Biden in Medio Oriente. Finalmente! 14/07/2022
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno
Biden in Medio Oriente. Finalmente!
Analisi di Antonio Donno

Will President Biden play an active role in Israel's election campaign?
Joe Biden - Yair Lapid

Gli incontri che Biden avrà in Medio Oriente durante la sua visita di questi giorni rompono una lunga assenza degli Stati Uniti dalle problematiche della regione. Le ragioni sono due. Innanzitutto, la questione iraniana, sempre più complessa a causa dell’evidente rifiuto di Teheran di concludere i negoziati di Vienna; il regime di Raisi, con ogni evidenza, non vuole neppure tornare ad accettare il Joint Comprehensive Plan of Action del 2015, Obama presidente, che pure aveva consentito, con vari sotterfugi e ostacoli, di procedere nel programma nucleare. In secondo luogo, la ripresa piena delle relazioni con l’Arabia Saudita, ora più che mai necessarie (petrolio) a causa della guerra in Ucraina.

     Per ottenere questo secondo obiettivo o per avviarlo a buon fine Biden si servirà degli Accordi di Abramo, stipulati tra Israele e alcuni Stati arabi sunniti ai tempi di Trump. A suo tempo, non tutto il Partito Democratico, la sinistra in specie, aveva visto di buon occhio quegli accordi, a causa del fatto che escludevano ogni riferimento alla questione palestinese e alla sua possibile soluzione. Ma inserire quella questione nel contesto degli accordi avrebbe, di fatto, portato a una inconcludenza negoziale, in quanto mai Gerusalemme avrebbe accettato di includere quel problema nei documenti conclusivi; probabilmente, neanche gli stessi Paesi arabi firmatari. Riad non volle firmare quegli accordi proprio perché non contenevano alcun riferimento alla questione palestinese.


     Ora, l’intento di Biden è di far capire ai sauditi che il pericolo iraniano è sempre più incombente sul Medio Oriente e che la vendita di droni alla Russia è un esempio, tra gli altri, della forza militare di Teheran, compresa l’arma nucleare, nella sostanza ormai in possesso del regime degli ayatollah. Occorre, dunque, che l’Arabia Saudita si decida ad aderire agli Accordi di Abramo e che, quindi, il blocco dei Paesi arabi sunniti sia compatto nei confronti della minaccia iraniana. Quanto alla questione palestinese, tutto dipenderà da quanto il governo israeliano sia disposto a discutere. Il fatto che Yair Lapid sia di passaggio nella guida del governo in vista delle ennesime elezioni politiche di Israele nel prossimo novembre fa pensare che nulla si muoverà sino a quella data.

     Tornando al primo punto di questo articolo, oggi più che mai gli Accordi di Abramo hanno un’importanza che molti osservatori occidentali hanno finora sottovalutato, in particolare quelli che hanno considerato che l’assenza di qualsiasi riferimento a una possibile soluzione della questione palestinese avrebbe reso di scarso peso politico quegli accordi. L’intento di Biden, allora, è di smuovere la situazione rafforzando quelle intese con l’ingresso di Riad nel novero degli aderenti firmatari. Ma v’è un’altra ragione che ha spinto Biden a recarsi nel Medio Oriente. Dopo il ritiro deludente di Washington dall’inferno afghano, la posizione americana nella regione, intesa in senso lato (il “Grande Medio Oriente”), si è molto indebolita. Ora, l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin ha dimostrato le mire espansionistiche di Mosca e il fatto che il regime di Teheran si sia ben guardato dal condannarla (oltre alla vendita di droni alla Russia) vuol significare che Teheran è pronta a stabilire una relazione ancor più forte con Mosca, condividendo intenti egemonici nel Medio Oriente, Erdogan permettendo. Questa situazione allarma gli Stati Uniti, che si sono resi conto finalmente che il ritiro dal Medio Oriente è stato negativo. Il rifiuto di Raisi di tornare agli accordi del 2015 rappresenta un ennesimo fallimento dell’Amministrazione Biden nella regione, uno schiaffo politico estremamente grave per gli Stati Uniti. Di qui il viaggio del Presidente americano nella regione.

     L’intervento americano nel conflitto ucraino, con l’invio di armi sempre più potenti a Kiev, ha un significato che va oltre la questione russo-ucraina in senso stretto: è un avvertimento alla Russia per il suo possibile sostegno alle mire imperialistiche di Teheran nel Medio Oriente. Dipenderà anche dagli esiti del conflitto in Ucraina. Importante, comunque, che l’Amministrazione Biden abbia riconsiderato i propri errori precedenti e abbia preso atto che la presenza americana in uno scacchiere fondamentale delle relazioni internazionali come il Medio Oriente è imprescindibile.

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