Molta fuffa sotto il titolo roboante
Salvadori imita le tre scimmiette, non vede non sente non parla. Ma interpreta la storia dimenticando,ignorando,parteggiando. Da Hobsbawn in giù ha molti padri.
Testata: La Repubblica
Data: 02/01/2003
Pagina: 16
Autore: Massimo Salvadori
Titolo: Il mondo pagherà cara la pax americana
"Il mondo pagherà cara la pax americana"

Un titolo roboante e minaccioso, per un articolo tutto sommato banale ed
infarcito di luoghi comuni.
Di questi luoghi comuni che costituiscono una farsa di analisi politologica,
tuttavia, ne vogliamo contestare solamente due, che ci interessano più da
vicino.
Il primo riguarda l' asse Bush - Sharon, come lo definisce Salvadori
parafrasando l' Asse di infausta memoria (Mussolini-Hitler per chi non
avesse l' età per ricordarlo) e l' "asse del male" di americana invenzione.
Secondo Salvadori, questo asse guerrafondaio "ha indotto ad accantonare ogni
politica volta anche solo a tentare di dare una qualche soluzione alla
questione palestinese". Infatti, sappiamo che da un anno a questa parte
Sharon, spalleggiato da Bush, ha rifiutato ognuna delle numerose e calorose
e sincere offerte di pace e di reciproco riconoscimento di diritti
proveniente da Arafat! Siamo anche certi che Salvadori è in grado di
enumerarle una ad una. Forse i nostri ricordi sono meno precisi di quelli di
Salvadori, ma, ironia a parte, ci pare di poter affermare che Arafat ha
rifiutato, in tempi antecedenti l' 11 settembre e la crisi con l' Iraq, le
precise e generose offerte di pace israeliane concretizzatesi a Camp David,
e quelle successive proposte americane che invece Israele aveva accettate.
Questa prima osservazione si salda, sotto un certo punto di vista, con la
seconda.
Per Salvadori, la minacciata e probabile guerra americana contro Saddam cela
precisi interessi geopolitici ed economici sotto il velo pudico della difesa
della pace della giustizia e della democrazia.In parte tutto ciò è vero, ma
se - come fa Salvadori - estrapoliamo questa affermazione dl quadro
complessivo della formazione delle politiche nazionali ed internazionali
commettiamo un falso ideologico.
In realtà, infatti, non solo la difesa di interessi nazionali geopolitici ed
economici è alla radice di tutte le guerre, ma lo è anche di tutti gli
atteggiamenti pacifisti. Il rifiuto di scendere in campo contro Saddam,
opposto da Chirac, Schroeder, Putin, non è sintomo di un loro pacifismo o
della difesa di ideali legati al disarmo universale, ma è frutto di calcoli
non meno cinici e materiali di quelli di Bush (e, Salvadori se lo dimentica,
di Blair). Perfino il Papa, quando perora come suo dovere la causa della
pace, lo fa in maniera unilaterale, perché deve proteggere i milioni di
cristiani che vivono oppressi e perseguitati nel mondo islamico.
E allora, dobbiamo trovare il coraggio intellettuale di ammettere che, oltre
a queste ragioni non sempre confessabili ma ciò malgrado comprensibili,
possa esistere anche un impulso nobile, che sa riempire di uno slancio
ideale e di finalità condivisibili
decisioni che altrimenti sarebbero solo da realpolitik. Altrimenti,
rischieremmo di perdere per strada la distinzione, che pure deve esistere,
fra guerre giuste ed ingiuste.


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