I rapporti tra il nazifascismo e il mondo islamico
1941: Mussolini e Hitler appoggiarono il golpe del partito Bath, il partito di Saddam Hussein
Testata: Libero
Data: 12/03/2003
Pagina: 19
Autore: Gianfranco Morra
Titolo: Iraq 1941, gli italiani combattono a fianco dello zio di Saddam
A proposito dei legami che intercorsero tra Mussolini, Hitler e Saddam Hussein riportiamo un articolo di Gianfranco Morra e un articolo di Andrea Colombo pubblicati su Libero mercoledì 12 marzo 2003.
Iraq 1941, gli italiani combattono a fianco dello zio di Saddam
di GIANFRANCO MORRA

Hitler e Mussolini cercarono di attirare il mondo arabo nella guerra contro gli inglesi. Per impadronirsi del petrolio iracheno, appoggiarono, con aerei da combattimento, il golpe col quale Rashid el Gailani si impadronì di Bagdad. Un golpe al quale partecipò lo zio materno di Saddam, Talfah Khayrallah. Uno dei capitoli più interessanti del recente libro di Carlo Panella su "Saddam" (Piemme) è quello in cui l’autore racconta come una parte dei capi arabi si schierò con Hitler durante la seconda guerra mondiale. Lo smembramento dell’Impero Ottomano aveva creato numerosi protettorati, divisi tra le nazioni europee vincitrici. L’Iraq, posto dapprima sotto mandato britannico, divenne indipendente nel 1921 con una monarchia costituzionale. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, il risentimento contro gli inglesi, che con Lord Balfour avevano fatto nascere lo stato ebraico in Palestina, esplose un po’ dovunque nel mondo arabo. L’Inghilterra aveva bisogno del petrolio del Golfo e cercò di difendere il Medio oriente dall’invasione di Hitler. Al quale pure interessava il petrolio. Nell’aprile del 1941, infatti, 30.000 soldati tedeschi occuparono Creta. Di lì gli aerei potevano facilmente raggiungere il Golfo. L’anima del sostegno arabo a Hitler fu il gran muftì di Gerusalemme, Amin Haji al Husseini, che fece, ai primi di maggio di questo stesso anno, un golpe insieme con il primo ministro dell’Iraq Rashid al Gailiani, costringendo il re, di soli quattro anni, e la sua corte, a fuggire. Hitler e Mussolini avevano programmato la nascita di un grande Stato arabo collaborazionista, ma erano in disaccordo sul capo: per il Führer doveva essere il Gran Muftì, per Mussolini (come ci informa Ciano nei suoi "Diari") Gailani.l Quando il 2 maggio esplose il golpe, molti aerei da caccia e da bombardamento dell’Asse atterrarono a Bagdad. Il 18 maggio non meno di cento erano i piloti e gli avieri italiani schierati insieme con quelli della Luftwaffe all’aeroporto di Bagdad per ascoltare lo speaker di Radio Berlino, che leggeva un discorso di Hitler. Ma Churchill non attese un solo minuto e inviò subito le truppe della Legione Araba dalla Transgiordania in Iraq. Erano comandate da John Glubb, un militare inglese chiamato Glubb Pascià. Ad esse si aggiunsero trentamila soldati britannici dell’India Corps, sbarcati a Bassora. Raggiunsero insieme Bagdad e il 31 maggio i golpisti furono costretti a fuggire. Non prima di aver rotto gli argini del Tigri.l Al golpe fallito partecipò lo zio materno di Saddam, Talfah Kharillah, che diverrà sindaco di Bagdad e ne verrà poi dismesso per ruberie. Fu la guida e il maestro di Saddam, col quale collaborò nel golpe che lo portò al potere e nella eliminazione degli avversari politici. Saddam ne sposò la figlia Sanah. È autore di un opuscolo di Stato: "Perché Dio non avrebbe dovuto creare i persiani, gli ebrei e le mosche". Talfah aveva un figlio, Adnan, che divenne membro del Consiglio della Rivoluzione, ma morì in un misterioso incidente aereo. l Gli arabi continuarono il loro appoggio a Hitler. Il Muftì raggiunse la Germania, con un tesoro di un milione di sterline, che consegnò a Göring. Divenne l’organizzatore delle SS arabe, che combattevano a fianco dei nazisti. Cosa comprensibile, viene subito da pensare, dato che Hitler combatteva gli inglesi, padroni del Medio oriente. È vero, ma non basta. Panella sostiene che il nazismo come progetto totalitario e antiebraico costituisce ancora l’ideologia di Saddam. Il suo Baath altro non è che un socialismo nazionalista, come lo era il nazionalsocialismo di Hitler. Inoltre, i metodi usati per arrivare al potere e per combattere gli ebrei non sembrano diversi: «In Siria e in Iraq, il vecchio continente trova oggi il retaggio della parte peggiore della sua storia, perché i partiti al potere, Baas e Baath, altro non sono se non l’ultimo lascito del nazionalsocialismo degli anni Venti e Trenta. Il "socialismo" siriano e iracheno è infatti solo l’ultimo cerchio, opaco e terribile, del nazionalsocialismo tedesco, di cui fu figlio e fattivo alleato». Due partiti che furono complici del Settembre nero del 1970, ossia nello sterminio, compiuto dal re di Giordania, di trentamila rifugiati palestinesi. Perché l’OLP e Arafat sono nemici di Saddam. Egli combatte Israele non già per favorire la nascita di uno stato palestinese, ma per creare la grande Nazione Araba.
Fascio, svastica e mezzaluna, la trimurti del Raìs
di ANDREA COLOMBO

MILANO - A Tripoli, davanti a una moltitudine di libici convenuta per lo storico incontro, viene utilizzata una coreografia hollywoodiana, studiata nei minimi particolari da Italo Balbo, per "l'apparizione" di Mussolini. Il Duce è in sella a un purosangue, seguito da 2600 beduini a cavallo, e snuda la fiammeggiante spada dell'Islam d'oro massiccio ricevuta dai capi arabi. E’ il marzo del 1937. Il capo del fascismo si presenta come il liberatore dei popoli nordafricani dall’egemonia franco-inglese. Ma ha in mente altri piani: vuole ritagliare una sfera d’influenza italiana nell’area del Mediterraneo, il Mare Nostrum. Un programma neo-coloniale, quindi. Un sogno che si infrange tra il luglio e il novembre del 1942 con la sconfitta delle forze dell’Asse a El Alamein. Svanisce così la possibilità che Benito Mussolini entri ad Alessandria d’Egitto con in pugno "la spada dell’Islam". l Questo è solo uno dei capitoli dei rapporti fra il nazifascismo e il mondo islamico. Un rapporto complesso, fatto di complicità, ma anche di rivalità, invidie e sconfitte clamorose. «Sull’incontro delle potenze dell’Asse con i movimenti di resistenza africani e asiatici oggi possiamo finalmente disporre di una precisa ricostruzione, che colma gravi lacune e ci offre non poche sorprese», scrive Angelo Del Boca nell’introduzione al saggio dello storico Stefano Fabei intitolato "Il fascio, la svastica e la mezzaluna" (Mursia). Si tratta di un libro sorprendente, ricco di spunti anche legati all’attualità. Emerge ad esempio che il partito Baath, quello di Saddam per intenderci, aveva in origine come ispiratore lo stesso Hitler. Era infatti un movimento laico, nazionalsocialista, antimarxista, proprio come quello della croce uncinata. Con una particolarità: il panarabismo. Uno dei primi leader del partito Baath, il siriano Sami al-Jundi, disse: «Eravamo ammiratori del nazismo, leggevamo i suoi testi e le fonti della sua dottrina, specialmente Nietzsche. Fummo i primi a pensare di tradurre il Mein Kampf. Il nazismo era la potenza che poteva essere presa a modello». Non solo per i fondatori del partito Baath, ma anche per le masse arabe, oppresse da tante potenze straniere, il nazismo rappresentava la possibilità di liberarsi dal giogo coloniale. E non solo. Con i suoi proclami antisemiti Hitler era l’alleato ideale per fermare i progetti sionisti di occupazione della Palestina. Come scrive Fabei, «agli occhi degli arabi Hitler era il campione della lotta all’ebraismo; quando nel 1934 a Norimberga furono promulgate le leggi razziali pervennero al Fürher telegrammi di congratulazione da tutto il mondo islamico, in maniera particolare dalla Palestina e dal Marocco». Era tale l’entusiasmo per la politica nazista, che molti arabi credevano che Abû ’Alî, come veniva popolarmente chiamato Hitler, si fosse convertito all’Islam. Da parte sua Hitler ricambiava l’ammirazione delle masse e delle élite arabe, dichiarandosi un estimatore dell’Islam. Nel corso della conversazione a tavola con il generale Keitel del 1° agosto 1942, il Fürher oltre a dichiarare la sua convinzione circa la superiorità della religione islamica rispetto alla cristiana, parlando della Spagna affermò che l’epoca araba era stata il periodo d’oro della penisola iberica. l Al di là delle parole e dei proclami di stima reciproca, durante la guerra il contributo di sangue dei musulmani alla causa delle forze dell’Asse fu notevole. Fabei calcola che, fra il ’41 e il ’45, si siano uniti ai soldati del Reich 13mila fra siriani, palestinesi, iracheni, egiziani e maghrebini, 60mila bosniaci, montenegrini e albanesi, 350mila turchestani, tartari, ceceni, azeri. Soltanto i caucasici persero in combattimento 117mila uomini, il che significa che le truppe musulmane furono sempre impiegate in prima linea. Alla fine della guerra chi non morirà sul campo verrà consegnato dagli Alleati a Stalin, e finirà massacrato nei Gulag. Diversa sorte ebbero invece i due maggiori artefici dell’alleanza fra nazifascismo e mondo arabo: il Gran Muftì di Gerusalemme e il nazionalista iracheno al-Gailani. Il primo, arrestato dalla polizia di De Gaulle nel maggio ’45, dopo un breve periodo di prigionia riuscì a fuggire al Cairo, dove inaugurò una nuova fase nella lotta antisionista, come presidente del neonato Supremo Comitato Arabo per la Palestina. Al-Gailani, invece, tornò in Iraq, dove continuò a svolgere un ruolo di grande prestigio fra i nazionalisti panarabi.
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