Putin, l’Ucraina e il Medio Oriente: i possibili intrecci
Analisi di Antonio Donno
Vladimir Putin
I negoziati di Vienna tra l’Iran e gli Stati Uniti (più Russia, Cina, Francia, Regno Unito e Germania) languono. Finché non saranno noti definitivamente i contenuti conclusivi, sarà impossibile avere un quadro preciso della situazione del Medio Oriente quale scaturirà dagli accordi. La guerra in Ucraina ha bloccato lo sviluppo e la conclusione degli incontri negoziali tra le parti. Come è noto, la Russia fa parte del blocco che discute con la controparte iraniana e, di conseguenza, l’impegno sempre più gravoso di Mosca nella guerra con l’Ucraina, appoggiata militarmente da diversi paesi occidentali, rappresenterà un ostacolo pesante per la conclusione dei negoziati. Si può ragionevolmente ipotizzare che Putin utilizzerà la presenza della Russia nei negoziati di Vienna per ottenere vantaggi negli eventuali negoziati sul problema dell’Ucraina. Se la Russia prenderà una posizione drastica a favore dell’Iran a Vienna, gli altri Paesi del gruppo (esclusa la Cina) si troveranno in difficoltà di fronte al ricatto che Putin metterà in campo per ottenere vantaggi sul problema dell’Ucraina.
Intanto, però, gli attacchi terroristici contro Israele continuano, attacchi finora giudicati opera di singoli individui. E tuttavia, non è improbabile che dietro le azioni singole vi sia un nuovo piano dell’Iran, che in questo modo non potrà essere accusato di sollecitare il terrorismo delle proprie fazioni impegnate contro Israele, come quella degli Hezbollah. D’altro canto, per ora, Hamas e la Jihad islamica tacciono, anch’esse, probabilmente, in attesa della conclusione dei negoziati. Al loro posto, dunque, agiscono individui apparentemente isolati. La morte della giornalista filo-palestinese Shireen Abu Akleh non ha fatto altro che aumentare la tensione nella West Bank.
Di fronte agli attentati palestinesi, Israele sta rispondendo come nel passato, con decisione. Le difficoltà di Gerusalemme sono tutte nell’attuale governo in carica, ormai quasi senza maggioranza. È possibile che l’attuale crisi del governo di Israele sia utilizzata dalla controparte palestinese con la recrudescenza del terrorismo, al fine di creare le condizioni politiche per il crollo del governo israeliano e l’apertura di una crisi politica? E tutto ciò, in attesa degli esiti dei negoziati di Vienna? Tutto è possibile in uno scacchiere, come quello mediorientale, in una condizione di perenne instabilità. L’unico dato certo sono gli Accordi di Abramo tra Israele e alcuni Paesi arabi sunniti, nemici dell’Iran. Anche a questo proposito Vienna potrà essere cruciale.
Una responsabilità molto pesante è sulle spalle del governo Biden. I negoziati di Vienna finiranno per incrociarsi con quelli sulla questione ucraina, se Putin intende tirare avanti con la guerra fino al momento in cui le due questioni avranno punti di contatto sul piano delle reciproche concessioni negli accordi finali. L’Iran ha ormai forti legami con la Russia ed è probabile che Putin chieda a Teheran di far scivolare i negoziati di Vienna a questo scopo. Gli Stati Uniti dovranno dissociare le due questioni e tenere ferme e distinte le proprie posizioni. È ciò che spera Israele. In caso contrario, se l’Iran dovesse uscire dai negoziati senza danni, il terrorismo organizzato di Hezbollah, Hamas e Jihad islamica riprenderebbe la sua azione contro Israele, con Washington che si limiterebbe a guardare gli eventi.
Il ritiro di Washington dalle problematiche dello scacchiere mediorientale potrà avere conseguenze imprevedibili per Israele. Netanyahu lo aveva previsto e, per questo motivo, aveva messo in moto un’operazione politica di ampio respiro che aveva portato agli Accordi di Abramo, condannati da Iran e dai suoi adepti per ovvi motivi. Per Israele è questa l’unica certezza politica che gli viene dall’area mediorientale di fede sunnita. Per quanto riguarda le questioni interne, l’attuale governo non potrà durare a lungo, se non riceverà il sostegno di singoli deputati provenienti dall’area politica contrapposta. Altrimenti, si dovrà procedere con nuove elezioni; ma non è detto che il quadro politico israeliano risulterà modificato per consentire una maggioranza stabile.