Israele: allarme rosso in Italia
Su Libero tre servizi rivelano come anche l'Italia si allinei al boicottaggio contro Israele
Testata: Libero
Data: 13/02/2003
Pagina: 8
Autore: un gruppo di giornalisti
Titolo: Il boicottaggio contro Israele
Riportiamo tre articoli pubblicati su Libero giovedì 13 febbraio 2003 che ci fanno capire come, anche in Italia, e non solo nelle università, si stia formando un fronte per il boicottaggio contro Israele.
"Veltroni sospende l'accordo ACEA-Israele"

di CRISTIANO POSTI

Il comune di Roma fa saltare la partnership per lo sfruttamento delle acque: "Noi siamo per la pace mentre Sharon vuole la guerra"


ROMA - Il Comune di Roma boicotta Israele. La giunta guidata da Walter Veltroni sospenderà l’accordo dell’azienda elettrica municipalizzata romana Acea con una sua omologa in Medio Oriente, perché «Roma è un simbolo di pace, mentre Israele è un Paese che vuole la guerra». Lo ha dichiarato l’assessore capitolino al lavoro e alle periferie di Rifondazione comunista, Luigi Nieri, in risposta ad un’interrogazione presentata ieri dalla sua compagna di partito, il consigliere romano del Prc, Adriana Spera. Che la partnership tra Roma e Israele ci sia o meno, visto che l’Acea l’ha smentita, poco importa: a fare notizia è l’atteggiamento anti-israeliano dell’amministrazione della capitale d’Italia.

Rifondazione ha lanciato un attacco in piena regola a Paese mediorientale in un momento in cui riemergono striscianti sentimenti antisemiti. La scintilla è stato un appello rivolto al consiglio comunale di Roma, in quanto azionista di maggioranza dell’Acea, perché sospendesse un accordo «vergognoso» tra l’azienda elettrica romana e le autorità israeliane sullo sfruttamento delle acque. Lo hanno sottoscritto, tra gli altri, il docente di diritto pubblico di Firenze Umberto Allegretti, l’assessore alla provincia di Napoli Guglielmo Allodi, il deputato verde Mauro Bulgarelli, i consiglieri comunali di Roma Adriana Spera e di Siena Francesco Andreini, alcuni giornalisti e i rappresentanti di associazioni di solidarietà e dei sindacati di base della scuola e del commercio. Rientra chiaramente nella campagna internazionale per il boicottaggio dell’economia israeliana.

La "pietra dello scandalo" sarebbe un accordo commerciale tra due ditte: una italiana, e fin qui non ci sono problemi, l’altra israeliana, e qui invece Spera ha molto da ridire. Non solo. La stessa iniziativa verrà presentata - si legge in una nota diffusa dall’associazione Forum Palestina - anche al comune di Siena, dove la ditta romana ha rilevato una serie di servizi. Si contesta il fatto che nel dicembre scorso «l’amministratore delegato dell’Acea, Paolo Cuccia - ha ricordato l’associazione - è stato in Israele con la delegazione di imprenditori che accompagnava il viceministro del commercio estero, Adolfo Urso. Accordi per lo sfruttamento del ciclo dell’acqua sono stati presi tra l’azienda romana e le autorità israeliane». Il Forum ha spiegato che così si sosterrebbe «un elemento fondamentale del colonialismo israeliano».

Ancora più sconcertanti le dichiarazioni del mondo politico. L’assessore capitolino al lavoro, Luigi Nieri, ha affermato senza mezze misure che «l’eventuale accordo di Acea con Israele va sospeso». Perché «in un clima drammatico di guerra, quale quello che si respira in questi giorni - ha spiegato - vanno evitati accordi sullo sfruttamento delle acque con Israele». «Nessuno - ha infatti concluso - deve prestare il fianco a speculazioni proprio in un momento in cui il governo di Sharon si macchia di palesi violazioni dei diritti umani». È insorto il presidente della commissione ambiente alla Camera, Pietro Armani (An). «Siamo alla follia», ha commentato riferendosi alle parole di Nieri. «Lo Stato di Israele - ha ricordato Armani - è l’unica democrazia del Medio Oriente costretta a difendersi e a subire la guerra».

In serata è arrivata una smentita da parte dell’Acea. «È escluso» che durante la missione in Israele - ha dichiarato l’amministratore delegato dell’azienda municipalizzata, Paolo Cuccia - «si siano stretti accordi commerciali che coinvolgono Acea».
"Applicare le norme anti-razzismo per fermare i no-global antisemiti"

di DIMITRI BUFFA

"La comunità ebraica di Roma invoca la legge Mancino anche per i movimenti di estrema sinistra che inneggiano ai kamikaze palestinesi"

ROMA - Leone Paserman, presidente della comunità ebraica di Roma, si consola leggendo Libero: «Complimenti per il bel servizio di ieri, ci date una grande mano ad andare avanti». Oltre al nostro giornale, e a poche altre realtà editoriali, però, precisa Paserman, «i segnali sono veramente preoccupanti e ci addolorano».

Stiamo dirigendoci verso una nuova "Notte dei cristalli", edulcorata dal politically correct di sinistra? «Spero di no, risponde Paserman, «certo questa storia del boicottaggio dei prodotti israeliani, esteso ormai anche a ditte che fanno semplicemente affari con Israele o magari possedute da sionisti, cioè da ebrei, è gravissima e riprende temi antichi di una certa propaganda araba del 1967, all'epoca del dopo guerra dei Sei giorni, quando si chiedeva a chi volesse fare affari con quei paesi aggressori sconfitti da Israele (Siria, Egitto, Iraq, Libano e Arabia Saudita) di dichiarare di non avere rapporti economici con lo stato ebraico e di non avere sangue israeliano nella proprietà delle imprese... Oggi chi si ricorda più la conferenza dei tre "no" tenutasi a Khartoum nel Sudan, quando tutti quei signori volevano negare ad Israele il mero diritto ad esistere? L'atmosfera è tornata a essere quella».

Ma allora i no global e certi pacifisti di oggi prendono ordini e finanziamenti dalle lobby del fondamentalismo islamico proprio come i loro antenati di ieri li prendevano dall'ex Urss? «Questo è difficile affermarlo con certezza, ma il sospetto talvolta è forte. Anche perchè se uno va sul sito internet della Lega Araba legge gli stessi volantini e slogan che poi trova nei siti no global e gli stessi incitamenti all'odio e al boicottaggio», fa eco a Paserman Riccardo Pacifici, che della comunità romana è assessore alle pubbliche relazioni, «e noi non nascondiamo il fatto che quando c'è stata la "Giornata della Memoria" e il presidente del Senato Pera ci ha ricevuto, abbiamo chiesto se non fosse possibile applicare la legge Mancino anche per i siti dei no global e quindi chiuderli, almeno per quelle paginate on line dove si trovano giochini come quello del kamikaze o incitamenti all'antisemitismo. Perché se lo si fa per i movimenti neonazisti lo si può, anzi lo si deve, fare anche per quelli di estrema sinistra, che peraltro spesso hanno in comune con i primi il pretesto della solidarietà ai palestinesi per esternare il loro odio anti ebraico».

In ogni caso, aggiunge Pacifici, nessuna dimostrazione contro il negozio di via Volta: «gli faremmo un'inutile e immeritata pubblicità». «Ricordo anche gli assalti ai supermercati Ocean e le spese proletarie sotto Natale», dice ancora Paserman, «ed è stato in quell'occasione che abbiamo visto a Roma i primi volantini che incitavano al boicottaggio... Ricordo anche che quando ci fu l'irruzione con relativo saccheggio dei generi alimentari dissero alla gente incredula che quei generi sarebbero finiti ai palestinesi che erano affamati dagli israeliani. Mi sembra chiaro che gente sia questa».

«E infatti la mia provocazione», interviene ancora Pacifici, «verso queste anime belle che credono che l'antisemitismo sia esclusivo appannaggio di una certa destra, è semplice: se vi fa piacere etichettateli come fascisti, però dite chi sono e che partecipano alle manifestazioni della pace insieme a voi».
Manifestazione quella di sabato carica di incognite per la comunità ebraica romana: «Non vorrei», dice ad esempio David Perlmutter, che fino all'anno scorso era stato il responsabile del Centro giovanile ebraico, Cge, «che alla fine tutto il pacifismo di sabato si riduca alla solita kermesse antiamericana e anti-israeliana, perché, se devo dire quale è la mia esperienza qui a Roma, i giovani ebrei sono tutti per la pace, ma nessuno interpreta il pacifismo nel sostegno ai regimi arabi come quello di Saddam che poi le guerre le provocano».

Ancora più laconico e deciso di Perlmutter è un giovane componente dell'attuale consiglio direttivo del Cge, Maurizio Di Veroli: «Guardi non chiedo tanto, ma che almeno non si travestano un'altra volta da kamikaze».

Tuttavia, «la responsabilità più grave», sostiene Leone Paserman, «è quella degli intellettuali che promuovono per moda i boicottaggi accademici e che mascherano l'antisemitismo con l'antisionismo o a cui vanno bene gli ebrei solo quando sono vittime o possibilmente defunti magari in un bel campo di concentramento. E che, se invece si difendono, parlano di "deicidio", di razza guerriera e altre ignominie del genere».
"C'è qualcuno che dà retta ai boicottaggi"

di BRUNELLA BOLLOLI

ROMA - «Massì, boicottiamo anche lo scopritore della penicillina che era ebreo pure lui e aggiungiamo tutti gli altri medici, inventori e scienziati che hanno fatto grande il mondo». Alberto ha 34 anni, è nato e cresciuto nel quartiere romano di Testaccio e fa il commerciante tessile. Per lui la situazione è chiara. «Si tratta del gesto isolato di un poveretto. Dargli troppa attenzione significa fargli una pubblicità che non merita». La vicenda la conosciamo. Un libraio romano di via Volta che ha la passione per la Palestina (nel suo negozio ci sono manifesti che inneggiano alla liberazione del popolo di Arafat, magliette con scritta "Salviamoci da Sharon" e più d’una kefiah), ha aderito a una campagna di boicottaggio contro Israele. Di più. L’attacco è così violento che colpisce Gerusalemme passando, trasversalmente, attraverso ditte che israeliane non sono, se non per le origini - come dire - semitiche e per i rapporti d’affari.

Il cartello è ancora lì. Fotocopiato ma c’è. Sotto a un altro che dice "no alla guerra". Tutto regolare, per chi ci lavora. «Ci hanno dato degli antisemiti ma noi siamo per la pace. Forse andremo alla manifestazione a San Giovanni per dire il nostro no al conflitto in Iraq». Sul banco all’ingresso ci sono le copie dell’ultimo libro su Sergio Cofferati. Poi le biografie di Saddam Hussein. Bandiere, opuscoli e un dépliant che si intitola: "No! Alla legge Helms-Burton. Per la sovranità e l’indipendenza di Cuba", firmato dall’associazione di amicizia Italia-Cuba. Leggiamo. «Lottiamo contro la legge Helms-Burton», è l’incipit, «perché è una minaccia non solo per Cuba ma per tutti i Paesi del mondo in quanto viola le norme del libero commercio». Tutti i Paesi dice, ma non certo Israele e Stati Uniti. L’accoppiata malefica deve essere boicottata. Dal "no-global" al "no-Israel" il passo è breve. La distanza è più che ravvicinata. Azzerata.
Come ha detto bene qualcuno, siamo «all’antiebraismo travestito da lotta per la pace». O più semplicemente, all’antisemitismo. La voce della gente è varia. «Io i pompelmi Jaffa, israeliani, li vendo benissimo». Il signor Marini, del supermercato Sidis di via della Robbia, non si preoccupa degli affari nel suo negozio. «Gialli e rosa, ne vendo di tutti i tipi», dichiara. «Certo, si nota che i clienti fanno più attenzione rispetto a qualche tempo fa. Prima di acquistare controllano tutto, ma non credo dipenda dall’odio verso Israele». Stesso discorso anche per la gastronomia di Claudio Volpetti. «Noi non trattiamo marche come quelle di cui parla il cartello. Però notiamo che la Nestlé non la vuole più nessuno. E quindi abbiamo smesso di richiederla». «Qui ormai è il regno dell’agricoltura biologica. Del mercato equo e solidale», dice Alessandro Radicioni, residente della zona. «Questi filo-palestinesi di oggi hanno fatto il lavaggio del cervello sulla qualità dei prodotti, e ormai pullulano i negozi no-global. Ma è solo ipocrisia». Guarda il cartello e se ne va. Per cosmetica e profumi, invece, nessun problema. Un biglietto attaccato alla porta di una libreria non fa certo paura ai colossi francesi e americani della bellezza. La conferma è presto data dagli stessi negozianti di "Aventino Profumi Corporation" che già dal nome indica affinità con il mondo anglosassone. «Anzi», spiegano, «le richieste aumentano sempre». Antonio Nori della Confesercenti, però, sottolinea la gravità della situazione. Prende ad esempio Eurochocolate. «Non è un mistero che la solita, bistrattata Nestlé non sia neanche stata invitata alla rassegna. E comunque è chiaro che se dovesse scoppiare questo conflitto, il boicottaggio s’inasprirà ulteriormente. Pensiamo a come affrontare la questione».
Di insegne antisemite a Roma, il Municipio non sapeva nulla. Il sindaco Veltroni, che più volte si è detto assolutamente convinto della necessità di preservare la memoria della Shoà, ha nominato Franca Coen (già presidente della Consulta della comunità ebraica di Roma) "consigliere delegato alla multietnicità". Ma sul cartello neanche una parola. Stefano Madìa non ci sta. Ex consigliere comunale del centro-sinistra e della lista civica Veltroni cita l’articolo 3 della Costituzione italiana: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza di lingua, di religione". «Questo cartello è uno scandalo», dice Madìa. «Un fatto gravissimo di cui noi, italiani ed europei, dobbiamo sentirci responsabili».
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