Riaggancia il ricevitore del telefono, il suo sguardo si fa buio. "Una ragazza di diciotto anni è morta durante il parto perché i soldati israeliani le hanno impedito di uscire dal villaggio di Qhur, non lontano da Tulkarem, in Cisgiordania". Anche il bimbo della giovane Ranha Abdel Hamid non ce l'ha fatta.
Altri giornali - non filoisraeliani - riferiscono che la ragazza aveva avuto un aborto, NON che il bambino sia nato e poi morto per l'impossibilità di raggiungere l'ospedale.
Per questo Mustafà Barghuthi ha un moto di rabbia. Poi reagisce con le uniche armi che ha scelto di impugnare: informazioni, dati, cifre.
Informazioni che il giornalista si guarda bene dal verificare: la parola di un palestinese è sufficiente a rendere vangelo ogni sua dichiarazione.
Segue l'intervista col medico palestinese che
elenca dati agghiaccianti dei misfatti degli ultimi giorni: "il numero di civili uccisi dall'1 marzo ha raggiunto 121 morti", "l'esercito israeliano ha bloccato l'accesso alle ambulanze", "questo viola apertamente la quarta convenzione di Ginevra", "sono crimini contro l'umanità", "le vittime provocate intenzionalmente dai soldati di Sharon sono 37", "hanno bombardato anche gli ospedali" ecc.
e naturalmente non una sola parola sul comportamento dei palestinesi, e non una sola controdomanda da parte del giornalista.
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