Chi comanda in Iraq: ritratto di Muqtada Al Sadr
Cronaca di Lorenzo Cremonesi
Testata: Corriere della Sera
Data: 14/10/2021
Pagina: 16
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: Da estremista a mediatore, Al Sadr vince le elezioni irachene
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 14/10/2021, a pag.16, con il titolo "Da estremista a mediatore, Al Sadr vince le elezioni irachene" l'analisi di Lorenzo Cremonesi.
Lorenzo Cremonesi
Muqtada Al Sadr
Da vittima delle persecuzioni di Saddam Hussein, a estremista religioso accusato di terrorismo, sino a leader del dialogo con la sinistra laica (persino disposto ad allearsi con i comunisti) e oggi dirigente di una delle massime formazioni politiche sciite che potrebbero guidare il prossimo governo di Bagdad: e per lo meno camaleontica la carriera di Muqtada Al Sadr uscito vincente alle elezioni parlamentari irachene di domenica scorsa. A 47 anni, figlio di una delle più importanti dinastie politiche e religiose dell'universo sciita iracheno, diventa ago della bilancia nei complessi equilibri di potere del suo Paese. II suo Blocco sadrista ha ottenuto 73 seggi sui 329 totali e diventa così il più forte partito nel Parlamento. I risultati ufficiali non sono ancora noti, ma sembra che l'affluenza alle urne sia attorno al 41 per cento, una delle più basse (sebbene più alta del 3o per cento paventato inizialmente) delle cinque tornate elettorali seguite all'invasione americana e la defenestrazione di Saddam nel 2003. Al Sadr dovrà comunque impegnarsi a creare una coalizione che dovrebbe comprendere moderati sciiti del premier attuale Mustafa Al-Kadhimi (la costituzione prevede sia il parlamento poi a scegliere il prossimo premier) assieme ai partiti curdi e probabilmente con il sostegno dei moderati sunniti. Un compito non facile in un Paese lacerato da forti proteste interne, vittima del braccio di ferro tra Paesi sunniti guidati dall'Arabia Saudita contro quelli sciiti legati a Teheran, oltreché diviso sulla presenza delle truppe americane. Sono comunque in tanti a sostenere che Al Sadr abbia ormai maturato le qualità di negoziatore pragmatico disposto al dialogo con i nemici di ieri. La sua figura è profondamente legata alle tragiche vicende dell'Iraq post-2003. Aveva studiato nelle scuole degli ayatollah di Teheran, suo padre, Mohammad Sadeq Al Sadr, nel 1999 era stato ucciso dai sicari di Saddam con raccusa di organizzare la rivolta armata. Ma già pochi mesi dopo l'invasione, gli americani gli imputavano di avere ordito le trame per l'assassinio di Abdul-Majid al Khoei, il leader sciita moderato che avrebbe dovuto guidare la transizione. Al Sadr passò alla guerriglia. Le sue squadre armate cominciarono ad aggredire le truppe americane e della coalizione alleata nelle regioni sciite del sud. Nel 2011, all'inizio del ritiro di larga parte dell'esercito americano, ancora Al Sadr cominciò ad aprire ai partiti di maggioranza. La scelta moderata lo premiò al voto del 2018 e guadagnò 58 seggi. Da allora e sempre più l'uomo del dialogo: ha preso le distanze da Teheran, critica le milizie sciite estremiste, appoggia le richieste popolari che nelle rivolte di piazza del 2019 volevano «pane e lavoro». Nel gennaio 2020, dopo l'assassino americano a Bagdad del leader militare sciita Qasem Soleimani, è tornato a chiedere a gran voce il totale ritiro Usa dalla regione evitando di apparire come totalmente schierato con Teheran. Oggi il suo percorso ventennale pare essere compiuto: il voto lo premia come leader nazionalista dedito a costruire l'Iraq unito del futuro.
Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, telefonare: 02/ 62821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante
lettere@corriere.it