I soliti luoghi comuni
Un giornalista che dimentica che lo Stato di Israele sta lottando per la propria sopravvivenza da oltre cinquant’anni
Testata: Oggi
Data: 09/12/2002
Pagina: 20
Autore: Luca Dini
Titolo: La sfida di Sharon è costruire la Palestina senza perdere la faccia
L’articolo a firma di Luca Dini pubblicato sul numero 50 dell’11 dicembre di Oggi inizia con una dichiarazione di Sharon.
Si legge:

"Siamo in mezzo ad una durissima battaglia. La lotta globale al terrorismo deve diventare una guerra concreta senza compromessi contro le organizzazioni del terrore e coloro che le proteggono…..Israele colpirà chi ha versato il sangue dei suoi figli. Siamo un popolo che non soccombe, che lotta e trionfa. Ve lo prometto: noi trionferemo".
Al termine del discorso qui riportato, Dini inizia subito ad attaccare il premier israeliano
"C’è chi sostiene, apparentemente contro ogni logica, che ci sia la pace nei progetti futuri di Ariel Sharon. Eppure non sembra un discorso di pace quello pronunciato dal primo ministro israeliano…"
Forse il giornalista dimentica che lo Stato di Israele sta lottando per la sua sopravvivenza da oltre cinquant’anni e che qualsiasi capo di stato in una simile situazione avrebbe pronunciato un discorso analogo, oltretutto proprio perché minacciato non da una guerra aperta ma da un terrorismo vigliacco che colpisce in modo indiscriminato e quasi quotidiano. Insinuare che Sharon non desideri la pace per il suo popolo è totalmente falso.

Il tono peggiora quando Dini, senza una parola di commento negativo, parla del Kenya,

"l' autobomba che ha trasformato in inferno il Paradise Hotel di Mombasa, ha fatto crollare per i concittadini di Sharon la speranza di poter trovare almeno all’estero quella tranquillità che a casa non esiste più"
Non una parola, appunto per i morti, tra cui due ragazzini di 12 e 13 anni, i feriti, lo shock causato da un attentato che aveva l’obiettivo non solo di uccidere fisicamente ma di terrorizzare psicologicamente un popolo già provato da innumerevoli persecuzioni e sempre sotto pressione psicologica.

In compenso nell’articolo di legge che

"intanto Betlemme è di nuovo sotto assedio e non passa giorno che senza che l’oppressiva occupazione dell’esercito israeliano non faccia almeno una vittima (tra le ultime a Nablus, un bambino di otto anni che ritornava da scuola)"
La morte di un bambino è sempre un dolore immenso ma con ciò il giornalista insinua forse l’idea che i soli morti di cui vale la pena di parlare siano quelli palestinesi?

Peggio ancora il messaggio che Dini vuole far passare quando si domanda:

"Perché allora gli osservatori internazionali più lungimiranti insistono nel ritenere che la piattaforma di pace e sicurezza con cui Sharon venne eletto nella primavera del 2001 continua ad essere una realtà?"
Secondo il giornalista semplicemente perché si è "toccato il fondo". Però è un fondo faziosamente diverso per israeliani e palestinesi. I primi sono provati ,e qui Dini glielo concede
"dalla memoria storica di un secolo di odio…dalla consapevolezza di alzarsi ogni mattina e non sapere se si arriverà alla sera, psicologicamente devastante".
Invece
"Per i palestinesi, da troppo tempo traditi, abbandonati, deportati, la pesantissima tutela militare, le angherie, la povertà, le devastazioni sono traumi che alimentano la disperazione più nera…".
Dini dovrebbe ripassare la storia e non cadere nei soliti luoghi comuni. Innanzitutto, se sono stati traditi da qualcuno questo è stato il loro leader Arafat che ha sempre fatto saltare volutamente gli accordi di pace, soprattutto quando questi potevano essere realizzati davvero(vedasi Oslo). Sarebbe il caso, inoltre di ricordargli che abbandonati lo sono stati dai loro fratelli arabi che non li hanno mai voluti e che furono proprio loro a tenerli confinati nei campi profughi proprio perché in questo modo erano un’arma politica contro Israele e questo a partire dal rifiuto arabo del novembre 1947 quando i due Stati già erano stati postulati dalle Nazioni Unite e subito rifiutati dalla Lega Araba. Quanto alle deportazioni, probabilmente Dini ha fatto confusione con ben altre deportazioni di massa.
Assolutamente errato per difetto, ma si tratta sempre di cifre riferite a morti israeliani, il numero delle vittime dall’inizio della " nuova Intifada", stimato in 1500 palestinesi e 500 e più israeliani.
Questi ultimi sono ben oltre i duemila e non sapendo da dove il giornalista attinga le sue informazioni gli si può ricordare che esistono anche le fonti ufficiali.

Il tono nonostante tutto migliora un po’ nella seconda parte, quando passa a delineare la situazione politica attuale interna ad Israele , cioè le prossime elezioni che vedranno Sharon contrapposto all’ex generale Amram Mitzna"fautore di una posizione ancora più morbida: negoziati immediati e senza condizioni con la leadership palestinese, qualunque essa sia (Arafat compreso), ritiro unilaterale dalla striscia di Gaza e dalla Cisgiordania.." Stando al giornalista Sharon cerca la pace per non "irritare Bush" e continua sostenendo che "La vera incognita sono i palestinesi. Tre milioni e mezzo di persone che hanno i loro sacrosanti motivi per non fidarsi di Sharon, di un governo che da anni toglie loro acqua, cibo, tasse, salute libertà , la vita stessa". Oltre ad essere ciò falso e volutamente falsato per far apparire i palestinesi dei poveri perseguitati innocenti, Israele li ha fin dall’inizio accolti e garantito i loro diritti, continuato ad aiutare, curare e a spartirsi la poca acqua disponibile. Va da sé che quando si parla di occupazione militare questa , come tutte in tutto il mondo, non sono mai indolori. Tace l’autore dell’articolo sulle pressioni e le falsità insegnate fin da piccoli nelle scuole palestinesi dove più che altro si insegna l’odio.

Ciononostante Dini più avanti ammette che c’è chi spinge per "allontanare la pace e far trionfare l’odio", parlando in questo caso della strage nel Kibbutz di Metzer dove sono morti cinque israeliani tra cui due fratellini e la loro mamma, e poi dell’attacco a Beit Shean, qui definito "un tentativo inutile di spostare l’elettorato a destra".
La domanda a questo punto è: visto che l’onniscente Dini in precedenza sapeva sempre dare una spiegazione quando si trattava di accusare gli israeliani, in questo caso perché non esprime una sua opinione su chi è l’autore di questi atti terroristici?

E’ vero che prosegue con un "sospetto" e cioè che "Arafat si limiti a parlare e non faccia(né forse voglia fare) nulla di concreto per fermare la violenza". Ma ancora una volta la colpa è degli israeliani perché :" L’unico modo di far emergere una leadership palestinese democratica e moderata è di dimostrare alla popolazione che il governo israeliano intende seriamente fare concessioni".

Entra di nuovo in scena il pluriaccusato Sharon (e qui si spiega il titolo) con l’inquietante domanda "avrà il coraggio di dimostrare che fa sul serio?………..Vuole mantenere la sua promessa di pace e sicurezza senza perdere la faccia verso chi lo vede come ultimo garante della sopravvivenza di Israele?" Ammette Dini implicitamente ed inconsapevolmente che Israele rischia in questo momento come mai era accaduto in precedenza. Purtroppo dimentica la dimensione vera dei fatti storici che hanno preceduto questa difficile ed intricata situazione, limitandosi come tanti a "scaricare" su Sharon presunte colpe e insinuando l’idea che il premier parli e non mantenga. Il giornalista è in errore e forse non ha seguito con attenzione l’operato coerente di Sharon che, in modo democratico e sotto gli occhi di tutti, ha sempre e solo mirato ad una cosa sola: la salvezza del suo popolo.

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