L’Occidente si schiera unito contro l’espansionismo russo 20/02/2022
Analisi di Antonio Donno
Autore: Antonio Donno
L’Occidente si schiera unito contro l’espansionismo russo
Analisi di Antonio Donno

A destra: Vladimir Putin

Il Cancelliere tedesco Scholz ha confermato che, in caso di invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la Germania sarebbe pronta a interrompere la costruzione del gasdotto “Nord Stream 2”, che dalla Russia, attraverso il Mar Baltico, porta il gas in Germania e nell’Europa. La dichiarazione di Scholz è stato confermata, con maggiore enfasi, dalla Ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock. L’interruzione del gasdotto, insieme alle altre sanzioni, sarebbe un grave colpo per le casse della Russia, anche se alquanto pesante anche per l’Europa. Ma si tratta di una decisione unanime, come non si vedeva da molto tempo a questa parte. L’unità di intenti dell’Europa, degli Stati Uniti e della Nato rappresenta, come molti osservatori hanno sottolineato, un fatto di grande importanza, soprattutto nei confronti di un Paese, come la Russia di Putin, che tende a limitare il più possibile l’espansione della democrazia nei Paesi dell’Europa Orientale in passato sottoposti all’egemonia del comunismo sovietico. Nel caso dell’Ucraina, dopo l’annessione della Crimea e del Donbass senza alcuna sostanziale opposizione dell’Occidente, Putin si trova ad affrontare una coalizione compatta e decisa a contrastare i piani egemonici di Mosca.

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Il Cancelliere tedesco Scholz

La posizione assunta dall’Europa e dagli Stati Uniti riporta alla mente ciò che si dibatté con una certa asprezza all’interno dei Governi degli Stati Uniti nel passaggio dall’Amministrazione Carter a quella di Donald Reagan agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, con le dovute differenze e accentuazioni. Era in costruzione in quegli anni un grande gasdotto che avrebbe dovuto portare il gas siberiano all’Europa. Si trattava di una necessità inderogabile per il Vecchio Continente, perché senza il gas russo l’Europa avrebbe dovuto rallentare il suo sviluppo economico. Ma, in modo molto più grave, l’Unione Sovietica di Brezhnev era in uno stato di profonda crisi economica, una crisi che negli anni successivi avrebbe portato al crollo del comunismo sovietico e alla fine della Guerra Fredda. Per questo motivo, gli introiti della vendita del gas avrebbero dato una boccata d’ossigeno a un regime in profonda crisi di identità. Il che, comunque, avrebbe posticipato solo per un breve lasso di tempo il crollo dell’Unione Sovietica.

All’interno del Dipartimento di Stato si scontrarono due posizioni: il Ministro della Difesa, Caspar Weinberger, e i suoi collaboratori, insieme al Direttore della Central Intelligence Agency (CIA), William J. Casey, e i suoi sottoposti, erano dell’avviso che l’interruzione della costruzione del gasdotto avrebbe dato il colpo mortale a Mosca, che in quegli anni, tra l’altro, era in profondo conflitto ideologico con la Cina di Mao e che non avrebbe potuto contare, come avviene oggi, sull’aiuto economico di un Paese miserando come quello cinese. Al contrario, Il Segretario di Stato, Alexander M. Haig, Jr., sosteneva che la distruzione del gasdotto avrebbe danneggiato gravemente gli interessi degli Alleati europei degli Stati Uniti, producendo un grave crisi dei rapporti tra le due sponde dell’Oceano Atlantico, senza peraltro aggravare significativamente la crisi sovietica. Haig riteneva che la debolezza sovietica avrebbe indotto Mosca a sedere al tavolo delle trattative e cedere alle richieste americane. La crisi del comunismo sovietico sarebbe avvenuta, comunque, negli anni successivi, perché era inevitabile, concludeva Haig. Comunque, il gasdotto non fu distrutto.

Vi sono elementi di concordanza e discordanza tra i due avvenimenti, quello odierno e quello dei primi anni ’80. Al di là di tutto, quello che oggi ha una grande importanza è l’unità dell’Occidente contro l’ennesimo tentativo di Putin di egemonizzare un’area di fondamentale importanza strategica. La presenza della NATO in Paesi ex-comunisti dell’Europa Orientale e la sua presa di posizione di fronte alla crisi ucraina riporta – finalmente – l’Organizzazione al suo originario ruolo della difesa della democrazia occidentale di fronte all’attacco che le viene portato da un’Asia continentale sempre più sottoposta al totalitarismo russo-cinese.

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