Destra e sinistra per quel che valgono ancora
Ecco come vede la politica israeliana A.B. Yehoshua
Testata:
Data: 26/01/2003
Pagina: 14
Autore: un giornalista
Titolo: Intervista a A.B. Yehoshua
Dopo l’appello che alcuni intellettuali italiani hanno rivolto dalle pagine dell’Unità agli elettori israeliani circa l’opportunità di votare il candidato laburista Amram Mitzna l’unico politico -nell’immaginario di questi intellettuali – in grado di garantire la pace in Israele, riteniamo illuminante il pensiero di uno fra i più grandi scrittori israeliani, pacifista ed anch’egli sostenitore di Mitzna, A.B. Yehoshua.

Riportiamo alcuni stralci dell’intervista che lo scrittore ha rilasciato al quotidiano l’Unità del 26 gennaio a pagina 14.

"Oggi non si può più parlare in termini di sinistra uguale disponibilità alla pace e di destra uguale guerrafondai e oppressori. Questa equazione non funziona più perché non corrisponde alla realtà. E’ troppo schematica, ideologica e per ciò stesso fuorviante. Oggi ci sono persone che – con intensità diverse, ovviamente, - appartengono ad un ampio fronte per la pace, al quale si contrappone un fronte nazionalista intransigente. Quando i palestinesi saranno pronti e lo dimostreranno con i fatti, il fronte della pace supererà le barriere classiche fra destra e sinistra e condurrà il popolo ai necessari compromessi, peraltro in gran parte accettati da molti esponenti della destra, primo fra tutti proprio Ariel Sharon che ha più volte ripetuto di accettare l’idea che, a conclusione del processo di pace, sorgerà uno Stato palestinese.

La dinamica del dopo-elezioni potrebbe risultare molto strana: un Partito Laburista anche molto più debole di quanto non lo sia oggi, potrebbe rivelarsi necessario al Likud ancor più che nel passato, al punto di poter alzare il "prezzo" programmatico per la sua entrata nel governo. Vede, se c’è una cosa che rimprovero a Mitzna, di cui peraltro resto un convinto sostenitore, è proprio quella di aver chiuso completamente le porte all’unità nazionale; fosse stata la sua anche solo un’apertura formale, tattica, che avesse posto a priori condizioni che riflettano il programma laburista, beh, già questo sarebbe stato un atto politicamente rilevante. E invece Amram ha commesso un errore sia sul piano strettamente politico, che sul piano, altrettanto importante, dell’immagine, laddove una delle accuse ricorrenti al partito laburista è proprio quella di essere l’espressione di settori della società elitari e classisti. Dire in sostanza"io con voi del Likud non mi siedo al governo" può essere interpretato come un segno aristocratico di superiorità e come tale rigettato dai settori più popolari del Paese. Il fatto è che il vecchio Partito laburista, che per oltre 40 anni ha identificato sé stesso ed è stato identificato a sua volta nello Stato, questo partito della borghesia ashkenazita e del collettivismo dei kibbutznik, non ha saputo o non è riuscito ad entrare in contatto e a rappresentare una società multietnica, più frammentata sia sul piano sociale che su quello culturale; una società delle mille appartenenze che in pochi decenni ha trasformato profondamente caratteri e identità di Israele. Da questo punto di vista, il Labour è stato visto, penso ad esempio agli ebrei russi o ai sefarditi, come forza chiusa, impenetrabile, se non addirittura ostile. Un freno e non uno strumento per la promozione sociale dei più umili. E il divario etnico è sempre più coinciso con un divario di classe. Non poteva certo bastare l’individuazione di un nuovo leader, per quanto capace ed onesto, a ricucire uno strappo tanto profondo e diffuso. Non si affronta, e tanto meno si risolve, in pochi mesi un problema così complesso come quello di un più ampio radicamento sociale del Partito laburista e, più in generale, della sinistra."