Notizie che "disturbano"
Il giornalista non commenta le affermazioni faziose di Ghassan Khatib, ministro dell'ANP
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Data: 16/03/2003
Pagina: 2
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: L’autonomia palestinese non è merce di scambio
Sull’Unità del 16 marzo è pubblicata un’intervista di Umberto De Giovannangeli a Ghassan Khatib, ministro dell’ANP.

Le domande che il giornalista rivolge a Ghassan Khatib, ministro del lavoro dell’Autorità nazionale palestinese, ruotano prevalentemente attorno al rilancio , da parte di Bush, del tracciato di pace elaborato dal "Quartetto", all’avvio del processo di democratizzazione palestinese con la nomina di Abu Mazen, e alle misure che l’America dovrebbe adottare nei confronti di Israele.



Alcune affermazioni dell’intellettuale palestinese sono faziose, ma il giornalista non le commenta e soprattutto evita con cura di porre una domanda.

Vediamo, al termine dell’intervista, quale.

L’ANP sembra aver accolto con una certa freddezza il discorso del presidente USA. Eppure Gorge Bush è tornato a parlare di uno Stato palestinese.

Chi come noi vive da anni sotto occupazione militare e ha visto perdersi nel nulla tante dichiarazioni di principio, ha tutte le ragioni per mostrare il proprio scetticismo, specie quando la controparte israeliana ha già fatto intendere di voler modificare in punti sostanziali il "tracciato di pace" del Quartetto. Comunque essere scettici non significa bocciare quel tracciato. Significa invece chiedere garanzie sostanziali da parte del Quartetto sulla sua applicazione.

In sostanza chiedete agli USA gesti concreti. Quali potrebbero essere nell’immediato?

Premere su Israele perché cessi l’occupazione delle città palestinesi e la colonizzazione dei Territori; la fine delle punizioni collettive e della politica delle cosiddette "eliminazioni mirate" che il più delle volte si configurano come vero e proprio terrorismo di Stato.

Lei è considerato, e non da oggi, un autorevole esponente dell’ala riformatrice dell’ANP, eppure sembra difendere a spada tratta Arafat.

Essere per le riforme non significa agire sotto dettatura americana o israeliana. La storia palestinese è stata sempre contrassegnata dalla tenace difesa della nostra identità nazionale e di un’autonomia politica che di questa identità è parte inalienabile. Abbiamo avviato, sia pure in una situazione di intollerabile regime di occupazione un processo di democratizzazione che ha portato alla nomina di un primo ministro, indicato da Arafat in Abu Mazen.

…..Quella del primo ministro non sarà una figura ornamentale ma questo non significa affatto un’uscita di scena di Arafat. Piaccia o no a Bush e Sharon, di questo processo riformatore Arafat è uno dei protagonisti e non il maggiore degli ostacoli.

Quale messaggio intende lanciare alla Casa Bianca?

Siamo pronti da subito a sederci ad un tavolo negoziale, ma con altrettanta chiarezza diciamo che se il fine degli USA è quello di fare uscire di scena Arafat – un presidente eletto dal popolo – allora commettono un grave errore.

L’intervista si chiude senza che il giornalista abbia chiesto "spiegazioni" al ministro dell’ANP circa un grave episodio di sangue accaduto sabato 15 marzo a Nablus, spiegazioni che forse avrebbero mandato all’aria il bel discorsetto sul "processo di democratizzazione " e sull’assoluta necessità di mantenere Arafat nel suo attuale ruolo di dittatore.



Responsabili di quell’ assassinio a sangue freddo sono proprio alcuni membri del partito Al-Fath il cui capo, Yasser Arafat, non riveste propriamente il ruolo di "riformatore".

Alcuni terroristi delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, gruppo armato appartenente ad Al-Fatah hanno rapito dalle loro case due uomini di 28 e 45 anni e li hanno giustiziati senza processo, né avvocati, né giudici (con buona pace delle riforme democratiche di Khatib!).

Di cosa erano accusati? Di aver passato delle informazioni alle forze di sicurezza israeliane sulle attività di alcuni terroristi palestinesi.

Non sono i primi e non saranno gli ultimi a morire come "collaborazionisti": nei mesi passati persino quattro donne fra cui una madre di sette figli hanno subito la medesima sorte.

A proposito, i nostri paladini per la difesa dei diritti umani dove sono finiti? Dove si eclissa la signora Luisa Morgantini eurodeputato in questi frangenti?

La democrazia esige un sistema giudiziario.

La democrazia esige libertà di stampa, di pensiero, di opinione.

Su questo fronte il "processo di democratizzazione" di cui si riempiono la bocca deputati e intellettuali palestinesi è tutt’altro che avviato.

Deve ancora partire.

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