L’offensiva americana è data per imminente
Una serie di buone informazioni dal corrispondente del Corriere della Sera da Gerusalemme
Testata: Corriere della Sera
Data: 11/02/2003
Pagina: 2
Autore: Guido Olimpio
Titolo: Le autorità dello Stato ebraico chiudono i Territori palestinesi: «Rischio alto di una nuova ondata di attentati»
Riportiamo questo articolo di Guido Olimpio, pubblicato sul Corriere della Sera martedì 12 febbraio 2003, che contiene buone informazioni.
GERUSALEMME - Gli israeliani scrutano sulle loro teste, ma soprattutto non si perdono un giornale radio. L’offensiva americana è data per imminente. I quotidiani, citando fonti locali e statunitensi, hanno indicato una combinazione: 03/03/03. Che sta per il 3 marzo, una notte senza luna, ideale per lanciare l’attacco contro l’Iraq. Ma non escludono neppure una sorpresa. Ecco un’altra data: il 18 febbraio.
I CALCOLI - Israele non ha ricevuto per ora alcuna comunicazione. In base a un accordo con Washington, lo Stato ebraico sarà avvertito con 72 ore d’anticipo. Gli esperti ritengono che il momento critico sarà dopo il 14 febbraio, giorno in cui gli ispettori Onu faranno un nuovo rapporto. Da quel momento ogni minuto, affermano, sarà buono. Gli Usa dichiareranno un’allerta nell’intera regione e le truppe aspetteranno la luce verde. Dal 23, è la valutazione, il Pentagono disporrà delle forze necessarie per qualsiasi intervento. Tra l’altro la maggioranza dei pellegrini alla Mecca avran no fatto rientro nei loro Paesi e dunque l’eventuale blitz non verrebbe visto come un sacrilegio. Consultando calendario e fasi lunari, gli analisti militari scommettono sul 3 marzo.
LA SORPRESA - Tra gli esperti israeliani, però, c’è chi non esclude un avvio anticipato dell’offensiva. Pochi giorni fa, il capo di Stato Maggiore Moshe Yaalon ha rivelato che gli americani sono già pronti avendo nello scacchiere forze a sufficienza. E anche Israele, sotto il profilo militare, ha già adottato le contromisure necessarie. Le batterie di missili anti-missile Patriot e Arrow sono state schierate nella zona centrale del Paese. Dovranno intercettare gli eventuali Scud lanciati dall’Iraq. Una possibilità ritenuta peraltro «molto bassa» dagli ambienti della Difesa.
IL BUNKER - In caso di conflitto il premier Ariel Sharon seguirà le operazioni da un nuovo bunker creato a Gerusalemme mentre un’eventuale rappresaglia sarà diretta dal ministero della Difesa, a Tel Aviv. Israele ha più volte affermato che in caso di un’ag gressione irachena risponderà con tutti i mezzi necessari.
LA POPOLAZIONE - Gli israeliani, temprati da anni di guerre, non paiono troppo preoccupati. La distribuzione delle maschere antigas è in corso da tempo e i più inquieti hanno creato una «stanza sicura» nel loro appartamento, sigillando le finestre con plastica e nastro isolante. Ma secondo un sondaggio il 41% non farà nulla. Sui giornali sono comparse tabelle comparative con i vari sistemi di sicurezza. Chi ha denaro da spendere può acquistare una speciale tenda da montare in casa o installare sistemi per purificare l’appar tamento. Misure che rendono superfluo il ricorso alla maschera, che tutti hanno in casa ma che tutti ritengono un rimedio puramente psicologico. Le autorità hanno poi distribuito un manualetto contenente le istruzioni su cosa fare in caso di attacco. Il libricino ha provocato scandalo tra gli ultraortodossi «scandalizzati» dalla foto di una donna vestita, a loro dire, in modo poco casto.
L’ALLARME - La maggiore preoccupazione è rivolta al rischio attentati. Ieri le autorità israeliane hanno deciso il blocco totale dei Territori palestinesi, dopo aver ricevuto informazioni dei servizi segreti che mettono in guardia contro una nuova ondata di attentati. Il timore è che i palestinesi radicali e l’Hezbollah, al confine con il Libano, possano sfruttare la crisi irachena per una serie di attacchi. In particolare, le Brigate Al Aqsa, sfuggite al controllo del Fatah, e la Jihad islamica. Più sfumata la posizione di Hamas. Secondo un documento pubblicato dal quotidiano Haaretz il principale movimento islamico potrebbe sospendere gli attentati in Israele fino al termine del conflitto con l’Iraq. Hamas è infatti impegnata in una manovra politica con la quale vuole affermarsi come alternativa ad Arafat e si è impegnata con i suoi finanziatori arabi, nonché con l’Egitto, ad adottare una linea pragmatica.
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