L'opinione di uno scrittore schierato
L'opinione di uno scrittore schierato
Testata:
Data: 28/04/2002
Pagina: 27
Autore: un giornalista
Titolo: Palestina, scrittori tra le macerie
L’ orientamento a favore del popolo palestinese (del quale non si perde occasione per mettere in luce le umiliazioni, le sofferenze, le miserie ecc. ecc.) trova un’ulteriore conferma dall’articolo apparso domenica 28 aprile a pag. 27 nella sezione cultura con il titolo "Palestina, scrittori tra le macerie".

L’autore Russell Banks, presidente del Parlamento Internazionale degli Scrittori, è andato a visitare i Territori Occupati insieme ad una delegazione composta da scrittori provenienti da quattro continenti: Soyinka e Breytenbach dall’Africa, Bei Dao dalla Cina, Saramago dall’Europa, Banks dall’America ecc

Si riportano alcuni stralci che abbagliano per la loro manifesta parzialità.

"Eravamo arrivati rispondendo ad una preghiera di uno dei fondatori dell’IPW, il grande poeta palestinese Mahmoud Darwish, per esprimere la nostra solidarietà a lui e agli altri poeti e scrittori palestinesi le cui condizioni di vita e di lavoro sono diventate sempre più simili agli arresti domiciliari.

Gli scrittori israeliani, invece, da mesi non prendono più un autobus, preferiscono bere il caffè a casa, e se decidono di andare al ristorante sono consapevoli che potrebbero non pubblicare il prossimo libro!!
Siamo venuti nei Territori Palestinesi per vedere con i nostri occhi e ascoltare con le nostre orecchie cosa stava succedendo al popolo palestinese. Così insieme a loro abbiamo attraversato i punti di controllo, insieme a donne anziane con generi di drogheria, donne in stato di gravidanza e madri con i bambini, scolari spaventati e malinconici, uomini e donne che andavano al lavoro o tornavano dal lavoro a Gerusalemme e Tel Aviv, tutti costretti a camminare per mezzo miglio sotto il sole cocente da soldati israeliani armati fino ai denti e con le facce impassibili. Siamo entrati nelle stradine e nei vicoli fetidi di Ramallah e abbiamo osservato ammutoliti le case e gli edifici allegramente distrutti nei campi profughi della Cisgiordania e di Gaza
Benchè "armati fino ai denti" i soldati israeliani non sono sempre riusciti ( purtroppo) ad impedire che terroristi kamikaze li facessero saltare in aria e, viste le condizioni di pericolo nelle quali vivono quotidianamente (non dimentichiamo che spesso questi "terribili" soldati hanno soltanto vent’anni e tanta voglia di tornare a casa dalle loro famiglie), non dovrebbe stupire la loro faccia "impassibile". Non sono insensibili, semplicemente consapevoli che dentro ad ogni borsa con i "generi alimentari" si potrebbe nascondere un ordigno esplosivo che mette fine alla loro vita o a quella dei loro compagni.

Ancora. Quale fantasia perversa anima lo scrittore per fargli immaginare che l’esercito israeliano distrugga edifici e case "allegramente"?

Su sua richiesta abbiamo incontrato il presidente Arafat nel suo quartiere generale semidiroccato sapendo che per molti nostri compatrioti avremmo fatto la figura di tante Jane Fonda che abbracciano Ho Chi Minh. Non di meno non ci stavano a cuore le pubbliche relazioni e non avvertivamo l’esigenza di apparire "equidistanti" nella nostra indagine.

Naturalmente ciascuno degli otto scrittori ha percepito quanto ha visto e ascoltato attraverso il filtro della propria esperienza, del proprio temperamento e della propria inclinazione politica. Per immaginare la realtà dei palestinesi avevamo bisogno dei dettagli quotidiani, delle particolarità della loro vita di tutti i giorni, ma non sentivamo la necessità di ascoltare l’ennesima litania di processi di pace interrotti, di trattati violati, di inganni e rifiuti per farci un quadro della situazione.

Soyinka e Breitenbach potevano vedere ovvie analogie, oltre che differenze, con l’apartheid in Sud Africa. Io potevo fare paragoni con gli "insediamenti" inglesi del diciassettesimo secolo in Irlanda e osservare che in Nord America, dopo che gli europei avevano schiacciato militarmente gli indigeni americani, la loro politica di ricollocamento e contenimento corrispondeva per alcuni angosciosi, familiari aspetti alla politica di Israele nei territori Occupati dopo il 1967".

Qualsiasi commento sarebbe superfluo.


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