Le foto del Museo di Carpi
Parla il figlio di Perlasca, indignato per le foto esposte al museo dell'Olocausto di Carpi
Testata: Libero
Data: 15/03/2003
Pagina: 7
Autore: Dimitri Buffa
Titolo: Il museo dedicato all'Olocausto della città di Carpi fa arrabbiare il figlio di Perlasca
Riportiamo un articolo di Dimitri Buffa pubblicato su Libero sabato 15 marzo 2003.
Ieri gli ebrei erano sterminati dai nazisti oggi sono i palestinesi a essere
sterminati dagli ebrei.
Bel museo della memoria della Shoà quello degli ex deportati di Fossoli,
gestito dalla Fondazione Campo Fossoli di proprietà del comune rosso di
Carpi. Se a qualche persona di religione ebraica capitasse di visitarlo
e di sentire cosa raccontano agli ignari ospiti i ciceroni nel percorso,
illustrato con foto di donne islamiche con il velo messe sopra le frasi
delle vittime dei campi di concentramento, come minimo gli verrebbe voglia
di piangere.
Se non di vomitare.
"E il vero antisemitismo ideologico", dice ora a "Libero" Franco Perlasca.
Il figlio di Giorgio, l'eroe che durante la seconda guerra mondiale salvò
migliaia di ebrei ungheresi fingendosi console spagnolo. Sulla sua vicenda
è stato fatto anche un bellissimo sceneggiato televisivo.
Perlasca che aveva già visitato il museo di Carpi lo scorso gennaio; quando
gli chiesero di ospitare una mostra su suo padre pretese che quelle foto di donne islamiche velate venissero tolte: "Cosa c'entrano
con la Shoah? Come potevano pensare che io potessi accettare quelle foto a
corredo della mostra su mio padre nel giorno della memoria del 27 gennaio?"
E infatti le foto furono tolte. Ma giusto per i giorni della
mostra su Perlasca padre concomitanti con la presenza in loco di Perlasca
figlio. Adesso le hanno rimesse.
E continuano le visite guidate nelle quali alla gente vengono spiegati gli
azzardati paragoni tra la shoah e il presunto olocausto del popolo
palestinese. Un po' come quei libri di storia in cui la mancata nascita
dello stato palestinese viene attribuita agli odiati sionisti e a non alla
cinica strategia dei paesi arabi confinanti che chiesero a un popolo di
farsi profugo promettendo invano una terra che secondo le intenzioni sarebbe
dovuta essere strappata con la forza e il sangue all'allora neonato stato
d'Israele. Come andò a finire lo sanno tutti, ma è rimasta la leggenda che
la colpa dei profughi palestinesi sia di Israele.
Dice sempre Perlasca: "E' inutile che si strepiti e ci si stracci le vesti
per quattro scritte antisemite contro Paolo Mieli fatte da qualche
deficiente antisemita, fosse pure di destra, quando poi si fanno passare
queste vergognose forme di antisemitismo delle istituzioni..che ipocrisia è
mai questa?"
"Sono tornato al Museo l'11 marzo in occasione della presenza di Ciampi e ho notato di nuovo le immagini di donne islamiche con il
velo - prosegue Perlasca junior - e ho di nuovo protestato. Ho chiesto alle
istituzioni a quale sporco gioco stessero giocando e oggi mi ha anche
telefonato l'assessore alla cultura di Carpi, tale Brunello Salvarani,
"protestando" per la mia interpretazione e per la pubblicità da me data alla
cosa e so che è anche andata lì una troupe di Excalibur, cui hanno negato
il permesso di entrare, raccontando loro in compenso che quelle foto sono
parte di una mostra e non sono inserite sopra le frasi. Peccato che basti
visitare quel museo per capire che l'evidenza dei fatti smentisce queste
vuote parole, questi arrampicamenti sugli specchi."
Commenta Perlasca: "purtroppo questa è l'Italia e questa è la storia che
viene insegnata ai ragazzi di oggi dai comunisti e dai loro eredi, che poi
hanno anche il coraggio di puntare l'indice contro gli episodi di
antisemitismo che coinvolgono la destra fascista..è veramente sconvolgente e
io spero che i lettori di "libero" vadano a visitare quel museo e scrivano a
Ciampi la propria indignazione.. che quella messinscena è una vera
vergogna.."
Inutile dire che le varie associazioni di amicizia con Israele e gli ebrei,
on line o meno, come amici d'Israele (Adi) e l'associazione Italia Israele
di Bologna, si sono subito mobilitate perchè venissero tolte quelle foto
provocatrici.
Ma a tutt'oggi chi visiterà quel museo le vedrà sovrastare le frasi con
cui gli ebrei 50 anni fa raccontavano il loro olocausto. Come
fossero improvvisate didascalie di quell'immagine distorta che oggi si
vuole dare del problema palestinese e delle sue vere cause.
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memoria@fondazionefossoli.org