastidio che, ma sì, ci sono anche altre guerre, ed altre crisi, e magari qualche stato che non è proprio il massimo della democrazia della libertà e della giustizia, ma insomma questo ci interessa poco o nulla. Sono fatti loro, che se la sbrighino da soli.
Peacelink non fa eccezione.
Nel dossier "Notizie dalla Palestina" troviamo 49 documenti su quanto è cattivo Israele, e su quanto sono maltrattati i palestinesi; zero documenti, invece, su attentati terroristici contro civili israeliani uccisi negli autobus, nelle pizzerie, nei centri commerciali, per strada.
In questo quadro si inserisce un documento intitolato "Due pesi e due misure - riconoscere il terrorismo dello stato d' Israele" del quale sarebbe quasi inutile occuparsi, se non fosse che è firmato da un certo Paolo Barnard, che si qualifica "giornalista di Report Rai3", con ciò stesso offrendo ai lettori la sua etichetta RAI come garanzia .


Questo documento si presenta da solo attraverso il titolo che l' autore ha scelto. La prima riga ribadisce il concetto: "Si tratta di una cronologia che dimostra come il Terrorismo (con la T maiuscola! Dove avrà studiato questo giornalista di Rai3?) sia stato da sempre uno strumento proprio sia dei sionisti che dello Stato di Israele e dunque non una prerogativa esclusivamente palestinese e/o islamica".
Seguono 10 pagine di accuse, che nella introduzione l' autore afferma basate su documenti inoppugnabili delle Nazioni Unite e di Amnesty International.
Prima di occuparci di alcune di queste accuse, è dunque necessario confutare fin da ora questa asserzione: nel lungo elenco delle fonti utilizzate figurano saggi e libri di autori (David McDowall, Robert Fisk, Ze'ev Schiff, Alexander Cockburn, Norman Finkelstein) che sono tutt' altro che incontrovertibili. Inoltre, ONU ed Amnesty non hanno dato prova, in passato, di essere al di sopra di ogni sospetto di parzialità (o faziosità) quando si tratta di Israele, e non costituiscono pertanto fonti di "verità storica", "assolutamente e storicamente al di sopra delle parti" come pretende invece esplicitamente l' autore.
L' autore, con atteggiamento vittimista, lamenta di essere stato "costretto a non includere in questo documento centinaia di atti di Terrorismo (nuovamente con la T maiuscola, mentre quando accenna al terrorismo palestinese ed islamico la t è minuscola...) israeliani riportati nella letteratura sul Medioriente", per non esporsi ad "accuse di partigianeria". Figuriamoci cosa avrebbe scritto se avesse espresso la sua "partigianeria"!

Una iniziale "sintesi storica" ha l' ambizione di chiarire la genesi della presenza ebraica in Palestina, ma (ovviamente) espone solamente i fatti che fanno comodo, e nel modo in cui si prestano a confermare la tesi precostituita. Perciò, ci sono "immigranti sionisti", ma si tace sulla costante presenza ebraica in Palestina nel corso dei due millenni di dispersione, come si tace sulla componente maggioritaria ebraica nella città di Gerusalemme. Ci sono gli accordi di spartizione dell' Impero Ottomano del 1916, ma non si fa cenno della componente araba che nel 1919 aveva salutato con speranza e gioia il "ritorno" degli ebrei nella "loro patria". Sotto il dilagare del nazismo in Europa "i rapporti fra arabi e sionisti si deteriorarono", ma non si fa cenno degli strettissimi legami fra una parte preponderante del mondo arabo, e palestinese in particolare, con il nazismo.
Il culmine della "verità storica assoluta" si raggiunge quando, di punto in bianco, "nel maggio 1948 gli Stati arabi mandano truppe in aiuto ai palestinesi. Ma già le truppe ebraiche avevano conquistato grandi fette di territorio designato dall' ONU come Arabo" eccetera eccetera. Se elencassimo le dichiarazioni dei rappresentati arabi messe a verbale nelle riunioni dell' ONU, in cui si preannunciava una guerra di sterminio senza precedenti se l' ONU avesse approvato la creazione di uno stato ebraico in Palestina,, riempiremmo molto spazio. Ma, appunto, esse sono rintracciabili in quella fonte "assolutamente e storicamente al di sopra delle parti" che l' autore usa come gli fa comodo.
"Ai palestinesi, alla fine della guerra, rimane Gaza e la Cisgiordania": no, Gaza era egiziana e la Cisgiordania era giordana, ed i palestinesi non esistevano come popolo riconosciuto dai loro fratelli arabi.
"Nel maggio 1967 il presidente egiziano Nasser stringe un patto di difesa con la Giordania. Ma Israele non aspetta, e nel Giugno 1967 attacca l' Egitto": bel modo di raccontare la Storia (siamo anche noi la maiuscola, tanto per adeguarci). La Guerra dei 6 giorni fu dunque scatenata da Israele contro Egitto e Giordania (e la Siria, l' Iraq, gli altri stati arabi che combatterono contro Israele?).
Arriviamo alla risoluzione 242, citata sempre da tutti ma solo nella parte che chiede il ritiro israeliano. Mai si fa cenno al fatto che questo ritiro (DA e non DAI territori occupati, si badi bene: il ritorno alle frontiere del 4 giugno non è mai stato chiesto) è ancorato a precise garanzie di rispetto dell' esistenza e della sicurezza di Israele da parte araba.
Sadat firma il trattato di pace con Israele nel 1979; ma l' autore tace sul fatto che la sua fonte "al di sopra delle parti", l' ONU, condannò con una apposita risoluzione questo trattato di pace separata, dichiarandolo illegittimo. Come tace sull' altra infamante risoluzione dell' ONU che stabilì l' equazione sionismo uguale razzismo.
Saltiamo qualche anno per arrivare alla famosa trattativa di Camp David del settembre del 2000, che si interruppe bruscamente quando Arafat sbattè la porta a Barak che gli offriva uno stato sovrano subito sul 97% del territorio e con la Gerusalemme araba come capitale. L' autore la liquida con un "l' incontro naufraga in un nulla di fatto".

Dopo questa esibizione di perfetta padronanza dei precedenti storici, l' autore passa ad enumerare il terrorismo sionista.
Gli episodi descritti sono quel che in altre circostanze e per altri popoli si è sempre definito lotta di liberazione nazionale: terrorismo mirato contro la potenza coloniale, che nei suoi documenti, utilizzati dall' autore, ovviamente esprime la propria disapprovazione. Lo stesso autore ci fa sapere che gli autori erano "gruppi fuorilegge" condannati dalla stessa Comunità ebraica palestinese. Nulla a che vedere, dunque, con il terrorismo di massa, propagandato, organizzato, finanziato da un potere politico centrale con caratteristiche statuali!
Seguono citazioni da documenti degli anni Venti della potenza mandataria, che non sono teneri nei confronti della componente sionista ed ebraica della Palestina, ed elencazioni di alcune atrocità commesse dall' Irgun e dalla Banda Stern, appunto i due "gruppi fuorilegge" che furono messi al bando non appena vi fu uno stato ebraico in grado di farlo.
"Quante atrocità furono commesse dai sionisti forse non si saprà mai" , "Il Terrorismo israeliano... si esprime in una miriade di atti criminosi" sono due commenti con cui l' autore vuole rafforzare il concetto, e che certamente sottolineano la sua obiettività e serenità di giudizio.
Dopo il 1973 Israele bombarda il sud del Libano "col pretesto di combattere il terrorismo palestinese": già un mero pretesto, perché il terrorismo palestinese in realtà non esisteva ed era invece Israele ad avere ambizioni espansioniste!
Ma questo è ancora poco: " Fra i crimini terroristici e di guerra dello Stato di Israele vi è anche la continua violazione di quasi tutte le fondamentali norme della legalità internazionale" !
Seguono altre citazioni, che spesso sono chiaramente viziate da una pregiudiziale di simpatia politica o sono estrapolate da un contesto che ne modificherebbe il significato.

In questo documento troviamo ad ogni passo, ad ogni parola, una innata avversione nei confronti di Israele che mescola verità e falsità, piega le citazioni al giudizio preconfezionato dell' autore, ignora qualsiasi fatto che possa spiegare o giustificare uno dei tanti "crimini" addebitati ai sionisti e ad Israele, e tace su qualsiasi fatto che possa, nella ricostruzione storica, mettere in una luce negativa la controparte araba e palestinese.
Non si tratta pertanto di un contributo positivo alla pace ed alla giustizia, né tanto meno alla verità, quanto piuttosto di una faziosa ricostruzione infarcita di acredine e di malafede, presentata al lettore come verità assoluta (parola dell' autore!).

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