Eventi storici normalmente sconosciuti..
riportati dal quotidiano Avvenire
Testata: Avvenire
Data: 07/02/2003
Pagina: 24
Autore: Gianni Santamaria
Titolo: Quando la Mezzaluna mise Hitler sul piedistallo
Ancora una volta segnaliamo Avvenire per la preziosa opera di informazione che spesso offre ai suoi lettori. In questo caso si tratta di eventi storici poco conosciuti e normalmente taciuti. Trascriviamo interamente l'articolo.
In nome dell'antisionismo, dell'anticomunismo e dell'anticolonialismo si realizzò un'alleanza tra i nazionalsocialisti e gli esponenti islamici del tempo, tra i quali il celebre muftì di Gerusalemme, Amin al-Husayni. Una convergenza tra "Il fascio, la svastica e la mezzaluna" che viene analizzata nel volume omonimo da Stefano Fabei (Mursia, pagine 410, euro 26).
In realtà la presa della croce uncinata fu più avvolgente di quella del littorio. L'ammirazione che il Führer godette presso i musulmani fu "sconfinata", nota nella prefazione al volume il nostro massimo studioso di colonialismo, Angelo Del Boca. Adolf veniva chiamato Abu Ali e si era diffusa la convinzione che si fosse convertito all'islam. Addirittura un anonimo poeta arabo compose per lui degli imbarazzanti versi encomiastici: "Non più monsieur né mister / tutti fuori sgomberate il campo / in cielo Allah, sulla terra Hitler". Soprattutto con la guerra ci fu un incremento di tale appoggio. Hitler prometteva, infatti, di essere un paladino delle frustrate aspirazioni di liberazione delle popolazioni islamiche in Palestina, come alleato nella lotta con Israele (che sarebbe nato nel 1948, ma le cui premesse erano state gettate nel 1917 con la Dichiarazione Balfour), contro le potenze coloniali come l'Inghilterra e anche contro il comunismo che assoggettava molti fedeli del Corano nella Repubbliche asiatiche dell'Urss. Nel "Mein Kampf", inoltre, il futuro dittatore aveva espresso in più punti la sua avversione per il colonialismo.
Fu proprio il fatto che l'Italia, diversamente dalla Germania, avesse ancora terre conquistate in Africa e mostrasse intenzioni egemoniche sul Mediterraneo a far godere minor prestigio a Mussolini. Una fiammata si ebbe nel 1942, quando l'esercito dell'Asse arrivò alle porte di Alessandria d'Egitto e il maestro di Predappio divenne, con un pomposo gioco di parole, Mussa-Nili (il Mosè del Nilo). Ma fu gloria breve, la sconfitta militare e la diffidenza del mondo musulmano per il Duce fecero il resto.
Non fu un caso, dunque, che la carne da cannone che le milizie islamiste fornirono ai due alleati fosse di proporzioni molto diverse: pochissimi gli arabi che si batterono e morirono a fianco degli italiani e il tentativo di costituire una "Legione araba" all'interno del Regio esercito fallì. Al contrario, tra 1941 e 1945 fecero parte delle unità militari del Reich 13mila tra siriani, palestinesi, iracheni ed egiziani, 60mila musulmani balcanici, 350mila caucasici, di cui ben 170mila caddero, "il che significa - commenta Del Boca - che le truppe musulmane furono sempre usate in prima linea". E per i lavori sporchi, come la repressione dei partigiani nel Piacentino e nel Parmense portata avanti dalla 162­ª divisione "Turkestan".
Merito della ventennale ricerca di Fabei oltre a gettare luce su una vicenda nota solo a grandi linee è anche l'indagine sui filoni culturali ed economici che già legavano Germania e Impero ottomano e che con Hitler si rafforzarono anche per l'affine visione della comunità come "Volk" e la condivisa avversione per la democrazia
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