Riprendiamo dal SOLE24ORE/Domenica di oggi, 03/10/2021 a pag.3, con il titolo "Dongiovanni in stile yiddish" il commento di Giulio Busi.
Giulio Busi
Un inafferrabile momento di felicità. Eros e sopravvivenza in Isaac B. Singer Fiona Shelly Diwan Introduzione di R. Ascarelli Postfazione di Antonia Arslan Guerrini e Associati, pagg. 278, € 24
Isaac si è smarrito. Nessuno lo aiuta a ritrovare la strada, gli sussurra un'indicazione, lo incoraggia. I passanti si voltano dall'altra parte, tirano dritto, non si curano del suo disagio. Lui, però non si dà per vinto. Chiede a questo e a quello, fruga la carta geografica, solleva gli occhi al sole, guarda di notte la luna, e prova a orizzontarsi. Niente da fare, la via non si trova, nessuno si è mai perduto in una maniera così completa, irrimediabile, definitiva. Molti, prima o poi, si sentono stranieri in un Paese da cui non sanno uscire. Pochi, però, questo luogo del traviamento lo hanno costruito con le proprie mani, un mattone sull'altro. Anzi, una riga dopo la successiva. Isaac è uno scrittore, e la perdita di sé l'ha messa assieme in migliaia di fittissime pagine piene di ripensamenti, cancellature, annotazioni. Le opere complete di Isaac Bashevis Singer potrebbero recare sul dorso, a caratteri rossi come il fuoco, una sola parola: "Perdizione".
Fiona Diwan
Orientamento, morale, dignità, speranza, tutto si sfalda, giacché la perdizione singeriana è programmatica e totale. Se il Novecento è il secolo per eccellenza degli smarrimenti, questo autore in perenne esilio, maestro dell'yiddish, lingua ormai diafana, ha i migliori requisiti per farci da guida verso il nulla. Immaginatevelo, il nulla, come una metropoli affollata, pulsante di vita, brulicante di volti, rigonfia di traffici. Il nulla di Singer si chiama New York. Non è però la regina capitalista che tutti conosciamo, distesa sulle rive dell'Hudson. Piuttosto, hai tratti della vecchia Varsavia ebraica, inghiottita dal nazismo e definitivamente obliterata dai sovietici. Non l'orgoglio dell'America, in cui pure ha trovato rifugio, male ombre distorte di una Polonia introvabile e inesistente, ecco lo sfondo di tanti romanzi memorabili di Singer. Se ogni ora, ogni volto di qui, è la replica del mondo di là, nessun navigatore del tempo, per quanto bravo, riuscirà mai a orientarsi. Ma perché volersi ritrovare a tutti i costi? Di spaesamento vive la letteratura, e lo scrittore più autentico è quello che è perennemente fuori luogo, che ne è dovuto uscire, dal proprio luogo predestinato, per provare continuamente a rientrarci a suon di parole. In un suo volume critico, tessuto con grande passione e sensibilità per le sfumature psicologiche, Fiona Diwan, ci accompagna alla scoperta del «fuori luogo» di Isaac Bashevis, a tre decenni dalla sua scomparsa. Non solo la vita ebraica nell'Europa orientale, vagheggiata da Singer, si è dissolta. Anche la sua America in bianco e nero, di reduci, emigrati e reprobi è svanita. In trent'anni, persino lo smarrimento si è perduto, affondato nel gorgo del divenire. Come capire allora la poetica singeriana, come riviverla? Diwan sceglie la più profonda delle ossessioni del grande autore. L'unica che intrida letteralmente ogni sua pagina. Dietro l'aspetto mite e non proprio aitante, Isaac Bashevis Singer fu in vita un dongiovanni compulsivo.
E altrettanto smodati, nei desideri sessuali e nella pulsione a se dune e possedere, sono i protagonisti di parecchie sue opere. Da Hertz Minsker, proverbiale gaglioffo su cui si modella il Ciarlatano (Adelphi 2019), a Hertz Grein in Ombre sullo Hudson (Adelphi 2021), la galleria dei traviatori di fanciulle in fiore, donne mature, algide intellettuali e cameriere di poche pretese è quasi infinita. Nella loro varietà, i seduttori singeriani sono in fondo l'avatar di un unico, inguaribile demone amoroso. Non è un erotismo sereno, liberatorio, o per lo meno non è abbellito da buoni sentimenti o da vibrazioni positive. Tutto vibra, è vero, nelle tresche poligamiche che Singer intesse ossessivamente. Ma è una vibrazione involontaria, incontrollabile, in cui il desiderio evita accuratamente le anime e si fissa piuttosto sui corpi, senza ritegno. Singer intinge la propria penna nel male della diaspora. I suoi personaggi sono apolidi per destino. E si direbbe che allo stesso modo, per destino, sotto la spinta di una forza sovrumana, siano costretti a rifiutare i precetti, a violarli uno dopo l'altro, a calpestare l'osservanza religiosa. In questo frantumarsi identitario, l'unico specchio verso cui rivolgersi, per vedere e vedersi, rimane il corpo, con la sua incontenibile spinta al godimento. Diwan ricostruisce con grande precisione la mistica della trasgressione erotica che Singer professa nei propri scritti. «Ero diventato un conoscitore di volti, petti, spalle, ventri, fianchi. Valutavo quanto piacere avrebbero potuto concedere queste diverse parti del corpo umano al momento dell'intimità. A volte, nel giro di pochi minuti, arrivavo a vedere dentro una vita intera». A saperla cogliere, in testi come questo c'è una sottile eversione della tradizione religiosa. Affascinato dalla qabbalah, Singer traspone nella conoscenza erotica l'indagine incessante della Torah che permea i testi mistici. Anziché «voltare e rivoltare» le parole della Scrittura, gli antieroi singeriani rivoltano le membra femminili, facendo del corpo un doppio spaesante della parola divina. Per questo, perla valenza trasgressiva e deformante della sua poetica, l'opera di Singer merita l'appellativo, esclusivo e infuocato, di "Perdizione". Lo scrittore si è smarrito. Seguirlo e perdersi, o abbandonarlo e salvarsi? Se volete scrivere, perdetevi. E se volete perdervi, scrivete.
DIBATTITO A MILANO
A trent'anni dalla morte, Isaac Bashevis Singer è più arzillo che mai. Uno spiritello onnipresente, che attraversa le lingue, seduce e trascina i lettori, come forse non ha mai fatto in vita. Testi inediti, prime traduzioni, riproposte, il catalogo singeriano cresce a vista d'occhio. Per riflettere sulla figura e sull'eredità del grande scrittore, premio Nobel per la letteratura, Fiona Diwan, Andrée Ruth Shammah, Roberta Ascarelli, Giulio Busi, Haim Burstin s'incontrano al Teatro Parenti, a Milano, mercoledì 6 ottobre alle ore 18,30.
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