Addio all'arma del petrolio 19/06/2022
Analisi di Ben Cohen
Autore: Ben Cohen
Addio all'arma del petrolio
Analisi di Ben Cohen

(traduzione di Yehudit Weisz)

https://www.jns.org/opinion/goodbye-to-the-oil-weapon/

Quando finirà il petrolio? - Energitù

Da bambino negli anni '70 e '80, ricordo che gli adulti intorno a me avevano una spiegazione standard del perché così tanti Paesi in tutto il mondo tenevano Israele a debita distanza. Era, mi spiegavano, qualcosa chiamato “arma del petrolio.” I Paesi arabi erano seduti su un sacco di petrolio e potevano aumentare i prezzi bruscamente e senza preavviso nel caso fossero stati offesi da qualcosa che Israele avesse detto o fatto. Hanno fatto esattamente questo nell'autunno del 1973, quando Israele dovette combattere un'altra guerra di sopravvivenza contro l’unione degli eserciti arabi. Durante quel conflitto, le nazioni arabe esportatrici aumentarono il prezzo del petrolio del 70% e diminuirono la produzione, nel tentativo di ridurre drasticamente l’approvvigionamento a quei Paesi che sostenevano Israele, lontani dallo Stato ebraico. Da questo episodio era nata una narrativa. Israele era un coraggioso nuovo arrivato sulla scena internazionale, dotato di un esercito efficiente e di una popolazione assai motivata, con un livello di istruzione elevato, ma poco altro. Nel frattempo, i suoi avversari arabi grondavano di entrate petrolifere e raccoglievano i benefici politici ed economici di questo vantaggio. Quindi, mentre la guerra del 1973 ha dimostrato che le ambizioni arabe di cancellare Israele dalla carta geografica non sarebbero state facilmente realizzate, allo stesso tempo ha evidenziato quella che secondo molte persone sarebbe stata una situazione permanente: la ricchezza araba e la dipendenza dei Paesi occidentali dal petrolio arabo significavano che per quanto riguarda la diplomazia internazionale, gli interessi di Israele sarebbero stati un elemento secondario.

Petrolio: caratteristiche e proprietà

È molto raro che una situazione resti congelata nello spazio e nel tempo, invece di evolversi e cambiare. Quasi 50 anni dopo la guerra del 1973, le risorse energetiche del Medio Oriente sono ancora molto apprezzate dai consumatori esterni, ma il vantaggio non è più interamente sbilanciato verso la parte araba. La scorsa settimana, nella capitale egiziana del Cairo, ha avuto luogo quello che la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha definito un “momento speciale.” E’ stato concordato un Memorandum d'intesa tripartito tra Unione Europea, Israele ed Egitto per consentire, per la prima volta, l'esportazione di gas naturale israeliano verso le nazioni europee. Al momento, circa il 40% del gas naturale consumato in Europa proviene dalla Russia e questo fornisce a Mosca la leva assolutamente necessaria in un momento in cui sta affrontando l'ira occidentale per la sua brutale invasione dell'Ucraina. Israele è uno dei Paesi a cui l'UE si è rivolta per trovare una soluzione. La cerimonia della firma al Cairo è stata “ancora più impressionante se si guarda alla serie di accordi significativi che abbiamo firmato lo scorso anno, posizionando Israele e l'economia energetica e idrica israeliana come un protagonista nel mondo”, ha osservato Karine Elharrar, il Ministro dell'Energia di Israele. Cinque decenni fa, l'idea che un politico israeliano potesse dire parole come queste con una faccia seria avrebbe fatto sorridere. Ora non più. L'accordo vale 290 milioni di dollari l'anno e attingerà dai due giacimenti di gas naturale al largo della costa mediterranea di Israele, che contengono circa 690 miliardi di metri cubi di gas naturale. Rispetto agli standard dei contratti energetici del passato, questo è relativamente modesto in termini fiscali, ma è una solida piattaforma su cui costruire.

L'idea, un tempo bizzarra, di Israele come una delle potenze energetiche mondiali sta gradualmente prendendo forma. Ecco perché è importante che Israele colga i vantaggi politici del suo nuovo status, che sono potenzialmente molto più grandi di semplici opportunità di visibilità, calorosi sorrisi e rassicurazioni reciproche con i leader dell'UE. Prima della firma dell'accordo al Cairo, von der Leyen ha visitato sia Gerusalemme che Ramallah per colloqui con i leader israeliani e palestinesi. Mentre era a Ramallah, ha annunciato accanto al Primo Ministro palestinese Muhammad Shtayyeh che, a seguito di un voto della Commissione Europea avvenuto la sera prima, sarebbero stati svincolati oltre 200 milioni di dollari di aiuti all'Autorità palestinese che erano stati precedentemente congelati. A differenza dell'accordo sul gas naturale, questo è stato un passo indietro. Il motivo per cui il finanziamento è stato congelato nel 2021 era perché Bruxelles aveva finalmente registrato che i suoi soldi venivano spesi in scuole palestinesi dove i libri di testo per bambini sono pieni di immagini e messaggi grottescamente antisemiti; problemi di matematica con attentatori suicidi come protagonisti, esercizi grammaticali in cui la risposta da considerare prevedeva un atto di violenza contro israeliani; e, naturalmente, lezioni storiche e religiose che sottolineano che gli ebrei non hanno alcun diritto storico sulla terra di Israele e li demonizzano come coloni e intrusi. Secondo i palestinesi, i fondi dell'UE stanno per essere erogati senza alcuna condizione. Gli stessi europei, tuttavia, non hanno avanzato questa condizione. Come ha sottolineato IMPACT-se, una ONG israeliana che monitora il curriculum palestinese, data “l'importanza della riforma dei libri di testo dell'AP per il Parlamento [europeo] e la Commissione, si può solo presumere che un congelamento parziale dei finanziamenti per rimuovere l'istigazione all’odio dai libri di testo, rimanga sul tavolo delle trattative.” Se l'UE vuole ridurre la sua dipendenza dal gas russo rivolgendosi a Israele come fornitore alternativo, Israele ha il diritto di porre alcune condizioni politiche all'accordo. Astenersi dal finanziare un sistema educativo che incoraggi i palestinesi ad attaccare e uccidere cittadini israeliani dovrebbe essere, si potrebbe pensare, una decisione semplice per gli europei. Nel prevedere questa particolare condizione, Israele non cercherebbe un vantaggio finanziario, territoriale o di altro tipo che potrebbe invogliare un altro Paese ad assumere una posizione simile. Sarebbe semplicemente affermare, come ha fatto sin dalla sua fondazione, il suo diritto a essere trattato con rispetto come uno Stato sovrano. L'UE è impegnata per una soluzione a due Stati e per progettare la trasformazione dell'Autorità Palestinese in uno Stato a tutti gli effetti accanto a Israele. Secondo il principio del “pay to play”, il blocco deve mantenere la sua posizione di principale finanziatore dell'AP se vuole preservare la sua influenza. Ma per quanto riguarda i libri di testo scolastici, quel principio è forse meglio inteso come “paga per uccidere” perché i contribuenti dell'UE hanno sovvenzionato il violento atteggiamento di rifiuto insegnato nelle scuole palestinesi. Ora che Israele ha la sua versione dell'arma petrolifera, non c'è più motivo di tollerare ulteriormente questa situazione.

Ben Cohen Writer - JNS.org
Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate