Una "Famiglia Cristiana assente"
Non una parola sull'attentato del 5 marzo a Haifa che ha devastato un autobus di linea affollato, provocando la morte di 16 persone.
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Data: 14/03/2003
Pagina: 1
Autore: Giorgia Greco
Titolo: Una "Famiglia Cristiana assente"
Come ogni settimana sfoglio le pagine del quotidiano cattolico Famiglia Cristina per "mettere sotto la lente" le notizie che provengono da Israele, paese nel quale da oltre due anni è in corso un conflitto sanguinoso.

Gli articoli sono spesso faziosi, di orientamento filopalestinese e qualche volta antisemiti.

Nel numero di questa settimana, 16 marzo 2003, ricordando il terribile attentato che mercoledì 5 marzo a Haifa ha devastato un autobus di linea affollato, provocando la morte di 16 persone, la maggior parte studenti diretti all’Università e più di 50 feriti, ho cercato un articolo che ne parlasse.

Invano.

Mi sono passati davanti agli occhi svariati articoli: "Il dramma dell’ONU, le Nazioni Unite impotenti di fronte all’ultimatum degli USA, " "In attesa delle bombe" (quelle americane), "Solidarietà alle popolazioni colpite" e, non poteva mancare, un articolo sulle canzonette italiane intitolato "Sanremo, un programma come un altro", oltre ad altri servizi di politica e attualità.



E di quelle vite spezzate, di quei giovani massacrati da un odio inconcepibile per una mente normale chi ne parla? Nessuno.

Chi li ricorda? Nessuno.

Nessun giornalista si è preoccupato di fare un servizio sull’ennesima strage di vite umane; nessun cronista è andato a visitare quei feriti intervistando le loro famiglie per comprendere quel dolore e condividere con i lettori la loro immane tragedia. Molti di quei giovani rimarranno invalidi per sempre nel corpo e nella psiche non potranno più correre su una spiaggia, guidare un motorino, prendere una bicicletta, viaggiare, amare, vivere.

Era pretendere troppo da un settimanale cattolico, così attento alle sofferenze dei bambini iracheni e di quelli palestinesi che dedicasse una colonna a quell’avvenimento?

Oppure ai morti israeliani ci si abitua?



Sfogliando ancora la rivista, un minuscolo trafiletto con una notizia da Israele spunta.

Lo riportiamo chiedendo ai nostri lettori un’opinione in merito e cioè se è davvero più importante scrivere della nomina di un primo ministro palestinese anziché della morte di 17 giovani.

Sì, sono diventati 17 i morti: due giorni fa all’elenco si è aggiunta una giovane di 20 anni, Moran Shushan, le ferite causate dall’esplosione del kamikaze erano troppo gravi. Il suo giovane corpo non ce l’ha fatta. Un’altra vita si è arresa al feroce odio palestinese.

"Mohammed Abbas, 68 anni è il nuovo primo ministro dell’organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), su designazione di Arafat. Noto come politico moderato, Abbas fondò con Arafat il partito Al Fatah e nel 1993 fu l’architetto-ombra degli accordi di Oslo fra Israele e Stato palestinese."
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