La nuova politica internazionale degli Stati Uniti di Biden
Analisi di Antonio Donno
Joe Biden
Joe Biden vuole la guerra. Egli sta riportando gli Stati Uniti al vecchio ruolo di dominatori del mondo e, di concerto con alcuni Paesi dell’Occidente, vuole una nuova Guerra Fredda per ristabilire il controllo globale dell’economia e della politica mondiali. La guerra in Ucraina è solo un pretesto, è solo l’inizio di un nuovo interventismo americano sull’intera scacchiera delle relazioni internazionali. Gli anti-americanisti di ogni versante politico sono tornati alla carica, dopo gli anni delle presidenze Obama e Trump, durante le quali il disimpegno americano aveva eccitato le loro menti e fatto apprezzare sempre di più i progetti egemonici di Putin e di Xi Jinping. L’era dell’America era terminata.
L’Amministrazione Biden, in effetti, tende a ristabilire un equilibrio mondiale in cui gli Stati Uniti possano avere un ruolo di primi attori e così riproporsi come punto di riferimento delle democrazie minacciate dai programmi espansionistici russo-cinesi. È un’impresa non facile, perché Mosca e Pechino, negli ultimi venti anni, hanno approfittato del ritiro americano dalla scena internazionale per estendere il proprio prestigio e acquisire nuovi alleati in ogni parte del mondo. È il “fascino dell’autoritarismo”, come recita il sottotitolo dell’ultimo, imprescindibile libro di Anne Applebaum, Il tramonto della democrazia. Il fallimento della politica e il fascino dell’autoritarismo (Mondadori, 1921). Dove la democrazia declina, scrive Applebaum, l’autoritarismo conquista adepti, senza ricorrere alla violenza, come nel passato, ma con la demagogia e la corruzione.
La ripresa del dialogo tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, dialogo interrotto da Trump, ha rimesso in campo il problema fondamentale della difesa dell’Occidente dall’assalto russo-cinese in vari settori politico-economici del pianeta. E la crisi ucraina ha dato concretezza a questa ripresa. Essa si colloca in una parte dell’Europa che, uscita dal controllo sovietico, ha dato vita, però, a regimi falsamente democratici, come in Ungheria e Polonia, dove i partiti al potere, scrive Applebaum, “hanno compiuto passi non da poco verso la distruzione delle istituzioni indipendenti, ed entrambi hanno coperto di benefici i loro membri” (p. 22). Lo stesso fenomeno si è verificato in Ucraina, ma la caduta del regime corrotto filo-sovietico ha portato al potere, con libere elezioni, un governo che si è allontanato dalla tutela di Mosca. Di qui l’invasione del Paese da parte di Putin e l’intervento della Nato e degli Stati Uniti, insieme agli altri membri dell’Unione Europea. Così, la crisi ucraina ha consentito a Washington e ai suoi Alleati di rimettere in moto una politica internazionale congiunta verso una parte dell’Europa pericolosamente controllata da demagoghi d’ogni specie, tutti vicini a Putin.
Tale congiunzione di interessi si sta attuando verso l’immensa regione dell’Indo-Pacifico, minacciata dall’espansionismo egemonico della Cina. Su tale argomento, il 26 maggio, Antony Blinken, Segretario di Stato americano, ha tenuto alla George Washington University un lungo, importante discorso, la cui premessa è consistita nel progetto di Stati Uniti e altri paesi occidentali di difendere lo sviluppo democratico nel mondo dall’espansione dell’egemonia autocratica cinese, che alla repressione interna sta affiancando una crescente aggressività nell’arena internazionale, in particolare nell’immensa regione che va dal Mar Cinese meridionale all’Oceano Indiano. Nel 2007 India, Giappone, Australia e Stati Uniti firmarono il “Quadrilateral Security Dialogue” (Quad), che tuttavia è rimasto senza sviluppo fino al 2017, quando i quattro hanno rinnovato il loro impegno per un “Indo-Pacifico libero e aperto”, in funzione anti-cinese. Ma Biden ha voluto rafforzare questo dialogo, ravvisando nel governo cinese e nelle affermazioni di Xi Jinping sulla appartenenza di Taiwan alla Repubblica Popolare Cinese un più vasto progetto egemonico sull’Indo-Pacifico. Così, accanto al Quad, Biden ha deciso di dar vita a un nuovo partenariato strategico-militare tra Stati Uniti, Gran Bretagna e Australia, l’“Australia, United Kingdom, United States Security Treaty” (Aukus), nel quale è prevista, tra l’altro, la fornitura all’Australia di sottomarini a propulsione nucleare. La Cina non ha gradito affatto questo trattato. Washington, dunque, si sta muovendo per fronteggiare le mire egemoniche globali della Russia e, soprattutto, della Cina. Ma siamo ancora all’inizio.