Israele nel mirino
Boicottare le istituzioni culturali israeliane per "protestare" contro il governo Sharon è un atto di vero e proprio antisemitismo ma al giornalista dell'Unità non interessa.
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Data: 09/02/2003
Pagina: 13
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: L’ateneo di Ca’ Foscari boicotta Israele
Boicottare Israele è ormai diventato lo sport più diffuso in Italia (ma non solo), ancor più diffuso del calcio e della pallacanestro.

Negli ambienti di sinistra, habitat ideale per i "pacifisti" nostrani, pullulano le iniziative contro Israele; fino a qualche tempo fa il boicottaggio era riservato ai prodotti alimentari – in alcune città si invitava la popolazione a non acquistare i pompelmi Jaffa – poi si è esteso ai prodotti cosmetici, a quelli industriali (a Calderara di Reno in provincia di Bologna alcuni mesi fa una fabbrica che produce ruspe destinate a Israele è stata fatta oggetto di atti vandalici).

Iniziative gravissime anche in condizioni normali ma che diventano ancor più spregevoli se intraprese nei confronti di un paese che da due anni è sottoposto ad una spirale di violenze inaudite, un paese che a causa del terrorismo ha perso più di 700 persone, un paese prostrato economicamente per la battuta di arresto che ha subito il turismo e tutte le attività ad esso collegate e dalle quali molti israeliani traevano sostentamento.

Ma se impedire l’acquisto dei pompelmi Jaffa è un provvedimento grave per le conseguenze economiche che ne derivano, boicottare le istituzioni culturali israeliane per "protestare" contro il governo Sharon è un atto di vero e proprio antisemitismo, dietro il quale si celano illustri intellettuali e professori di sinistra.

E’ quanto è accaduto all’università veneziana di Ca’ Foscari dove un gruppo di 11 professori ha firmato un documento che mira a boicottare le università israeliane dando prova così di non conoscere nè il mondo accademico israeliano nel quale, è risaputo, trovano ampio spazio intellettuali pacifisti, fautori del dialogo israelo-palestinese e neppure la società israeliana con le mille sfaccettature che la caratterizzano.



Riportiamo integralmente l’articolo nel quale il giornalista, pur riportando le opinioni di professori e scrittori israeliani preoccupati e sgomenti dinanzi ad una tale iniziativa, non esprime alcun commento in proposito.

Eppure in altre occasioni quando si trattava di demonizzare l’operato di Israele lo stesso giornalista non ha mai risparmiato commenti duri e critiche pungenti.

Commenta amaramente Shlomo Avinery, professore all’Università ebraica di Gerusalemme: "Ai promotori del boicottaggio rivolgo un invito: visitate le università israeliane, partecipate ai dibattiti di natura politica che in esse si sviluppano, e vi renderete conto che la vostra iniziativa, al di là delle motivazioni che ne sono alla base, va in direzione opposta al rafforzamento del dialogo israelo-palestinese. Rabbia. Sgomento. Incredulità. Preoccupazione. Così intellettuali e docenti universitari reagiscono alla notizia dell’iniziativa di un gruppo di professori dell’Università veneziana di Ca’ Foscari volta a boicottare le istituzioni culturali israeliane, in ragione del pugno di ferro esercitato dal governo di Ariel Sharon contro i palestinesi. "I docenti italiani – annota Meir Shalev, tra i più autorevoli scrittori israeliani contemporanei – non sanno o fanno finta di non sapere che anche in questi durissimi anni di incessante violenza, sono stati proprio intellettuali e docenti universitari israeliani e palestinesi a mantenere in vita un proficuo dialogo. Boicottare le università israeliane è il miglior regalo che è possibile fare ai nemici della pace".

L’appello al boicottaggio, diffuso a Ca’ Foscari dal professor Riccardo Zipoli, direttore del Dipartimento di studi euro-asiatici, fa seguito ad analoghe, e contestate, iniziative assunte in altre università europee, dall’Open University britannica a Paris VI. I firmatari respingono decisamente le accuse di antisemitismo e pongono l’accento sulla necessità di lanciare segnali di solidarietà concreta con il popolo palestinese sottoposto, affermano, ad una brutale repressione da parte israeliana.

"I sostenitori del boicottaggio sembrano dimenticarsi che Israele è un Paese sottoposto a continui, devastanti attacchi terroristici che hanno provocato in due anni oltre 700 morti, in maggioranza civili inermi. La loro ripulsa verso Israele va ben oltre la critica alla politica di un governo democraticamente eletto", sottolinea il professor Yuval Shteinitz, uno degli intellettuali di punta vicini al Likud, il partito del primo ministro Sharon. Ad essere colpiti, e indignati, maggiormente sono gli intellettuali e i docenti israeliani che più si sono battuti per il dialogo: "Le università israeliane sono istituzioni autonome, spesso in conflitto con le autorità governative. Ai boicottatori consiglio di chiedere informazioni in proposito a quegli intellettuali palestinesi, come Sari Nusseibeh, che a più riprese hanno sottolineato il ruolo positivo che le università israeliane hanno avuto nel farsi promotrici di iniziative di dialogo e di conoscenza reciproca" avverte Shlomo Ben Ami, ex ministro degli esteri laburista e docente all’Università di Tel Aviv. "La cultura – aggiunge – è uno strumento di dialogo e di contaminazione reciproca. Spuntare quest’arma è un atto autolesionistico, controproducente che non fa che accrescere sospetti e diffidenze verso l’Europa".
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