Vietare l'antisionismo: è possibile? E’ così auspicabile? 10/07/2022
Analisi di Ben Cohen
Autore: Ben Cohen
Vietare l'antisionismo: è possibile? E’ così auspicabile?
Analisi di Ben Cohen

(traduzione di Yehudit Weisz)

https://www.jns.org/opinion/banning-anti-zionism-feasible-desirable/

La giustizia europea non ha ancora capito la pericolosità dell'antisionismo,  maschera dell'antisemitismo | Focus On Israel
Una delle principali differenze tra il sistema di governo democratico americano e quello europeo è l'assenza in Europa di una garanzia di libertà di parola in stile Primo Emendamento. Negli Stati Uniti, ad esempio, è perfettamente legittimo che un neonazista o un islamista neghi la Shoah e nel contempo esibisca simboli che incitano all’odio, mentre in Europa tali attività potrebbero teoricamente portare a una pena detentiva. L'Europa, in generale, considera l'incitamento all'odio e i gesti di odio come una forma di criminalità; evita l'approccio americano secondo cui tali eccessi dovrebbero essere protetti, per quanto offensive possano essere le parole o le immagini. E quindi, vale la pena esaminare se le espressioni antisioniste di antisemitismo - negare il diritto di Israele di esistere, paragonare Israele alla Germania nazista e così via - debbano anche ricadere sotto la competenza dei tribunali europei, piuttosto che essere messe alla prova dall'opinione pubblica. Qui sorgono due domande distinte: sono possibili sanzioni legali per l'antisionismo? E sono esse auspicabili? Queste tematiche non sono del tutto astratte. In Germania e nel Regno Unito, ad esempio, la manifestazione annuale “Al Quds Day” (“Giornata di Gerusalemme”) sponsorizzata dal regime iraniano negli ultimi anni è stata bandita, soprattutto perché il suo aperto appello alla distruzione di Israele è invariabilmente accompagnato da volgare retorica antisemita. L'ultima volta che il raduno venne organizzato a Berlino, nel 2019, uno dei suoi organizzatori disse ad un contro-manifestante ebreo che “Hitler dovrebbe tornare e uccidere tutti gli ebrei”.

Il paradosso dell'attuale antisemitismo – L'Italia Che Verrà

Mentre a Londra nel 2017, gli appelli per l'eliminazione di Israele furono utilizzati come perfetta copertura per un oratore, che rivolto alla folla, stava dicendo che i “sionisti” erano direttamente responsabili del devastante incendio che aveva distrutto un complesso di edilizia popolare nella parte occidentale della città durante quello stesso anno. Dopo diversi anni di pressione e di denunce da parte di rappresentanti ebrei, le autorità alla fine hanno capito che, almeno nel caso del raduno dell’ “Al Quds day” , l’antisionismo non era un qualsiasi appello liberale per i diritti umani dei palestinesi, ma un mezzo per attaccare gli ebrei locali e lo Stato di Israele in un colpo solo. Questa osservazione dovrebbe servire a ricordare che le principali vittime dell'attivismo antisionista, in particolare la campagna del BDS che cerca di isolare Israele dalla comunità internazionale, non sono state le imprese israeliane, ma gli ebrei che vivono nelle comunità della diaspora. Soprattutto nei campus, gli appelli al boicottaggio di Israele hanno spesso comportato soprusi nei confronti di singoli ebrei che, sebbene possano simpatizzare con lo Stato ebraico, non ne sono cittadini. Dopo il conflitto di 11 giorni a Gaza tra Israele e Hamas nel maggio del 2021, le molestie hanno assunto una forma sempre più violenta. Su entrambe le sponde dell'Oceano Atlantico lo scorso anno, lo slogan "Palestina libera" è diventato inseparabile dagli attacchi fisici agli ebrei, dagli slogan antisemiti e dalle altre nefandezze che hanno accompagnato queste apparenti manifestazioni di “solidarietà.” Ciò che questi esempi suggeriscono è che il confine tra retorica antisionista e incitamento all'odio è davvero indistinto, mentre il rapporto causale tra tale retorica e violenza antisemita, purtroppo, è diventato ormai consolidato. Un politico europeo chiede ora che l'istigazione antisionista sia perseguita più o meno allo stesso modo delle espressioni di antisemitismo o razzismo tradizionali. Incontrando la scorsa settimana un gruppo di ebrei americani in visita, il sindaco di Madrid Isabel Díaz Ayuso, li ha informati di aver presentato un emendamento alla strategia globale dell'Unione europea per combattere l'antisemitismo, che criminalizzerebbe gli appelli per la distruzione di Israele. Sebbene i dettagli esatti della proposta non siano stati indicati, è ragionevole presumere che uno slogan come "Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera", che è precisamente un appello alla distruzione di Israele, ricadrebbe teoricamente in una violazione della legge. Lo stesso varrebbe per le bandiere e gli striscioni che mostrano la Stella di David di Israele barrata o sostituita con una svastica nazista. Come sappiamo dai raduni di “Al Quds Day” e dalle manifestazioni filo-palestinesi dell'anno scorso, ovunque appaiano tali slogan, non manca la violenza antisemita. Tuttavia, non tutti gli aspetti di questo problema sono così facilmente analizzabili. Dovrebbero essere bandite anche le organizzazioni che sponsorizzano queste attività? Ancora una volta, questa non è una domanda astratta; a marzo, il Ministro dell'Interno francese Gérald Darmanin ha messo al bando due organizzazioni filo-palestinesi per aver promosso "odio, violenza e discriminazione", sebbene tale decisione sia stata in seguito ribaltata attraverso un ricorso legale. In sostanza, Darmanin è stato costretto a rendersi conto che le sue preoccupazioni sull'incitamento all'antisemitismo si scontravano con le preoccupazioni di altri sulla libertà di parola e di riunione.

Questi diritti non possono essere facilmente respinti, anche quando l'argomento è qualcosa di oltraggioso come il movimento BDS, che si basa su una serie di invenzioni sulla natura di Israele: si tratta di un'entità razzista e coloniale in cui gli ebrei segregano e opprimono i palestinesi attraverso un contesto di apartheid. Non è chiaro se la proposta di Díaz Ayuso criminalizzerebbe coloro che avanzano questa argomentazione, ma a prescindere, è sconsigliabile farlo. Quegli accademici ed esperti che sviliscono Israele come uno Stato di apartheid, facendo attenzione allo stesso tempo di chiarire che disprezzano l'antisemitismo in tutte le sue forme, non saranno messi a tacere da tali misure e porteranno come motivo di orgoglio divieti o restrizioni. Piuttosto che cercare di criminalizzare l'antisionismo in toto, i governi europei farebbero meglio a isolare quegli aspetti che possono essere trattati senza complicazioni dalla legge, come impedire l'esposizione pubblica delle bandiere di Hezbollah o Hamas sulla base del fatto che queste incitano alla violenza e promuovono le organizzazioni antisemite, e a consentire alla società civile di giudicare maggiormente i dibattiti politici. La rappresentazione di Israele come uno Stato di apartheid è sbagliata e immorale, ma non dovrebbe essere illegale, per il semplice motivo che il vietare certi tipi di discorsi apre verso ulteriori, inaspettate restrizioni. Inoltre, la causa della difesa di Israele sarebbe gravemente compromessa, forse fatalmente, dalla chiusura delle associazioni antisioniste. Come abbiamo scoperto negli ultimi due decenni, i dibattiti e le discussioni con questi gruppi sono frustranti e spesso inutili, eppure non c’è altro che possa sostituirli. Se l'obiettivo è persuadere il grande pubblico che l'esistenza di Israele rappresenta un fattore positivo per il mondo, allora la repressione della libertà di parola degli avversari di Israele invia il segnale, anche se è il contrario di quello che pensiamo, e cioè che gli alleati dello Stato ebraico hanno perso le argomentazioni a suo favore.

Ben Cohen Writer - JNS.org
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate