LA PAROLA AGLI INTELLETUALI PALESTINESI
LA PAROLA AGLI INTELLETUALI PALESTINESI
Testata:
Data: 19/04/2002
Pagina: 13
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: La disobbedienza civile? Un'arma efficace.
Il contenuto dell'articolo evidenzia le opinioni di alcuni dei più importanti esponenti del mondo della cultura palestinesi sulla strategia della non violenza.
Esaminiamo le singole posizioni.


Solo Sari Nusseibeh esprime considerazioni coraggiose benché la sua voce sia pressoché isolata:
" ????.."la pratica della non violenza, che non significa affatto pratica della rassegnazione è ben più efficace rispetto agli obiettivi che s'intende perseguire della lotta armata o peggio ancora del terrorismo indiscriminato".
E' comunque preoccupante che lo stesso Nusseibeh evidenzi una esplicita "intenzione " a perseguire obiettivi di violenza.
Hanna Ashrawi: "è perentoria: "Non vi è dubbio alcuno sul fatto che Israele stia oggi proponendo e praticando la peggiore logica militarista e colonizzatrice, che ha inficiato sin dal suo nascere lo stesso processo di pace. Di fronte ad una logica che conosce solo i rapporti di forza , che giustifica orrendi massacri come quello compiuto nel campo profughi di Jenin???.il terrorismo dei kamikaze viene vissuto da moltissimi palestinesi come l'arma dei poveri".
Ancora una volta si parla senza cognizioni di causa di "logica militarista" senza considerare che il popolo israeliano sta subendo da 18 mesi continui attacchi terroristici e, poichè il compito di ogni stato democratico è la difesa dei suoi cittadini, non si comprende quale altro "approccio" proporrebbe la Sig.ra Ashrawi per combattere il terrore che sta insanguinando le strade di Israle.
Ancora. Gli israeliani non stanno affatto colonizzando la terra in cui vivono: gli insediamenti che vi hanno costruito nel corso degli anni hanno consentito a popolazioni perseguitate di trovare un rifugio sicuro, nel quale sentirsi protetti.
Inoltre chi colonizza un paese sfrutta le risorse e la manodopera di quel luogo ma, elemento da non sottovalutare, può tornare in qualunque momento al paese dal quale proviene e dove ha una casa e una famiglia. Tutto questo non è mai stato concesso agli ebrei, costretti a fuggire dai pogrom russi e dalle persecuzioni e che avevano in Israele la loro unica patria.
E' particolarmente grave poi che proprio degli intellettuali giustifichino l'impiego dei kamikaze e, come naturale conseguenza, una strategia di morte e terrore.
Hanna Sinora, direttore del quotidiano arabo Al Fajir: "Far crescere una cultura ed una pratica della disobbedienza civile dentro una cultura di guerra senza regole, ha bisogno di tempo, di occasioni di incontro ??.che oggi sono del tutto cancellate dall'aggressione militare israeliana". Il giornalista avrebbe dovuto sottolineare che le occasioni di dialogo sono purtroppo cancellate dagli attentati che, quasi quotidianamente, colpiscono civili inermi nei bar, nelle pizzerie, nei mercati e quella che Siniora definisce "aggressione israeliana" è in realtà un'atto di difesa.
Insiste Hanna Ashrawi: "In questo momento il nostro unico interesse deve essere quello di mantenere in vita la questione palestinese, facendo quadrato attorno ad Arafat".
Anziché sperare nella possibilità di un avvicendamento dell'attuale leadership palestinese che ha generato solo terrore questa intellettuale propone di "fare quadrato" attorno ad Arafat:: un modo davvero costruttivo di analizzare il futuro dei rapporti fra israeliani e palestinesi!
Infine Bassam Abu Sharif, consigliere diplomatico di Arafat dice: " Sharon ed il suo Gabinetto di Guerra hanno operato per distruggere ogni spazio di dialogo e per annientare una dirigenza palestinese?????..Sharon ha finito per favorire le posizioni più estreme".
Ancora una volta la responsabilità della mancanza di dialogo viene rivolta a Sharon, il quale fungendo da capro espiatorio, deresponsabilizza ulteriormente il fronte palestinese.
Se queste sono le opinioni degli intellettuali palestinesi è difficile credere che, nel breve periodo, sia possibile realizzare quei ponti di dialogo che gli intellettuali israeliani si auspicano sinceramente e che dovrebbero condurre ad orizzonti di confronto costruttivi per entrambi i popoli.
Fino a quando la base di odio e intolleranza che i palestinesi provano per gli israeliani e gli ebrei di tutto il mondo non verrà sradicata la convivenza pacifica è destinata a rimanere a lungo un'utopia.


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