Di fronte a questo molteplice attacco l’occidente, dopo iniziali tentennamenti, starebbe rispondendo rinsaldando i rapporti nella Nato, che ridiventa anche il baricentro dello sviluppo possibile di una politica europea comune, sia con le alleanze del Pacifico. L’inattesa resistenza ucraina, resa possibile soprattutto dal sostegno militare dell’occidente, ha evitato che il disegno di Mosca, che prosegue in Europa la politica di aggressione già messa in atto nei confronti delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia, potesse compiersi mettendo gli avversari di fronte al fatto compiuto. Questo mette il governo russo di fronte ad alternative difficili, tra un allargamento del conflitto che sconfina addirittura nel rischio di un impiego di ordigni nucleari e una tregua che avrebbe il sapore della sconfitta e potrebbe determinare conseguenze pesanti anche nel controllo del dissenso interno. Se la proposta di indebolire la Russia con sanzioni economiche non ha ottenuto il consenso anche di paesi Nato, come la Turchia, o legati all’occidente come Israele e l’Arabia saudita, non significa che questi e altri importanti paesi, come l’India, abbiano scelto il campo russo. E’ proprio nella descrizione dell’intreccio di interessi, di relazioni, di situazioni geopolitiche differenti che sono alla base dei comportamenti delle varie potenze che il libro di Molinari è interessante. Per esempio si spiega bene come l’impegno principale di Israele sia quello di mantenere aperti i corridoi che consentono agli ebrei russi e ucraini di arrivare nel paese. Nell’analisi di Molinari non ci sono certezze per il futuro, si mettono sotto osservazione le diverse opzioni che ogni potenza ha di fronte e le possibilità di influenzare le scelte finali offrendo vantaggi. Un ritorno alla logica del confronto tra “imperi” senza trascurare i caratteri nuovi della situazione, i terreni della competizione che non sono più soltanto quelli tradizionali della forza militare, ma l’intreccio con altre forme di aggressione come quella informatica, le relazioni economiche e commerciali dell’èra della globalizzazione, il riemergere di contrapposizioni etniche o religiose in forme nuove.
Il Foglio