L’Islam e l’occidente
Un articolo anti-americano, antisraeliano, antidemocratico, ma soprattutto falso
Testata:
Data: 15/12/2002
Pagina: 30
Autore: William Pfaff
Titolo: Ma si può americanizzare l’Islam?
L’Unità, nella sezione Commenti, riporta un articolo apparso nell’International Herald Tribune a firma William Pfaff.

Il titolo è un preludio "illuminante" del contenuto dell’articolo.

Pur ritrovando una "tendenza" cara all’Unità che frequentemente ospita opinioni filopalestinesi e anti-americane, questo articolo così anti-americano, antisraeliano ed in ultima analisi antidemocratico colpisce in maniera particolare e solleva alcune riflessioni.

Alcuni concetti espressi dal giornalista non sono veri né sotto il profilo storico né sotto quello politico.

Tuttavia nel pieno rispetto della libertà di opinioni, anche se non condivise nel caso specifico, riteniamo opportuno riportare integralmente l’articolo per dare modo ai lettori di Informazione Corretta di esprimere riflessioni e considerazioni in proposito.

Nei mesi successivi agli attentati terroristici del settembre 2001, è stato un tabù politico dire che gli Stati Uniti avevano in qualche modo provocato questi attentati contro di loro.

Ospiti di talk show televisivi e giornalisti della carta stampata hanno perso il posto per aver adombrato tale ipotesi.

Eppure chiunque abbia una qualche seria conoscenza delle relazioni americane degli ultimi anni con il Medio Oriente musulmano sa che questo è vero, anche se è solo una parte della verità.

Il conflitto israelo-palestinese è una fonte palese di allontanamento dei musulmani arabi dagli Stati Uniti fin dal 1948, e in particolare dal 1967 quando Israele ha occupato la parte orientale di Gerusalemme e la Cisgiordania.

Tuttavia è la causa essenziale del conflitto che i commentatori tentano di individuare quando parlano di "crisi della modernizzazione" nel mondo islamico. E’ l’incompatibilità di valori tra la società islamica e l’occidente moderno. Il potere e il dinamismo materiale dell’occidente sembrano inseparabili da un sistema di valori che chiede ai musulmani di abbandonare la loro identità morale.

Lo scrittore conservatore inglese Roger Scruton ha chiesto in un recente libro per quale ragione dovremmo biasimare l’Islam per il fatto che tenta di rifiutare "la tecnologia occidentale, le istituzioni occidentali, le concezioni occidentali di libertà religiosa quando tutte queste comportano un rifiuto dell’idea sulla quale si fonda l’Islam – l’idea della volontà immutabile di Dio, rivelata una volta per tutte al suo profeta sotto forma di un inviolabile e immutato codice di leggi.

Perché infatti? L’occidente dà per scontato che le attuali posizioni religiose della società islamica vadano rovesciate, non solo perché non vanno bene all’occidente, ma perché l’occidente crede che siano inadatte agli stessi musulmani.

C’è una costante pressione occidentale sui governi islamici affinché si adeguino alle concezioni occidentali in materia di diritti umani e promuovano un pensiero politico e religioso libero e critico.

In breve: debbono diventare noi.

Noi occidentali siamo inclini a pensare che chiunque debba in ultima analisi diventare come noi. Il consueto dibattito americano sul destino dell’America e sulla fine della storia dà per scontata una definitiva benevola americanizzazione globale. Per il musulmano ortodosso questa è apostasia, immoralità e condanna di Dio. L’occidentalizzazione per gli occidentali significa liberazione. Gli americani non si ritengono eredi di un patrimonio occidentale di prometeica violenza. Per gli appartenenti ad altre società, occidentalizzazione significa di frequente distruzione, crisi sociale e morale, annientamento dei singoli in un mondo destrutturato e demoralizzato.

Il disorientamento culturale e politico, la resistenza violenta contro l’intruso e i tentativi di rimpadronirsi di una perduta età dell’oro, sono reazioni naturali a tutto questo. E lo vediamo oggi sotto i nostri occhi.

La violenza del trauma è aggravata quando lo straniero installa basi militari e tenta di formulare le politiche di un paese islamico.

Questa è stata la politica del Pentagono nell’ultimo decennio, con comandanti regionali in tutte le principali aree geografiche del mondo e l’espansione in tutto il pianeta del sistema di basi militari americane. Qualche giorno fa il New York Times ha scritto sull’emergente importanza dell’Islam ultraconservatore o radicale in Arabia Saudita e ha riconosciuto che la sua crescente influenza va messa in diretto rapporto con la presenza di truppe americane nel paese dal 1990.

All’inizio le basi erano temporanee ed erano necessarie all’operazione militare americana volta a liberare il Kuwait dall’occupazione irachena. Era un momento in cui i sauditi credevano di aver bisogno di protezione dall’Iraq.

Tuttavia una volta terminata la guerra del Golfo, gli Stati Uniti si affrettarono a far pressione sulla riluttante monarchia saudita per trasformare in permanenti le basi militari .

Gli attentati dell’11 settembre, ad opera principalmente di sauditi, furono manifestamente la vendetta per la "contaminazione" dei luoghi sacri islamici da parte di queste base.

Oggi le relazioni tra Washington e la monarchia saudita sono talmente tese che agli Stati Uniti verrà probabilmente rifiutato l’uso delle basi per attaccare l’Iraq.

Quasi certamente sarà così in assenza di un mandato dell’ONU che autorizzi l’attacco.

Gli Stati Uniti hanno allargato la presenza in Kuwait q quasi un terzo del territorio. Ci sono nuove basi nelle altre monarchie del Golfo. A seguito dell’intervento in Afghanistan sono rimaste basi americane in quel paese ed inoltre in Uzbekistan e Kazakhstan. La guerra contro il terrorismo ha fatto aumentare la presenza di soldati americani in Georgia e nelle Filippine meridionali a religione musulmana. E Washington prevede una lunga occupazione dell’Iraq.

Ogni base reca in sé la contaminazione della modernizzazione "infedele" nonché la traccia oppressiva dell’occupazione militare straniera.

Washington espande spietatamente la sua presenza militare nel mondo islamico per combattere il terrorismo anti-americano che la sua presenza causa. Nessun esponente del governo americano sembra avvedersi di questa contraddizione.
E’ come dire che senza la "presenza" americana non ci sarebbe il terrorismo.

Una breve considerazione si impone: è proprio sicuro il Sig. Pfaff che una volta "eliminata" l’America e magari anche Israele, unico paese democratico in un mare di dittature e governi assolutisti, si vivrà in un mondo di pace, amore e tolleranza?

Per ora assistiamo invece a ripetuti tentativi tutt’altro che pacifici (vedi gli orrori accaduti in Nigeria in occasione dell’elezione di Miss Mondo, esempio di brutale inciviltà) di islamizzare l’occidente, con una finalità basata esclusivamente sull’annientamento anche e soprattutto fisico di persone e valori.

Non pare quindi che il mondo musulmano, caratterizzato com’è da questo tipo di eccessi, possa "lamentarsi" più di tanto del trattamento che sostiene di subire dai perfidi e "infedeli" occidentali.

L’occidente crede, vuole, ama la democrazia, combatte per la libertà, per la tolleranza, per i diritti civili degli uomini. Quanta strada dovrà ancora percorrere il mondo musulmano per giungere a questo traguardo?

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