Babj Yar, il massacro e la Memoria
Commento di Deborah Fait
Testata: Informazione Corretta
Data: 02/10/2021
Pagina: 1
Autore: Deborah Fait
Titolo: Babj Yar, il massacro e la Memoria

Babj Yar, il massacro e la Memoria

Commento di Deborah Fait


A destra: una fossa comune a Babj Yar


Sono passati 80 anni da quando il demone nazista ha radunato davanti al burrone di Babj Yar, gli ebrei di Kiev e in due giorni, il 29 e 30 settembre 1941, ha sparato ininterrottamente fino ad ammazzarne 33.771 facendoli poi precipitare giù, giù fino a riempirlo di cadaveri di donne, uomini, vecchi e bambini che avevano la colpa eterna, quella mai perdonata, quella che ha portato nel fumo dei camini le anime di 6 milioni, la colpa di essere ebrei. Il poeta russo Evgenij Evtushenko ha scritto un poema, sconvolto e spaventato da tanta malvagità, dopo aver saputo del massacro. Leggete le sue parole perché nessuno mai è riuscito a scriverne di più terribili, solo un'anima grande poteva farlo e, dopo averle lette, credo non serva altro:


"Non c'è un monumento

A Babj Yar

Il burrone ripido

È come una lapide

Ho paura

Oggi mi sento vecchio come

Il popolo ebreo

Ora mi sento ebreo

Qui vago nell'antico Egitto.

Eccomi, sono in croce e muoio

E porto ancora il segno dei chiodi.

Ora sono Dreyfus

La canaglia borghese mi denuncia

E mi giudica

Sono dietro le sbarre

Mi circondano, mi perseguitano,

Mi calunniano, mi schiaffeggiano

E le donne eleganti

Strillano e mi colpiscono.

Sono un ragazzo a Bialystok.

Il sangue è ovunque sul pavimento

I capibanda nella caverna 

Diventano sempre più brutali.

Puzzano di vodka e cipolle

Con un calcio mi buttano a terra.

Non posso far nulla

E invano imploro i persecutori

Sghignazzano "A morte i Giudei"

"Viva la Russia"

Un mercante di grano 

picchia mia madre…

Sono Anna Frank

Delicata come un germoglio ad aprile

Sono innamorato

e non ho bisogno di parole…

Ci hanno tolto le foglie e il cielo

Ma possiamo abbracciarci teneramente

Nella stanza buia.

"Arriva qualcuno"

"Non aver paura"…

"Buttano giù la porta".

A Babj Yar il fruscio dell'erba selvaggia

Gli alberi sembrano minacciosi

Come a voler giudicare

Qui tutto in silenzio urla

E scoprendomi la testa

Sento i miei capelli ingrigiti.

Sono lentamente

E divento un immenso grido silenzioso qui

Sopra le migliaia e migliaia di sepolti

Io sono ogni vecchio

Ucciso qui

Io sono ogni bambino

Ucciso qui

Nulla di me potrà dimenticarlo

Che l'Internazionale tuoni

Quando l'ultimo antisemita sulla terra

Sarà alla fine sepolto.

Non c'è sangue ebreo nel mio sangue

Ma sento l'odio disgustoso

Di tutti gli antisemiti

Come se fossi stato un ebreo

Ed ecco perché sono un vero russo." 

Evgenij Evtushenko

 

Il poema fu messo in musica nel 1962 da Dimitrij Sostakovich, nella sinfonia n.13.

Negli anni furono fatti diversi tentativi di censurare la memoria da parte dei governi sovietici.


Poesie di Evgenij Aleksandrovič Evtušenko
Evgenij Evtushenko


Elie Wiesel raccontò la sua visita negli anni Sessanta a Babij Jar: Il luogo non solo non compariva in nessun itinerario di viaggio organizzato dagli enti turistici sovietici ma le guide si rifiutavano sistematicamente «persino di parlare di Babij Jar. Se insistevate vi rispondevano: "Non vale la pena di fare un viaggio, non c'è nulla da vedere"», a quel tempo infatti, non c'era nessuna targa e nessun monumento, nessun "ricordo" delle 100.000 vittime che trovarono la morte in quel luogo". È per questo che il poema di Evtushenko (1961) inizia con le parole "Non c'è nessun monumento a Babji Yar". Il Poeta ricorda l'Affare Dreyfus, Anna Frank, l'ebreo Gesù, un povero bambino ebreo calpestato da criminali ubriachi a Byalistok e infine Babj Yar e tutta la tragedia che ha colpito da sempre il popolo ebraico nel maledetto silenzio del resto del mondo.

Nel 1975 fu eretta una lapide che però non accennava al massacro di ebrei ma di "persone". Solo nel 2009 è stato inaugurato dalle autorità di Kiev un monumento, sul quale è stato posto un grande Maghen David, dedicato all'ebrea "Eroina dell'Ucraina" Tatiana Marcus.

 

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Deborah Fait
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