LA COLOMBA RISORTA
LA COLOMBA RISORTA
Testata:
Data: 15/04/2002
Pagina: 3
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Arafat condanna i terroristi
il giornalista De Giovannangeli commenta le dichiarazioni del leader palestinese
"Dopo la strage del mercato di Gerusalemme (7 morti, 6 civili israeliani e la kamikaze, Andaleb Khalil Takatka, una sarta ventenne), dopo le angoscianti notizie che giungono dall'inferno di Jenin, la diplomazia riapre uno spiraglio al dialogo
Innanzitutto viene da chiedersi: Chi sono gli altri 6 civili israeliani? Della kamikaze palestinese si conosce persino la professione ma i morti israeliani non hanno neppure un nome!
Di questo spiraglio al dialogo si fa portavoce Richard Bouche che mette in evidenza gli "elementi positivi" della dichiarazione palestinese, una dichiarazione che (il giornalista evita di sottolinearlo) giunge dopo più di 150 morti israeliani nell'ultimo mese, centinaia di feriti e, guarda caso, proprio nel momento in cui Colin Powell arriva a Gerusalemme e si trova ad assistere dal suo elicottero allo scempio di corpi umani polverizzati dall'esplosivo della signora Andaleb Khalil Takatka appartenente (che combinazione!) alle milizie dei martiri di Al Aqsa, gruppo affiliato al partito di Arafat, Al Fatah.
Esaminiamo ora un breve passaggio del comunicato di Arafat:

"Noi rifiutiamo la violenza ed il terrorismo contro i civili quale mezzo per ottenere risultati politici. Noi condanniamo con forza le operazioni violente dirette contro gli israeliani, in particolare l'ultima operazione a Gerusalemme?.."
Se si pensa che da settembre 2000 Arafat non ha perso occasione per inneggiare al martirio dei kamikaze offrendosi più volte come shahid, se si pensa che per evitare di raggiungere quei risultati politici che ora richiama nel comunicato ha sbattuto la porta in faccia a Barak preferendo la strategia del terrore, se si pensa infine che proprio nel suo bunker sono state trovati documenti che confermano il suo coinvolgimento con gli attentati terroristici e ricevute di pagamento per ingenti quantitativi di armi ed esplosivi, qualche dubbio sulla sincerità delle sue affermazioni mi sembra più che lecito.
Scrive ancora De Giovanangeli:

A non farsi attendere ben prima della presa di posizione americana è stata la risposta israeliana. Di chiusura totale
Troppo dura ed ingiustificata l'affermazione del giornalista.
Come possono dimenticare gli israeliani che questa condanna viene proprio dal principale artefice del terrorismo che, se da una parte pubblica comunicati ad uso delle diplomazie internazionali, dall'altra fomenta ed appoggia il terrorismo?
Quella che il giornalista definisce "chiusura totale" è semplicemente un logico atteggiamento di prudenza ed attesa volto a verificare se a tali affermazioni seguiranno poi azioni concrete.
Ancora.

Nei 20 Km che separano Gerusalemme da Ramallah, Powell avrà modo di intravedere la sofferenza dei palestinesi sotto assedio da oltre un anno e mezzo
Per vedere invece la sofferenza degli israeliani è sufficiente che l'inviato americano percorra la stradina che costeggia il mercato Mahanè Yehuda: sul selciato sono ancora presenti le macchie di sangue e di ciò che è rimasto dei corpi dopo l'attentato di venerdì, oppure che osservi i resti dell'autobus sventrato due giorni fa le cui lamiere accartocciate si confondono con i brandelli di carne umana.
Prosegue il giornalista

L'ombra dell'asserito assedio di Jenin si proietta sulla missione impossibile del capo della diplomazia americana
"Asserito" da chi? Se si sono verificate delle violazioni dei diritti umani (ancora da accertare) spetterà ai giudici verificarlo e adottare le opportune misure nei confronti degli eventuali responsabili.
Non spetta alla stampa ergersi a giudice.
Infine "la solidarietà che i tre milioni e mezzo di palestinesi si attendono dall'America va ben oltre l'assistenza sanitaria (l'America ha destinato allo scopo 62 milioni di dollari e 30 milioni per l'organizzazione di soccorso dell'ONU). E' un atto politico, la riapertura di una prospettiva negoziale che ponga fine a questa sporca guerra".
Certamente occorre un atto politico ma che sia l'espressione della volontà concreta di Arafat di guardare il suo popolo e dirgli con fermezza: "Basta con la violenza e con la strategia degli attentati, i kamikaze sono assassini non martiri!"
Se questa è un'utopia, come temono gli israeliani, solo Arafat ha il potere di smentirli.


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