UN RITIRO SENZA CONDIZIONI
UN RITIRO SENZA CONDIZIONI
Testata:
Data: 12/04/2002
Pagina: 9
Autore: un giornalista
Titolo: UN RITIRO SENZA CONDIZIONI
L'intervista che il Consigliere diplomatico di Arafat rilascia al quotidiano l'Unità il 12 aprile a pag. 9 è un durissimo atto d'accusa nei confronti del leader israeliano.
E' opportuno proporre alcuni punti di riflessione che evidenziano come il giornalista orienti alcune domande e ne eviti altre.
Dice Abu Sharif

Israele non può scambiare un negoziato con la nostra resa. Nessuno è disposto a trattare con una pistola puntata alla tempia".
Israele, dal canto suo, non è disposta a venire annientata, a vedere i suoi cittadini sterminati ogni giorno. Qualsiasi negoziato prevede l' impegno serio e duraturo di entrambe le parti a condurre trattative che non vengano puntualmente sconfessate da atti di violenza e stragi terroristiche.
Domanda del giornalista

"Cosa vi aspettate dal Segretario di Stato USA?" "Che ponga fine alla criminale aggressione condotta da Israele contro il popolo palestinese. Vent'anni dopo Sabra e Chatila, Sharon si è ripetuto innalzando di nuovo il terrorismo di Stato a politica
Evidentemente la storia non insegna nulla.
1) Innanzitutto Israele si sta difendendo da una aggressione continua fatta di stragi ed attentati da parte di kamikaze palestinesi.
2) Il fatto che Sharon sia stato dichiarato non direttamente responsabile di quei crimini non è sufficiente ad evitare che in ogni contesto il nome del leader israeliano venga associato, in modo del tutto strumentale e fazioso, a quei crimini atroci (di cui gli unici veri responsabili sono stati i cristiani maroniti).

Occorre fermare la mano di Sharon, imporre il ritiro delle truppe israeliane dalle aree rioccupate"

Sorge spontanea una domanda: "Dopo l'esperienza del Libano che ha visto il ritiro delle truppe israeliane ( iniziativa che peraltro non ha fermato gli attacchi degli Hezbollah), quale garanzia avrà lo Stato di Israele, una volta ritiratosi dai Territori, di vivere finalmente in pace e sicurezza?
Sarebbe stato interessante conoscere la risposta di Abu Sharif!
Ancora.

Queste azioni sono la risposta disperata ad una guerra scatenata da Israele nei Territori"
Perchè il giornalista non ribatte che gli attentati avvenivano ben prima che l'esercito entrasse in azione e solo DOPO la gravissima strage di Netanya ha preso avvio l'operazione Muraglia di Difesa?
Ecco l'ultima perla.

Sharon vorrebbe la morte di Arafat......Arafat non è il problema da rimuovere ma una risorsa da utilizzare per porre fine a questa disperata guerra"

Se eliminare Arafat fosse stato fra gli obiettivi di Sharon è logico supporre che non avrebbe avuto alcuna difficoltà a realizzare il suo "scopo" (considerando l'impiego di forze armate che circondano il bunker del Raiss).
Quello che Sharon ed ogni israeliano si auspica è invece una presa di posizione decisa contro il terrorismo e perciò fino a quando ciò non avverrà è del tutto ridicolo pensare ad Arafat come ad una "risorsa". Al termine dell'articolo una frase di Abu Sharif è rivelatrice del suo modo di pensare: "E' con Arafat che Israele dovrà negoziare la pace, una pace giusta se vuole la sicurezza".
Suona effettivamente come una minaccia, ma il giornalista non risponde che, se Israele deve negoziare con Arafat, anche i palestinesi devono trattare con Sharon e quindi continuare a demonizzarlo e a distruggerne l'immagine trattandolo come responsabile di crimini di guerra non porterà mai a quella pace e a quella civile convivenza che ogni israeliano e certamente molti palestinesi si auspicano.


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