Il Mandato per la Palestina. Le radici legali dello Stato di Israele 06/05/2022
Recensione di Giorgia Greco
Autore: Giorgia Greco
Il Mandato per la Palestina. Le radici legali dello Stato di Israele
David Elber
Salomone Belforte editore
euro 25,00

“Il Sionismo è di vitale importanza a mio avviso, per il mondo. Perché una nazione senza un suo Stato è una anomalia e le anomalie portano guai”
Lord Robert Cecil


Il mandato per la Palestina. Le radici legali dello Stato di Israele -  David Elber - Libro - Belforte Salomone - Ricerche sull'antisemitismo e  sull'antisionismo | IBS

Conoscere i procedimenti giuridici, i sistemi politici e sociali che hanno determinato l’evolversi degli eventi storici è condizione imprescindibile per valutare il presente con equità e mettere a disposizione delle nuove generazioni gli strumenti per analizzare la Storia senza pregiudizi, con una dialettica che sia in grado di contrastare in modo efficace la disinformazione. Per questo il nuovo libro di David Elber (già autore di “Due pesi, due misure. Il diritto internazionale e Israele” - Salomone Belforte editore 2020), storico e ricercatore sui temi dell’antisemitismo e della storia di Israele e del Medio Oriente, pubblicato in questi giorni dalla stessa casa editrice con il titolo “Il Mandato per la Palestina. Le radici legali dello Stato di Israele” e la prefazione della scrittrice britannica Bat Ye’or, è uno strumento prezioso per contrastare una persistente distorsione della realtà dei fatti che identifica la nascita dello Stato di Israele come una decisione dell’ONU a partire dalla Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale del 1947. E’ da questa mistificazione che deriva l’errata convinzione che la presenza israeliana in Cisgiordania e nella West Bank rappresenti una violazione del Diritto Internazionale.

Con questo lavoro di ricerca sul Mandato per la Palestina, che prende le mosse dall’opera del professor Jacob Stoyanovsky, l’autore svolge “un’analisi approfondita delle origini e del riconoscimento internazionale delle radici storiche e legali dello Stato di Israele”. “Scopo di questo libro – scrive Elber nell’introduzione – è quello di ripercorrere i passi fondamentali che hanno preceduto la Risoluzione 181, in modo da fornire al lettore gli elementi storici e giuridici per poter ricostruire e comprendere i trent’anni “mancanti” che hanno posto le fondamenta e legittimato la nascita dello Stato di Israele nel 1948”. Dopo un’accurata descrizione della demografia dell’area, che alla fine della Prima Guerra Mondiale è divenuta prima il Mandato per la Palestina e poi lo Stato di Israele, in cui si confuta, con cartine e dati precisi, uno dei miti più radicati riguardanti il ritorno del popolo ebraico in Terra di Israele e cioè che esso sia avvenuto a scapito della popolazione araba insediata da tempo in quella terra, lo storico spiega come sia nata l’esigenza di creare il Mandato per la Palestina ripercorrendo i tre principi che costituiscono il presupposto del riconoscimento del popolo ebraico come nazionalità e della necessità di “ricostituire” in Palestina uno Stato nazionale ebraico: il principio di nazionalità del popolo ebraico, il suo storico legame con la Palestina (concetto questo utilizzato esclusivamente nel Mandato per la Palestina e in relazione unicamente al popolo ebraico) e il principio di National Home, ossia di Stato nazionale. Per quest’ultimo concetto occorre precisare che il primo documento ufficiale che riporta il termine National Home è la dichiarazione del governo inglese del 2 novembre 1917 nota come Dichiarazione Balfour. Sebbene in molti ambienti si creda che questa Dichiarazione abbia dato la Palestina al popolo ebraico, in realtà essa ha solo formalizzato qualcosa di già esistente: il diritto storico del popolo ebraico a vivere nella terra dei propri avi.

La terra di Israele e il diritto internazionale

Un capitolo interessante è dedicato alla conferenza di pace di Versailles e all’Articolo 22 del patto della Società delle Nazioni in cui Elber ricorda come il sistema dei Mandati internazionali creati con la Conferenza di pace di Versailles nasca da un compromesso tra le posizioni assunte da Francia e Gran Bretagna e i principi espressi dagli Stati Uniti con i Quattordici Punti enunciati dal presidente Wilson di cui i più salienti erano l’autodeterminazione dei popoli e l’abolizione dei trattati segreti. In un capitolo successivo l’autore esamina come è nato l’impianto legale, strettamente connesso alla creazione della Società delle Nazioni, e operativo del sistema dei Mandati internazionali, sorti dopo gli avvenimenti bellici della Prima Guerra Mondiale ricordando come fra le figure più importanti che portarono alla creazione del sistema mandatario, poi incorporato nel Patto della Società delle Nazioni, ci furono Lord Cecil, il presidente Wilson e il generale sudafricano Jan Smuts che fu il più importante artefice dell’Articolo 22, con il quale si inserì nel Patto l’intero impianto dei Mandati internazionali. Una volta condivisa l’esatta formulazione dell’Art. 22 che richiese qualche aggiustamento furono designate le categorie dei Mandati e solo in seguito approvati i relativi mandatari e i confini territoriali. L’autore analizza con chiarezza le tre categorie di mandati: quelli di classe A che corrispondevano ai territori appartenuti all’Impero ottomano (Libano, Siria, Palestina, Transgiordania e Mesopotamia (Iraq) e quelli di classe B e C che corrispondevano alle ex Colonie tedesche in Africa e in Estremo oriente e nell’ultima parte del capitolo spiega nel dettaglio le motivazioni politiche, legali ed economiche che resero più complessa da risolvere la questione dei Mandati di categoria A. E’ opportuno ricordare che la Conferenza di Sanremo che si aprì il 19 aprile 1920 fu decisiva per la creazione dei Mandati internazionali di categoria A, una “pietra miliare per la futura costituzione dello Stato di Israele”. Infatti, la risoluzione finale di questa Conferenza attribuiva alla comunità internazionale l’esecuzione dei due principi costitutivi del Mandato per la Palestina, ossia l’Articolo 22 della Società delle Nazioni e la realizzazione della Dichiarazione Balfour.

Elber esamina nel dettaglio l’organizzazione del Mandato per la Palestina, approvato dal Consiglio della Società delle Nazioni il 24 luglio 1922 e entrato in vigore il 29 settembre 1923, i compiti della Potenza mandataria e gli ostacoli che accompagnarono la creazione del Mandato stesso affidato alla Gran Bretagna, la quale ricevette tale incarico dalla Società delle Nazioni per realizzare l’indipendenza del Focolare Nazionale Ebraico, in conformità all’Articolo 22 del Patto della Società delle Nazioni che sancisce il principio di autodeterminazione dei popoli. In due capitoli molto interessanti che forniscono un ampio quadro storico l’autore si concentra sugli obblighi del mandatario nei confronti del Jewish National Home che vanno dal riconoscimento dell’Agenzia ebraica all’aspetto relativo all’immigrazione e all’insediamento sulla terra, oltre alla questione dei lavori pubblici e della nazionalità della popolazione ebraica. A questi si aggiungono gli obblighi nei riguardi del territorio e degli abitanti da amministrare nel loro complesso. Il saggio si chiude con una preziosa riflessione sulla Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale dell’ONU, con la quale la comunità internazionale intendeva trovare una soluzione al conflitto in atto in quella terra negli ultimi mesi di vita del Mandato per la Palestina. Fornendo approfondite basi storiche e giuridiche l’autore spiega come nel corso dei decenni, soprattutto a partire dagli anni ’70, questa Risoluzione sia diventata uno strumento politico per delegittimare la presenza del popolo ebraico nelle aree dove invece la sua presenza era legalmente sancita dal diritto internazionale.

Molto illuminanti sono le pagine in cui Elber analizza l’operato dei vari governi inglesi nei confronti del popolo ebraico mettendo in luce come dopo la Dichiarazione Balfour del 1917 e l’istituzione del Mandato del 1922 la loro posizione sia progressivamente diventata sempre più ostile nei confronti dei sionisti e filo araba fino a raggiungere il culmine nel 1939 con l’introduzione del “libro bianco” proprio alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale quando gli ebrei avrebbero avuto ancor più bisogno di immigrare in Palestina per sfuggire alle persecuzioni naziste, culminate poi nella tragedia della Shoah, di cui è innegabile che gli inglesi debbano ritenersi corresponsabili. Questa riflessione sul saggio di David Elber non può essere esaustiva perché il libro è talmente denso di informazioni storiche, giuridiche e politiche che solo una lettura attenta e ragionata consente di assimilare appieno le tesi e i concetti esposti. Ci auguriamo però di aver incuriosito il lettore ad affrontare il percorso di conoscenza e di approfondimento storico proposto in queste pagine, mai come oggi indispensabile per contrastare le menzogne, i pregiudizi e i falsi miti sulla legittimità dello Stato d’Israele.

Corredato da un ampio apparato di note (quasi un libro nel libro), da una serie di documenti di carattere diplomatico e giuridico inseriti in “Appendice” che confermano le tesi espresse dall’autore, il saggio di Elber ha, fra gli altri, il pregio della chiarezza e della fluidità della scrittura che consente anche al lettore meno preparato su questi argomenti di avvicinarsi a uno studio prezioso, di grande forza espositiva che conferisce a questa pagina di storia– come scrive Bat Ye’or nella prefazione – “l’autenticità e la veridicità di una monumentale e indiscutibile testimonianza


Giorgia Greco