Primo Levi: Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario
Commento di Deborah Fait
Primo Levi
È passato anche il 16 ottobre, una data che nessuno dovrebbe dimenticare, non solo gli ebrei e non solo gli ebrei di Roma ma nessun essere umano degno. All'alba del 16 ottobre 1943, era un sabato, era shabat, giorno di preghiere e riposo per gli ebrei, gli sgherri di Herbert Kappler, coadiuvati dai fascisti, entrarono nel ghetto per rastrellare gli ebrei. Furono catturate 1023 persone, 689 donne, 363 uomini e 207 bambini tra cui un neonato di un giorno di vita. Sopravvissero 16 uomini, una donna, nessun bambino. Ieri era sabato, avrei voluto scrivere ma non ce l'ho fatta, ho avuto bisogno di rivedere il sole sorgere questa mattina per sentirmi meglio. 207 bambine e bambini che probabilmente a quell'ora dormivano ancora, svegliati di soprassalto dalle grida, dalle bestemmie dei nazisti, dai colpi alle porte sfondate, dalle urla strazianti di chi veniva trascinato giù dalle scale. Provate a pensare se accadesse ai vostri figli, sarebbe da impazzire e chissà quante mamme e quanti papà realmente impazzirono in quei momenti di puro terrore, pensando ai loro bambini. La caccia all'ebreo non si limitò al ghetto ma in tutta Roma, 200 soldati tedeschi furono sguinzagliati, piantine con indirizzi e elenchi di nomi alla mano, per catturare ebrei. Dopo due giorni di prigionia in un collegio militare vicino a S. Pietro, furono caricati su 18 carri bestiame diretti ad Auschwitz.
La copertina (Guerini e associati ed.)
Pio XII sapeva perché i contatti tra Vaticano e l'ambasciata tedesca a Roma erano costanti. Il suo silenzio pesa ancora come un macigno ma vogliono farlo santo. Arminio Wachsberger racconta nel libro L'interprete di Auschwitz (da Roma Città Aperta, pagina facebook):
"Un giorno mi feci coraggio e mi rivolsi a Mengele, che in quel momento era stordito dall'alcool.
"Signor Obersturmbannfürer dov'è la mia famiglia, mia moglie e mia figlia di 5 anni?" Si mise a ridere dicendo: "Veramente non sai dove è la tua famiglia?". "C'è qualcuno che dice che siano tutti morti, ma non so se sia la verità. Altri invece dicono che sono in campi di lavoro qui vicino. Qual è la verità? "
Allora lui disse: "Wir brauche nur Arbeitstiere" che in italiano vuole dire "Noi abbiamo bisogno solo di bestie da lavoro, quindi quelli che non possono lavorare vengono eliminati". "Ma guardi che mia moglie aveva circa la mia età, quindi, avrebbe potuto benissimo lavorare anche lei". "No", - rispose, "lei dice che aveva una bambina di 5 anni; la bambina non ci serve quindi la eliminiamo, ma una madre, sapendo che la propria figlia è stata ammazzata non può più lavorare".
Allora gli chiesi tra le lacrime: "Ma cosa ha fatto la bambina per meritare questa fine?" Disse: " È ebrea". "Und das genugt? E questo basta?" - dissi io, e continuai - "allora perché non l'avete ammazzata a Roma, che bisogno c'era di farle fare un viaggio di sei giorni, portarla qui ad Auschwitz per poi ammazzarla? " E lui rispose: " Eh no, non potevamo fare questo tra gente civile".
(Arminio Wachsberger da L'interprete di Auschwitz, Guerini Edizioni)
Quello che non riuscirò mai a capire sono le persone che oggi sbuffano quando si parla della Shoah, capisco che sono esseri ignobili, senza coscienza, ma ugualmente non riesco a comprendere tanta bestialità. Allo stesso modo non posso capire quelli che osano parlare di perdono. Perdonare cosa? Si può perdonare il genocidio di un popolo razziato in tutta Europa e fatto uscire dai camini di Auschwitz o sepolto in fosse comuni o bruciato vivo dentro le sinagoghe? Si può perdonare chi infilzava i neonati con le baionette per poi gettarli in pasto ai cani? Si può perdonare in nome dei morti? Perdono mai fino alla fine dei secoli. Memoria sempre in nome di quelli le cui ceneri bruciano ancora sotto la terra di mezza Europa. Memoria per quei sopravvissuti che, incapaci di continuare a vivere dopo l'inferno, si sono suicidati. Memoria per i vivi che hanno testimoniato e che continueranno a farlo fino all'ultimo loro respiro. Memoria perchè quell'odio antico che portò gli ebrei d'Europa ad Auschwitz esiste ancora e continua a uccidere. Il non perdono non ha nulla a che vedere con l'odio. Io non ho mai sentito nella mia famiglia, pur toccata dal nazismo, la parola odio contro i tedeschi. Non ho mai sentito nessun ebreo pronunciarsi in tal senso, gli ebrei parlano di dolore, di tragedia, di terrore, di giustizia ma l'odio non fa parte del loro sentire perché pur essendo un sentimento molto forte che a volte annienta le persone, è troppo poco di fronte alla Shoah. Non si può perdonare, non si è in grado di odiare, si deve solo ricordare, tremare di dolore infinito e continuare a testimoniare per le generazioni che verranno.
Deborah Fait
"Gerusalemme, capitale unica e indivisibile dello Stato di Israele"
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